Quali sono gli esiti del gruppo di lavoro regionale sui fanghi di depurazione delle acque reflue? La domanda è posta da Giulia Gibertoni (gruppo Misto) con un’interpellanza in cui si sollecita, a tutela della salute dei cittadini emiliano-romagnoli, la revisione regionale di quanto introdotto dal ‘decreto Genova’ varato dal governo Conte nel 2018 per affrontare l’emergenza derivante dal crollo dell’infrastruttura.
“Con il decreto legge varato all’indomani della sciagura del ponte Morandi del capoluogo ligure -spiega la capogruppo – veniva autorizzato l’accumulo su terreni agricoli di diossine, policlorobifenili e altri microinquinanti altamente tossici per cui l’unico limite accettabile è la non rilevabilità in laboratorio, una decisione che trasformava nel tempo quei terreni in aree da sottoporre a bonifiche ambientali, contaminando le matrici ambientali e la stessa catena alimentare”.
Per Gibertoni, infine, “l’utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura come fertilizzante dovrebbe configurarsi come una operazione non di smaltimento di rifiuti, ma di recupero ambientale, la quale richiederebbe il massimo della cautela visto che riguarda, in definitiva, l’alimentazione umana e che non solo non dovrebbe provocare alcun pericolo per l’ambiente ma, anzi al contrario, dovrebbe apportare un concreto beneficio al suolo laddove si applica”.
In fase di risposta, l’assessore a Transizione ecologica, contrasto al cambiamento climatico, Ambiente, Difesa del suolo e della costa, Protezione civile Irene Priolo ha chiarito che “in Emilia-Romagna esisteva da tempo una differenziazione tra fanghi industriali e civili. Il compito del gruppo di lavoro è di fatto terminato ma occorre un aggiornamento e un adeguamento della normativa nazionale introdotta dal ‘Decreto Genova’ per tornare ai livelli utilizzati in passato. Siamo quindi più che consapevoli dei problemi esistenti ma non possiamo andare oltre alle reiterate sollecitazioni che abbiamo rappresentato al competente Ministero”.
Giulia Gibertoni si è dichiarata insoddisfatta dalle risposte ottenute, in quanto “parlare di metalli pesanti e sostanze altamente inquinanti quando si parla di suoli agricoli stride con l’immagine virtuosa che si vuole dare del nostro settore agroalimentare, perché diversamente si tratta di contaminazione controllata dei terreni che producono il nostro cibo. Per questo motivo credo che l’Emilia-Romagna debba differenziare maggiormente la propria posizione per rimarcare e difendere i propri prodotti”.
(Luca Boccaletti)