Tappa forlivese alla Casa circondariale per il progetto “Conoscere il carcere per progettare il volontariato” promosso dal garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna Roberto Cavalieri. Una giornata che ha visto la partecipazione di oltre 30 membri delle associazioni di volontariato attive nei penitenziari della regione, da Piacenza a Rimini.
“Il progetto delle visite negli istituti penitenziari aperte a esponenti del volontariato carcerario – ha spiegato il garante Cavalieri -, iniziato lo scorso anno con la visita alla casa di reclusione di Castelfranco Emilia, è finalizzato a toccare con mano la realtà di ogni istituto grazie all’ascolto diretto dei vertici della Direzione penitenziaria. Questo per consentire confronto, scambio di idee e creazione di nuove reti fra realtà territoriali molto diverse”.
Con una presenza di 160 detenuti, di cui 20 nella sezione femminile, l’istituto di Forlì si trova al centro della città, all’interno della Rocca di Ravaldino, e risale alla fine dell’Ottocento. L’istituto ospita quattro sezioni detentive: ordinaria maschile e ordinaria femminile, sezione protetti e promiscui, sezione per detenuti dimittendi, semiliberi e detenuti che fruiscono dell’art. 21 O.P. lavoranti esterni.
“L’impegno ad ampliare il numero delle attività è necessario sia per tenere le persone impegnate sia per venire incontro alle esigenze di organizzazione della ‘media sicurezza’”, ha sottolineato Carmela De Lorenzo, direttrice della struttura, evidenziando come siano mantenute attive, anche grazie al contributo del volontariato, le possibilità di lavoro e formazione offerte ai detenuti. “La logica – ha spiegato la direttrice – è che a tutti deve essere data una seconda possibilità, creando, tramite il supporto di operatori esperti, percorsi di consapevolezza a partire dal proprio passato”.
Una presenza che caratterizza il “modello Forlì” è la società consortile Techne che opera nella formazione professionale, per il reinserimento sociale dei detenuti. All’interno della struttura, infatti, sono presenti spazi destinati a diverse attività, a partire dal laboratorio di cartiera Manolibera, realizzato nel 2011, che produce pregiata carta artigianale fatta a mano; il laboratorio di assemblaggio Altremani e il laboratorio di apparecchiature elettriche ed elettroniche (esterno al carcere) con detenuti in art. 21 che escono quotidianamente per raggiungere la sede. Sono presenti, inoltre, i laboratori formativi di teatro a cura del coordinamento Teatro Carcere che coinvolge una trentina di detenuti in tutte e le sezioni dell’istituto. Diverse sono le attività formative proposte dalla società San Vincenzo de’ Paoli, che oltre al servizio distribuzione del vestiario e dei materiali di prima necessità e ai colloqui personali, si adopera per la realizzazione di un orto a cura delle persone detenute, per il laboratorio di cucito e per il corso di cucina. Sono in cantiere anche un corso sulla Costituzione italiana, uno sulla custodia ambientale. In preparazione un corso di fotografia.
Sulle attività di lavoro che si stanno portando avanti a Forlì è intervenuta la direttrice generale di Techne, Lia Benvenuti: “L’obiettivo che ci si era posti fin dall’inizio, vent’anni fa, era la sequenzialità, ovvero fornire competenze lavorative creando al tempo stesso produttività dentro al carcere per permettere di lavorare durante la pena”. “I laboratori in carcere avviati da Techne – ha concluso Lia Benvenuti – hanno permesso alle persone di trovare un lavoro fuori”.
Luigi Dall’Ara della San Vincenzo de’ Paoli, che segue le attività in carcere da oltre vent’anni, ha fatto il punto sul ruolo dell’associazionismo nell’istituto forlivese: “La realtà del carcere è un luogo di prima emergenza e disperazione, per questo offriamo attività che mirano alla relazione con la persona detenuta, nella consapevolezza che dietro la pena c’è sempre l’uomo con i suoi bisogni”.
Non meno importante il ruolo di attività come il teatro, di cui Sabrina Spazzoli del Coordinamento teatro carcere ha fatto una panoramica generale: “Siamo presenti a Forlì dal 2010 grazie al lavoro di rete che ha saputo fare il Coordinamento teatro-carcere, che è presente in tutte le carceri emiliano-romagnole. Il punto di forza che può offrire un’attività come il teatro è sicuramente il fatto di favorire il senso di rispetto delle regole e la crescita in questi anni del valore artistico di ciò che abbiamo portato in scena”.