“Superare il criterio dell’impersonalità dei comunicati stampa, restringere la durata di vigenza della par condicio e rivedere l’ambito di applicazione del divieto”. Questi i tre obiettivi contenuti nel “Documento istruttorio conclusivo per la riforma della par condicio” presentato in mattinata a Bologna al convegno Par condicio e informazione istituzionale: una legge da rivedere?, che si è tenuto nella sala polivalente Guido Fanti dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna. L’iniziativa nazionale, alla quale hanno partecipato rappresentanti di 14 Regioni italiane, si è incentrata su un documento per chiedere la modifica dell’articolo 9 della legge 28 del 2000 sulla par condicio, frutto del lavoro portato avanti in questi mesi dai responsabili degli uffici stampa delle Assemblee legislative, riuniti nel tavolo istituito dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province Autonome. Il documento tecnico dei responsabili degli uffici stampa dei consigli regionali, dopo essere stato approvato per acclamazione, è stato consegnato dalla coordinatrice del tavolo, Rosanna Romano (capo dell’ufficio stampa del consiglio regionale della Sardegna) al presidente dell’Assemblea legislativa delle Marche, Antonio Mastrovincenzo, delegato dalla Conferenza di cui è vicecoordinatore nell’auspicio di un percorso parlamentare. “La legge sulla par condicio- vi si legge- nata anche per il giusto fine di evitare abusi della comunicazione pubblica durante le campagne elettorali, nel tempo ha scontato sempre di più prassi diversificate di applicazione e una comune difficoltà nel praticare il diritto dovere di cronaca nell’informazione istituzionale, deputata al pluralismo”.
Marco Sacchetti, responsabile dell’ufficio stampa dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, ha aperto i lavori precisando come l’intento degli organizzatori sia l’avvio di un confronto a partire da una proposta concreta di modifica della legge par condicio. Una legge – evidenzia – che in Emilia-Romagna ha portato a 12 interruzioni della normale informazione istituzionale negli ultimi due anni, quasi una ogni due mesi.
Fabio Rainieri, vicepresidente dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna con delega alla comunicazione e all’informazione istituzionale, nel rivolgere un saluto a nome dell’Assemblea, ha assicurato il proprio impegno affinché la proposta per la modifica della legge 28 del 2000, che costituisce parte integrante del Documento istruttorio oggetto di analisi, sia al più presto preso in esame dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province Autonome.
Il professor Gianluca Gardini, ordinario di diritto amministrativo, già presidente del Corecom dell’Emilia-Romagna è l’estensore della proposta di modifica della legge 28/2000 realizzata su richiesta del tavolo degli Uffici stampa assembleari, che l’ha poi fatta propria. Dopo un excursus storico sull’applicazione della norma, che evidenzia come la par condicio sia anacronistica, Gardini ha affermato come sia giunto il momento di ripensarla. A partire dall’articolo 9, che disciplina l’informazione istituzionale in periodo elettorale, stabilito in due mesi prima della consultazione, attraverso il criterio dell’impersonalità dei comunicati stampa. “Il rischio, in un Paese in cui si vota con continuità, – spiega Gardini – è di una sorta di paralisi quasi permanente di una funzione pubblica come l’informazione istituzionale, un vero e proprio servizio pubblico oggi d’importanza cruciale che, come tutti i servizi pubblici, non dovrebbe essere interrotto. Da qui una serie di proposte di modifica: 1) rivedere l’ambito di applicazione della legge, oggi troppo esteso (elezioni, referendum), escludendo dalle limitazioni la comunicazione istituzionale degli enti non interessati (altre amministrazioni comunali, provinciali, regionali) e rendendo più proporzionato il divieto. 2) Rivedere l’applicazione della legge in considerazione del fatto che i limiti alla comunicazione istituzionale non dovrebbero ricomprendere le istituzioni i cui vertici non sono elettivi (Camere di commercio, Asl, società partecipate, etc). 3) Limitare il divieto a partire dalla comunicazione delle candidature (30 giorni prima del voto). 4) Rivedere l’impersonalità nella redazione dei comunicati istituzionali, distinguendo la comunicazione d’immagine, che dovrebbe essere sospesa, dalla comunicazione di servizio, che dovrebbe essere garantita anche in campagna elettorale, per non penalizzare i cittadini, anche in forma impersonale. Impersonalità – ha concluso Gardini – che inficia la correttezza della comunicazione istituzionale dei lavori d’Aula nelle Assemblee legislative, pregiudicandone la funzione di servizio pubblico.
Per Antonio Mastrovincenzo, presidente del Consiglio regionale delle Marche e vicecoordinatore della Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative, è necessario rivedere l’impianto della legge sulla par condicio per dare continuità e piena effettività alla comunicazione istituzionale, in quanto l’evoluzione digitale rende indispensabile questa revisione.
Carlo Verna, presidente dell’Ordine dei giornalisti, ribadisce la necessità di rivedere la legge, “nelle normative deve essere chiaro l’obiettivo che si intende perseguire”. In questo caso, aggiunge, “stiamo parlando del diritto del cittadino a essere correttamente informato”. La legge sulla par condicio, conclude, “è inutilmente afflittiva verso chi ha il compito di informare”.
Benedetta Liberatore, responsabile direzione contenuti audiovisivi Agcom, mette in evidenza i limiti della legge, che, riguardo a internet, non dà strumenti di controllo e rispetto alla quale “si stanno studiando forme di autoregolazione assieme ai soggetti che gestiscono le nuove piattaforme”. Nell’affrontare il tema della disinformazione, riporta i dati sull’utilizzo dei mezzi d’informazione (Censis 2018), evidenziando come la diffusione in rete di notizie non verificate stia determinando un ritorno al primato dei telegiornali a discapito dei social, anche per i giovani sotto i trent’anni.
Per Marco Rossignoli, presidente delle radio e tv private locali di Aeranti Corallo, le emittenti locali dovrebbero essere escluse dall’applicazione della norma, in quanto le tante presenti sul territorio garantiscono di per sé il pluralismo, senza bisogno di limitazioni. Di qui l’importanza decisiva del giornalista, che ha l’onere di garantire professionalmente la fondatezza e la veridicità dell’informazione. Per Rossignoli poi “un’eventuale riforma della normativa sulla par condicio non deve limitarsi a chiarire ciò che le pubbliche amministrazioni possono o non possono comunicare durante le campagne elettorali, ma debba anche esplicitare come e con quali mezzi tale comunicazione possa avvenire”.
Per Filippo Lucci, coordinatore nazionale dei Corecom, urge una riforma organica che possa garantire tutti, non solo i comunicatori. Come Rossignoli, Lucci ha parlato del ruolo di garanzia che svolgono i professionisti che fanno comunicazione istituzionale, dato che il giornalista decodifica, rispetta le regole e risponde di quello che scrive. Il presidente del Corecom Abruzzo è intervenuto, poi, sui problemi collegati all’applicazione della norma, invocando il ricorso al buon senso e il dialogo con i soggetti politici nonché con tutti quelli che fanno comunicazione istituzionale. Anche Lucci, infine, nell’affrontare il tema della comunicazione sul web, ha usato una metafora: “Ci si trova a raccogliere gocce d’acqua in una pozzanghera quando nella rete c’è un fiume in piena fuori dalla nostra portata”.
Stefano Cuppi, presidente del Corecom dell’Emilia-Romagna, nell’esprimere apprezzamento e condivisione per l’iniziativa, ha invitato tutti i soggetti interessati a puntare sulla revisione della legge 28/2000 nella logica di liberare la comunicazione istituzionale dai vincoli che ne depotenziano la funzione di servizio pubblico essenziale, partendo dalle buone prassi individuate dal coordinamento degli Uffici stampa delle Assemblea legislative.
Dopo i relatori l’ultima parte del convegno ha visto molti interventi dal pubblico.
Da Tiziano Bertini, responsabile dell’Ufficio stampa del Consiglio regionale dell’Umbria, che ha portato una serie di esperienze dirette, è giunto un invito ad approfondire taluni aspetti delle proposte di revisione della legge, al fine di calibrarli nel modo più efficace.
Roberto Franceschini, presidente del consorzio Contel, che riunisce svariate emittenti private emiliano-romagnole, pur apprezzando l’intento di modificare l’articolo 9 della legge 28/2000, manifesta dubbi sulla reale efficacia della revisione per il settore dell’emittenza privata, quello più penalizzato dai vincoli della par condicio. Anche di fronte a una comunicazione istituzionale resa più libera grazie alla modifica della legge – questa la sua tesi – nulla cambierebbe per le emittenti private. Per questo – a suo avviso – la par condicio andrebbe abolita e riscritta integralmente, rafforzando i poteri di controllo dei Corecom e sensibilizzando l’Ordine dei giornalisti a una vigilanza più attenta sull’operato degli iscritti. In sostanza, più libertà abbinata a un controllo più severo con sanzioni certe e tempestive.
Paolo Costa, responsabile dell’Ufficio stampa del Consiglio regionale della Lombardia, nel rimarcare come la par condicio sia una legge fuori dal tempo ha indicato nella politica dei piccoli passi ma concreti la via efficace per tentare di modificare la legge nelle sue parti più critiche.
Per Antonio Franzina, responsabile dell’Ufficio stampa del consiglio regionale del Veneto, la par condicio è una legge ormai fuori dalla realtà e, pertanto, contraria agli interessi dei cittadini. Mentre, infatti, – sottolinea – i giganti del web dispongo di un potere pressoché senza limiti nel gestire il flusso delle informazioni e internet non ha confini di tempo e spazio, gli uffici stampa pubblici, preposti all’informazione e comunicazione istituzionale con valenza di pubblico servizio, sono soggetti a vincoli e divieti. Dunque, ha concluso, da questo convegno deve levarsi un appello al legislatore nazionale affinché affronti e risolva il problema in modo risoluto.
Infine, Antonio Girardi, inviato dell’ufficio stampa del Consiglio provinciale di Trento diretto da Luca Zanin, ha sollevato il problema del possibile condizionamento politico dei giornalisti degli uffici stampa nel caso dovesse venire meno il contratto giornalistico e dovesse essere applicato, come previsto dal nuovo contratto del pubblico impiego, quello del comparto della pubblica amministrazione. Il giornalista che lavora in un ufficio stampa – questa la sua tesi – opera nel rispetto della deontologia professionale e in ossequio alla qualità della comunicazione istituzionale, che dovrebbero essere di per sé garanzia di par condicio.
Al convegno hanno partecipato anche rappresentanze di uffici stampa da Calabria, Campania, Puglia, Marche, Piemonte e Valle D’Aosta. In sala anche Roland Turk, presidente Corecom della provincia autonoma di Bolzano.
(Cristian Casali e Luca Govoni)