COMUNICATO
Parità, diritti e partecipazione

Carcere. Garante Cavalieri: “Sovraffollamento freno a piena applicazione dell’ordinamento penitenziario”

Un incontro a Bologna per fare il punto sulla situazione carcerario a cinquant’anni dall’approvazione dell’ordinamento penitenziario. Fra i partecipanti anche il provveditore dell’amministrazione penitenziaria Silvio Di Gregorio, la presidente della commissione assembleare Cultura e parità Elena Carletti e il direttore dell’Uiepe dell’Emilia-Romagna e delle Marche Aldo Scolozzi. È stato trasmesso anche un intervento dell’arcivescovo Matteo Maria Zuppi

Sono trascorsi cinquant’anni dall’approvazione dell’ordinamento penitenziario, norma che ha introdotto il concetto della riabilitazione del detenuto, mettendo al centro la persona con i suoi diritti. Con il superamento del modello punitivo il carcerato ha la possibilità di costruirsi un percorso personalizzato rivolto, finita la detenzione, al reinserimento sociale. Per questo serve aumentare le attività rivolte al ristretto, a partire da quelle lavorative. Per assicurare al detenuto questo diritto occorre, però, un maggiore coinvolgimento di soggetti esterni. C’è, poi, il tema del sovraffollamento, ostacolo all’attivazione di questi percorsi trattamentali.

Questo, in sintesi, i contenuti del convegno dedicato ai cinquant’anni dall’approvazione dell’ordinamento penitenziario che si è tenuto in mattinata a Bologna nella sede dell’Assemblea legislativa.

“Quella della rieducazione – spiega il garante regionale dei detenuti Roberto Cavalieri (che ha organizzato il convegno assieme al provveditorato per l’Amministrazione penitenziaria dell’Emilia-Romagna e Marche) – resta l’unica strada percorribile per arrivare al reinserimento sociale del detenuto”. Il garante rileva, però, come l’aspetto del sovraffollamento carcerario ostacoli la riuscita di questi percorsi trattamentali: “Il tema del sovraffollamento carcerario diventa il fulcro del problema, è sempre più complesso assicurare spazi adeguati a un numero tanto alto di carcerati, ognuno con bisogni specifici, serve potenziare ed efficientare questi percorsi, serve poi aspettare le persone fuori”. Entra, poi, nel merito sugli esuberi: “In Emilia-Romagna sono oltre 700 gli esuberi in carcere, è come se in regione ci fossero due istituti penitenziari in più”. Conclude: “Inoltre, questo aspetto, che inevitabilmente pone il detenuto in una situazione di disagio, allontana anche i soggetti privati dal carcere, fondamentali per portare avanti queste attività”.

Sulla stessa linea Silvio Di Gregorio, provveditore dell’amministrazione penitenziaria dell’Emilia-Romagna e delle Marche: “È lo stesso ordinamento penitenziari a dirci che il tema carcere riguarda l’intera società, un problema che tocca tutti, per questo il coinvolgimento di soggetti privati nei percorsi trattamentali per i detenuti diventa fondamentale”. Prosegue: “Per restituire la piena dignità alla vittima serve che il reo sia recuperato socialmente, l’ordinamento ci diche che il detenuto deve avere la possibilità di progettare il proprio futuro, in questo modo si ha la riconciliazione tra la società offesa e chi ha offeso”. Conclude sul tema sovraffollamento: “Indubbiamente la presenza di tanti detenuti in struttura diventa un ostacolo per la riuscita di queste attività”.

Anche per Giancarlo Giulianelli, garante regionale dei detenuti delle Marche, “quello della riabilitazione, concetto introdotto dall’ordinamento penitenziario, è tema centrale del percorso carcerario del detenuto”. Prosegue sulle attività trattamentali: “Oltra al carcerato occorre anche educare la comunità esterna, l’imprenditore ha vantaggi evidenti quando assume un detenuto”.

Sui contenuti dell’ordinamento penitenziario sono intervenute Francesca Romana Valenzi, direttrice dell’ufficio detenuti e trattamento del Prap di Emilia-Romagna e Marche, ed Eleonora Dei Cas, ricercatrice dell’Unimore.

La norma del 1975 sull’ordinamento penitenziario costituisce una delle più significative riforme del sistema carcerario italiano: l’asse portante della riforma è il riconoscimento del detenuto come soggetto titolare di diritti, escludendo pratiche afflittive o degradanti, con l’accesso a istruzione, lavoro, attività culturali e ricreative, nonché alla tutela della salute. Centrale, quindi, è l’idea dell’individualizzazione del trattamento, perseguita attraverso l’osservazione della personalità del detenuto rivolta al reinserimento sociale.

In rappresentanza dell’Assemblea legislativa è intervenuta Elena Carletti, presidente della commissione Cultura e parità: “Con l’ordinamento penitenziario si è scelto di rimettere la persona al centro. C’è un grande tema culturale: recuperare persone che hanno sbagliato per creare una società più sicura e giusta”. Prosegue: “Per questo è fondamentale avvicinare, sempre più, l’opinione pubblica a queste tematiche, in quanto le comunità possono diventare elemento centrale per la riuscita delle attività rivolte al detenuto”. Conclude sul tema del sovraffollamento carcerario: “Un aspetto da non trascurare, un elemento di criticità rispetto all’attuazione di questi percorsi trattamentali”.

Ezio Romano, del tribunale di sorveglianza a Bologna, ribadisce l’importanza dell’ordinamento penitenziario per l’intero sistema della giustizia: “Una vera e propria rivoluzione copernicana, una legge che guarda alla pena in senso ampio, senza trascurare l’esterno, in quanto l’umanità della persona viene prima”. Specifica poi: “Attraverso il trattamento si arriva alla rieducazione, l’idea è quello di portare fuori quello che di bello ha la persona”.

Aldo Scolozzi, direttore Uiepe Emilia-Romagna e Marche, rileva l’importanza delle misure alternative al carcere, introdotte con l’ordinamento penitenziario: “L’obiettivo resta quello di riscattare la persona che ha commesso il reato e per fare questo, come afferma lo stesso ordinamento penitenziario, serve il coinvolgimento dell’intera cittadinanza. In Emilia-Romagna sono tremila gli affidati, 900 nelle Marche”.

Nel corso del convegno è stato trasmesso anche un intervento del cardinale di Bologna, Matteo Maria Zuppi, che ha ribadito la necessità di avvicinare il carcere alla comunità: “Serve coinvolgere tutti per dare speranza al detenuto. I territori possono contribuire al risultato e l’obiettivo è quello della riabilitazione di queste persone, della loro redenzione”.

Misure alternative alla detenzione

Innovazione introdotta dall’ordinamento penitenziario è quella delle misure alternative, concepite come strumenti privilegiati per la progressiva risocializzazione del condannato. L’introduzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, della semilibertà, dei permessi premio e di altri istituti, successivamente potenziati con la legge Gozzini del 1986, contribuisce a trasformare la pena in un percorso dinamico e graduale, non limitato alla detenzione intramuraria.

All’incontro, protagonisti di una tavola rotonda sugli aspetti pratici nell’applicazione dell’ordinamento penitenziario, hanno partecipato anche Stefano Di Lena, direttore della casa circondariale di Ravenna, Armando Di Bernardo, comandante della Polizia penitenziaria a Reggio Emilia, Daniela Bevilacqua, capoarea pedagogica della casa circondariale di Ravenna, Paolo Roselli, capoarea contabile nella casa circondariale di Reggio Emilia, Dalia Carosi, funzionaria dei servizio sociale Uiepe a Bologna, Elisabetta Dalmonte, responsabile medico dell’Ausl Romagna, e Marcello Mattè, cappellano della casa circondariale di Bologna, oltre a Giorgio Magnanelli e Carla Chiappini della conferenza regionale per il volontariato di Marche ed Emilia-Romagna.

Al termine dell’incontro gli interventi di Adel e Salvatore, due persone che hanno affrontato il carcere, due persone che oggi hanno un lavoro.

Situazione sovraffollamento negli istituti penitenziari dell’Emilia-Romagna (dati aggiornati al 30 novembre 2025).

Bologna sono presenti 850 detenuti (con una capienza di 507 posti): 91 le donne, 482 gli stranieri. A Ferrara sono presenti 413 detenuti (con una capienza di 243 posti), 175 sono gli stranieri. A Forlì sono presenti 144 detenuti (con una capienza di 144 posti): 19 le donne, 64 gli stranieri. A Castelfranco Emilia, nel modenese, sono presenti 84 detenuti (con una capienza di 191 posti), 29 gli stranieri. A Modena sono presenti 596 detenuti (con una capienza di 371 posti): 34 le donne, 356 gli stranieri. A Piacenza sono presenti 582 detenuti (con una capienza di 414 posti): 16 le donne, 395 gli stranieri. A Parma sono presenti 786 detenuti (con una capienza di 655 posti), 294 gli stranieri. A Ravenna sono presenti 90 detenuti (con una capienza di 49 posti), 45 gli stranieri. A Reggio Emilia sono presenti 313 detenuti (con una capienza di 292 posti): 17 le donne, 146 gli stranieri. A Rimini sono presenti 170 detenuti (con una capienza di 118 posti), 81 gli stranieri.

(Cristian Casali)

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