Dall’inizio dell’emergenza sanitaria, in Italia hanno perso il lavoro molto più le donne degli uomini: nello scorso mese di dicembre, ad esempio (fonte Istat), su 101mila persone che hanno perso il lavoro 99mila sono donne. Una situazione che evidenzia le carenze e fragilità del nostro assetto sociale ed economico.
La Consigliera regionale di parità, Sonia Alvisi, è intervenuta in Commissione per la parità e per i diritti delle persone (presieduta da Federico Amico), sulla situazione lavorativa delle donne in Emilia-Romagna.
La Consigliera ha spiegato che da quando il Paese è in emergenza molte donne, anche per accudire i figli, hanno dovuto lasciare il lavoro. “Non sono state- ha rimarcato- adeguatamente tutelate”. E anche chi continua a lavorare spesso è in difficoltà, molte aziende, con il Covid, hanno modificato gli orari di lavoro, prevedendo turni che iniziano anche alle 6 del mattino e finiscono alle 22.
“È più che mai necessario attivare politiche a tutela delle donne”, ha ripetuto Alvisi. Par favorire una ripartenza, ha aggiunto, “servono anche azioni per riattivare l’occupazione femminile (già prima dell’arrivo del Covid in Italia lavorava meno della metà della popolazione femminile, situazione che peggiora ogni giorno)”. “Non è più in gioco solo il tema dei diritti di una parte del genere umano, ma si tratta di responsabilità da condividere insieme per un futuro migliore”, ha concluso la Consigliera di parità.
Dal canto suo Stefano Marconi, direttore dell’Ispettorato interregionale del lavoro del Nord-Est, ha fatto il punto sui risultati relativi alle convalide degli Ispettorati territoriali dell’Emilia-Romagna riguardanti lavoratrici madri e lavoratori padri nel corso dell’anno 2019. “C’è stata una grande sinergia tra la Consigliera di Parità regionale Sonia Alvisi e l’ufficio dell’Ispettorato del lavoro. In questi tre anni abbiamo lavorato parecchio- ha spiegato Marconi- affinché i nostri uffici pubblici siano attenti all’ascolto dell’utenza e, soprattutto in quest’ultimo anno segnato dalla pandemia, abbiamo potenziato le modalità di ascolto a distanza delle persone”. Marconi ha anche illustrato le diverse pubblicazioni realizzate, in particolare quella sulle modalità per individuare e contrastare le discriminazioni sui luoghi di lavoro.
A illustrare e spiegare i dati a nome dell’Ispettorato del lavoro è stata la dottoressa Gaeta. Il quadro che emerge conferma come continui a esistere un forte gap di genere: le donne si licenziano il doppio degli uomini, il 56 per cento di chi ha figli (con più di tre anni di servizio), mentre fra le qualifiche professionali maggiormente interessate da questo fenomeno spiccano l’operaio fra gli uomini e l’impiegata fra le donne; percentuali risibili quelle che riguardano i quadri o i dirigenti.
Con queste premesse non c’è, dunque, da stupirsi se fra i settori più colpiti da questa tipologia di dimissioni ci siano il terziario e l’industria. Venendo alle motivazioni delle dimissioni, la disparità di genere diventa ancora più lampante: la maggior parte degli uomini si licenzia per cambiare azienda, mentre le donne lo fanno perché diventa loro impossibile coniugare il lavoro con la cura dei figli o, sempre nella stessa ottica, per la mancata concessione del part-time da parte del datore di lavoro.
Le parole della Consigliera di parità e i numeri presentati da Marconi e da Gaeta hanno suscitato un vasto dibattito politico.
“Ringraziamo per queste relazioni che confermano i tanti problemi, ci aspettiamo interventi seri nel merito da parte dell’amministrazione regionale, soprattutto sul sostegno alla maternità”, ha spiegato Valentina Stragliati (Lega).
Palma Costi (Pd) rileva che “i dati ci consegnano una situazione sempre più preoccupate rispetto alla vita quotidiana delle donne”. Il lavoro femminile, ha aggiunto, “è un tema di diritti spesso negati, bisogna mantenere viva l’attenzione”. La consigliera, nell’elencare le iniziative attivate sul tema in Emilia-Romagna, ha chiesto “un maggiore confronto con le parti sociali”. Per Costi, poi, l’argomento della genitorialità deve essere centrale: “‘produzione’ e ‘riproduzione’ devono andare a braccetto”. Antonio Mumolo, sempre del Pd, ha invece spiegato che “il virus non è democratico, non colpisce tutti allo stesso modo, anche in Emilia-Romagna le donne sono maggiormente penalizzate (in particolare sul tema lavoro) e con la pandemia è poi più complicata la cura della famiglia (ancora appannaggio del genere femminile)”.
La proposta di programmare un momento di approfondimento con le forze sociali è stata raccolta dal presidente Amico.


