COMUNICATO
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Arte. Il pittore Armodio racconta la sua bottega delle meraviglie in “Consiglio d’arte”

La puntata del podcast sulle mostre dell’Emilia-Romagna è dedicata all’artista piacentino, che svela il perché delle sue caffettiere, delle nebbie padane e del suo nome, Armodio

Un dialogo con il pittore Armodio, nome d’arte per Vilmore Schenardi, e la curatrice della sua mostra in Assemblea legislativa, “La bottega delle meraviglie”, Silvia Bonomini.

È la nuova puntata del podcast “Consiglio d’arte” sulle mostre in Emilia-Romagna (ascolta qui), questa volta dedicato all’artista che compie 85 anni il prossimo ottobre. Nato e vissuto a Piacenza, dove, confessa nel podcast, ama sempre tornare, nonostante la sua arte lo abbia portato in giro per tutto il mondo, da Roma a New York fino a Bruxelles. Ed è forse Bruxelles la città che ha dato una svolta alla sua carriera. “Lì – racconta Armodio – non si poteva stare tanto all’aperto e così avevano tutti delle case bellissime, piene di collezioni. Bruxelles era, già da allora, piena di appassionati d’arte e ho cominciato il mio percorso artistico da una galleria”.

Armodio ha iniziato a dipingere a 13 anni. Il suo maestro Gustavo Foppiani, lo porta nello Studio Spazzali o “Scuola di Piacenza” dove apprende nuove tecniche, trovando una propria identità artistica. Uno stile elegante, raffinato, ma anche gioioso e ironico.

Fra i soggetti che ama dipingere, le caffettiere, i libri, persino un salva-pera. “C’è chi mi definisce surrealista ma in realtà disegno oggetti che esistono, dalle forme semplici. Non impossibili. Forse improbabili. Sono disegni che potrebbe fare un bambino, chiamiamole invenzioni” spiega Armodio nel podcast.

E invece di Piacenza, la sua città, c’è tutto, come ammette lui stesso. “C’e l’aria, l’atmosfera, i colori, la nebbia padana. Una volta una signora mi chiese ‘ma come mai questo cielo?’ ‘Lei è mai stata a Piacenza?’ le risposi. A Piacenza il cielo era così” racconta.

Vittorio Sgarbi in una personale a lui dedicata lo definì “pittore senza errori” citando il Vasari. Ancora, meglio, “pittore della perfezione” lo descrive Bonomini e “questo per tre motivi: per la padronanza della materia pittorica, per i trucchi del mestiere appresi durante il duro lavoro di una vita e per il profondo equilibrio morale e spirituale”.

“Dipingo sempre, di notte faccio 7 o 8 quadri quando non riesco a dormire, poi la mattina mi sveglio e preparo i bozzetti” spiega l’artista ridendo. In realtà, aggiunge Bonomini, “quando gli chiesi quanto tempo ci mette a fare un quadro, lui mi disse: ‘una settimana e una vita’”.

In redazione Francesca Mezzadri del Servizio informazione dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, Armodio e Silvia Bonomini.

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