“Migliorare l’omogeneità di intervento della rete che gestisce il sistema della tutela minorile, sostenere i professionisti e le famiglie affidatarie (anche attraverso la formazione), promuovere la figura dell’esperto giuridico e, infine, incoraggiare un autocontrollo sistematico che consenta di rilevare eventuali scostamenti degli standard”. Queste le proposte di miglioramento e ristrutturazione del sistema regionale di tutela del minore presentate da Giuliano Limonta (presidente della Commissione tecnica regionale di valutazione del sistema di tutela dei minori, voluta dalla Giunta) in Commissione speciale d’inchiesta sul sistema di tutela dei minori in Emilia-Romagna, presieduta da Giuseppe Boschini.
Limonta ha comunque voluto precisare che “l’organismo dell’Emilia-Romagna è sano nonostante alcuni raffreddori”. Sui fatti di Bibbiano ha poi spiegato che, pur aspettando gli esiti delle indagini giudiziarie, “risultano estranei e incompatibili con l’attuale impianto normativo vigente”.
Sulle criticità del sistema il presidente della commissione tecnica ha parlato di rischi di disequilibri nell’intervento valutativo e negli obiettivi di cura, tutela e protezione, di percorso giudiziario condizionante e di carenze nella fase della valutazione delle situazioni relazionali traumatiche. Sui punti di forza ha invece riferito della capillarità dei servizi su tutto il territorio regionale, della qualità dei professionisti attivi nel sistema e dell’estensione della rete delle famiglie affidatarie.
Polemica la reazione di Giancarlo Tagliaferri (FdI): “Alla farsa non c’è mai fine, avremmo dovuto leggere la documentazione prima della seduta per poter entrare nel merito”. Poi Tagliaferri si è concentrato sui dati degli affidi e sul tema dei controlli: “Sono stati effettuati i monitoraggi previsti, anche sulla formazione? Sono emerse criticità?”. Mila Ferri della giunta ha risposto portando i dati della Val d’Enza (“sono 47 i minori in affido, di cui 17 in affidamento giudiziale a tempo pieno”) e confermando che i controlli ci sono stati e hanno avuto risultati omogenei sul territorio regionale. “Riguardo al Piano territoriale socio-sanitario c’è invece disomogeneità- ha spiegato Ferri- e per questo una delle nostre proposte è quella di legare le risorse regionali a un percorso qualità. In sostanza si darà priorità nei finanziamenti a chi seguirà certi requisiti”.
Anche secondo Gian Luca Sassi (Misto) l’impossibilità di aver potuto leggere la relazione avrebbe reso l’audizione “superficiale”: “Condivido il focus sulla disomogeneità organizzativa dei servizi, che sono a macchia di leopardo, ma forse serviva più attenzione all’area giuridica che ha evidenziato forti carenze come, ad esempio, la mancanza di un reale contraddittorio”. Il consigliere auspica che dalla commissione tecnica regionale possano arrivare suggerimenti utili a livello regionale e nazionale, soprattutto in materia di controlli. “Ci siamo concentrati sull’area socio-sanitaria per motivi di tempo e di priorità- ha replicato Limonta- e ho constatato con piacere, invece, che la vostra attenzione sia stata rivolta in maniera puntuale a un’analisi legislativa e giuridica”.
Critico anche Gabriele Delmonte (Lega): “Non potendo leggere la relazione ci basiamo su scarni titoli e dichiarazioni di intenti, spero che siate entrati più nel merito perché da una commissione tecnica avrei voluto leggere risposte concrete, soluzioni specifiche e procedure, spiegazioni sul perché si sono verificati i fatti della Val d’Enza. Invece mi si dice ciò che emerso dall’inchiesta è stato solo ‘un raffreddore’, un’espressione allucinante”.
Andrea Bertani (M5s) si è concentrato sul ruolo delle equipe territoriali e dei servizi sociali: “Abbiamo visto che i servizi hanno molto potere e grandi responsabilità, spesso non adeguatamente riequilibrate. Qual è il vostro suggerimento? La dotazione professionale dei servizi è sufficiente?”. I tecnici di giunta hanno risposto che il personale sul territorio andrebbe fortemente potenziato, anche in relazione a un notevole aumento dell’utenza. E sulle responsabilità degli assistenti sociali Limonta ha aggiunto: “Sull’allontanamento in emergenza la proposta è che, nel percorso di qualità, questo venga seguito solo da operatori con esperienza e competenza specifica, non da assistenti sociali di prima nomina e senza requisiti”.
Anche Michele Facci (Fdi) ha parlato di “perplessità su questa relazione”. Per poter dire, ha rimarcato il consigliere, “che il corpo è sano avremmo dovuto avere più dati, avremmo dovuto valutare il lavoro dei servizi, partendo dagli esiti degli interventi”. Non abbiamo, ha poi aggiunto sul tema degli affidi, “nemmeno i dati sulle tipologie di collocamento e sui rientri dei minori in famiglia”. Senza questi dati, ha concluso, “non possiamo dire che il corpo è sano”.
Per Fabio Callori (Fdi) “il compito della commissione tecnica era quello di capire le anomalie del sistema, partendo da Bibbiano, e correggerle”. Evidentemente, ha rimarcato, “non c’era la volontà di arrivare all’effettivo obiettivo, il compito è incompleto”.
Sulla stessa linea Massimiliano Pompignoli (Lega), che ha contestato le risultanze del lavoro della commissione tecnica: “Non abbiamo chiesto se i dati regionali sono in linea con la media italiana, vogliamo invece sapere se gli affidi della Val d’Enza sono regolari e legittimi”. Relazione, ha concluso, “non completa e non esaustiva”.
Secondo Paolo Calvano (Pd) i suggerimenti forniti dalla commissione tecnica saranno utili ai lavori della politica e della commissione d’inchiesta perché “sottolinea ad esempio temi come la prevenzione del disagio genitoriale, aspetto su cui il pubblico deve essere assolutamente presente”. Priorità del pubblico, per il consigliere dem, deve essere anche il sostegno alle famiglie affidatarie (“non sono luoghi dove scaricare il barile, ma dove risolvere i problemi”) e il potenziamento del personale dei servizi sociali.
(Cristian Casali/Giulia Paltrinieri)