Gruppi assembleari unanimi nel condannare la violenza alle donne. Per tutti, le priorità sono interventi mirati sulla prevenzione e sull’educazione, al fine di combattere stereotipi che affondano le radici in valori distorti di un passato molto lontano che stenta a passare del tutto.
Per il capogruppo di Fratelli d’Italia Marco Lisei la giornata odierna deve essere un’occasione “in cui le istituzioni dicano con franchezza cosa va e cosa non va nel combattere una battaglia che, va detto, stiamo perdendo come istituzioni”. Per Lisei due sono le tematiche dove si deve intervenire con maggiore attenzione: prevenzione e cultura. “Il codice rosso- continua il capogruppo- è stato utile ma non sufficiente perché non copre tutte le casistiche. Il sistema di protezione, inoltre, così com’è non è ottimale perché quasi punitivo per la donna in quanto stravolge completamente la vita della denunciante mentre per il maltrattante il semplice divieto di avvicinamento pare uno strumento coercitivo non sufficiente, il tutto mentre i percorsi di recupero sono ancora su base squisitamente volontaria e facoltativa”. Oltre ad auspicare sezioni specializzate di polizia giudiziaria per gestire il delicato rapporto tra la donna che denuncia i maltrattamenti e la macchina statale, Lisei chiede anche specifici interventi in ambito culturale anche se in questo caso si tratta di misure di lungo periodo “e che devono essere molto specifici sul tema ed ecco perché, a mio giudizio, la violenza sulle donne non può essere associata ad alcun tema gender”.
Per la capogruppo Pd Marcella Zappaterra l’Assemblea odierna “è un segnale forte per un impegno che, partendo dal nostro ambito regionale, deve arrivare a toccare il livello politico-sociale nazionale”. Per Marcella Zappaterra la violenza alle donne è un fenomeno strutturale e pubblico “che richiede una risposta pubblica e strutturata su più livelli, basta pensare alle tante problematiche anche nel mondo del lavoro, dove le donne continuano ad essere discriminate sia nelle mansioni sia nel reddito”. Per la capogruppo Pd, infine, è assolutamente il caso di ridefinire in maniera più generale il carico delle responsabilità di cure domestiche che gravano sulle spalle delle donne per arrivare a una più equa ripartizione dei compiti anche e soprattutto negli ambiti familiari. “Il welfare non può continuare a basarsi sulle forze delle donne ed è arrivato il momento per una politica di reale parità attraverso la tutela e la protezione dei diritti femminili in ogni ambito”.
Anche per Roberta Mori (Pd), “occuparsi dei diritti delle donne significa occuparsi del futuro della nostra società”. Per la consigliera reggiana, i diritti delle donne sono sott’attacco in tutto il mondo e le democrazie “se vogliono essere tali, non possono far finta di niente”. Ricordando Polonia, Turchia e Afghanistan quali ultimi fronti dove i diritti delle donne sono stati calpestati, Mori specifica come il femminicidio sia figlio di uno squilibrio sociale storico nella diversità di diritti garantiti a uomini e donne. Per la consigliera Pd, infine, “grande rilievo deve essere dato ai centri antiviolenza, nati dai movimenti femminili e femministi che, ben prima dello Stato, hanno riconosciuto il problema e hanno tentato di dare risposte concrete in merito. Le relazioni e le azioni avviate da tali soggetti devono quindi essere ampliate per garantire una concreta risposta di sistema a questa piaga”.
Valentina Stragliati (Lega) ha affermato che “l’argomento va affrontato con serietà, senza aderire a un femminismo esasperato, anche per la sensibilità verso quegli uomini che fanno del rispetto verso le donne un assunto imprescindibile. La società patriarcale, di cui ha parlato il presidente Bonaccini, riguarda una minoranza e non si deve generalizzare”. Per la consigliera leghista, “vanno evitate le politiche di contrapposizione tra maschile e femminile e sostenuta l’alleanza tra uomo e donna, nella famiglia e nella società. La Lega aveva già avanzato proposte, in una risoluzione, ma non ci è stato concesso di portarle avanti. Oggi l’Assemblea deve uscire con proposte concrete e dare risposte”. Per Stragliati, “le donne non devono mai sentirsi sole, ma rivolgersi alla rete di servizi di chi può aiutarle. Abbiamo proposto di inserire nella risoluzione la diffusione del numero antiviolenza 1522, mediante reti commerciali e terzo settore. E’ importante averlo anche su uno scontrino”. E ancora vanno promossi e sostenuti i percorsi formativi, per tutti, per far comprendere che uomo e donna hanno gli stessi diritti. “Si deve introdurre l’educazione affettiva e sessuale nei primi due gradi istruzione, ma la teoria gender restare fuori dalla scuola”. Infine, occorre agire sull’uomo maltrattante, per evitare che ripeta i reati, promuovere corsi di difesa personale per le donne e occuparsi anche della violenza su donne disabili, le quali hanno ancora più difficoltà a denunciare. Non da ultimo la Regione deve prevenire le discriminazione sul lavoro, “perché nel 2021 è inaccettabile che una donna in un colloquio si senta chiedere se intende avere figli”.
Stefania Bondavalli (Lista Bonaccini) ha ricordato che, nonostante il significato del 25 novembre, le “cronache riservano tragici avvenimenti. L’emergenza è cresciuta. Con la pandemia c’è stata una recrudescenza delle violenze. Il titolo di oggi individua l’eliminazione della violenza: non deve essere un’utopia. La maturazione culturale è un elemento basilare, a partire da un linguaggio appropriato”. Capita, ha detto la capogruppo Bondavalli, che le cronache delle violenze siano raccontate con un linguaggio che può portare a considerare comportamenti induttivi delle donne che poi provocano comportamenti distorsivi degli uomini. Per la consigliera, “spesso i tempi di intervento della Giustizia sono decisivi. In alcuni casi ci sono state le denunce, sono stati presi provvedimenti, ma poi si è avuto femminicidio”. Bondavalli ha concluso: “Dietro ai numeri, purtroppo in aumento, c’è la vita di una donna o di una famiglia. Occorre unire le strategie tra istituzioni e associazioni. Abbiamo il dovere di consegnare ai giovani comunità più rispettose e più sicure”.
Secondo Silvia Piccinini (Movimento 5 stelle) “i fatti dell’ultimo mese lasciano attoniti: in una settimana in Emilia-Romagna sono state uccise quattro donne e, in Italia, una ogni tre giorni”. La capogruppo pentastellata si è domandata “perché le vittime non diminuiscano. C’è un sistema patriarcale alla base, ma non si risolve solo con misure repressive. Serve un cambiamento culturale”. Poi, Piccinini cita la giornalista Greta Beccaglia, molestata da un tifoso: “L’uomo che doveva essere dalla sua parte le ha detto ‘non te la prendere’: questa è una minimizzazione della violenza, è una cultura che dice che per essere considerata vittima devi avere segni sul volto. Si deve cominciare da educazione e istruzione. Va introdotta l’educazione affettiva e sessuale, di tutti i generi. La teoria del gender non esiste”. Occorre educare le nuove generazione, ma anche Forze dell’ordine e magistrati, e recuperare l’uomo che maltratta. Infine, Piccinini evidenzia che vanno “rafforzati i centri antiviolenza, primo approdo delle donne vittime per uscire dagli abusi”.
Federico Amico (Emilia-Romagna Coraggiosa) ha reputato positiva la legge che inasprisce le pene per i violenti “ma serve anche più prevenzione. Chi commette femminicidio difficilmente pensa all’entità della pena. Vanno rafforzati i centri antiviolenza e si deve lavorare in profondità perché le norme siano applicate. Il femminicidio è la punta dell’iceberg di una cultura che non valorizza le pari opportunità. Per prevenire la violenza vanno letti i primi segnali. Importante è la parità e la nostra regione, secondo la Ue, è al primo posto. Ma occorre fare i conti con il patriarcato. Il piano triennale antiviolenza è stato approvato, ma avrà un’efficacia parziale fino a che non si stringerà un’alleanza tra i generi. Si rafforzino reddito di libertà, si estendano i nidi e le scuola d’infanzia. Servono il potenziamento dei servizi di assistenza, maggiore sensibilità del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, l’impiego strutturale delle risorse del Pnrr”. Il consigliere ha scandito che “la violenza deriva da una visione misogina della realtà, dal gap di un sessismo ritenuto innocuo, riguarda gli uomini. Ancora oggi storciamo il naso quando sentiamo sindaca, assessora, medica … chiedere la declinazione di genere nel linguaggio è far esistere la società. Se certi ruoli non si nominano è come se non ci fossero”. Tre i piani fondamentali per arrivare a un cambiamento, conclude Amico: “Prevenzione, protezione e cambiamento della relazione uomo-donna. La scuola insegni il rifiuto della violenza, intervenendo subito sui comportamenti a rischio”.
Per Silvia Zamboni (Europa Verde) “c’è solo frustrazione nel vedere la sequela di donne uccise per quello che certi media continuano a definire come ‘eccesso di amore’. Non sono quindi più sopportabili le manifestazioni, i cortei, le lacrime e i palloncini per commemorare le donne uccise, perché la misura è colma e oggi come ieri la parola d’ordine è prevenzione”. Per la capogruppo si tratta di un problema prettamente culturale e relazionale di stampo patriarcale che mira a giustificare il dominio degli uomini sulle donne. Per Zamboni l’inasprimento della pena può non essere sufficiente, mentre bisogna attuare una specifica prevenzione e un accompagnamento dei maschi violenti “e ciò va fatto attraverso il deciso potenziamento dei centri antiviolenza che, oltre al grande lavoro svolto fino ad ora, continuano a essere l’interlocutore privilegiato per qualunque politica si voglia attuare”. Per la consigliera di Europa Verde, sono indubbi i passi avanti compiuti in questi anni nel miglioramento della condizione femminile, ma i problemi sul terreno sono ancora tantissimi, così come “nella lotta alla violenza, tanta parte è rappresentata dall’indipendenza economica, che deve essere garantita alla donna che si ribella”.
In conclusione della sessione antimeridiana l’intervento di Valentina Castaldini (FI), che ha sottolineato il metodo che ha portato allo svolgimento di questo approfondimento. “L’enorme capacità di ascolto da parte di tutti i partiti politici rappresentati in Assemblea e la comune volontà di fare tutti un passo avanti ha portato a questa situazione virtuosa”. Per Castaldini non si può continuare a giustificare una società dove la vita di qualcuno dipende da un altro essere umano, così come è necessario non confondere ulteriormente forza e violenza. “Essere forti -specifica Castaldini- significa essere liberi ma ciò non può essere assolutamente confuso con il concetto di violenza prevaricatrice”. Per la capogruppo è quindi molto importante ogni iniziativa che garantisca la libertà economica della donna che rifiuta la spirale di violenza ai suoi danni “che non deve essere un’intervento spot nell’immediatezza della violenza, ma deve essere strutturale e garantito nel tempo”. Oltre a ciò la consigliera auspica un adeguato intervento culturale sull’uomo maltrattante “per fargli comprendere la bellezza della vita”, così come è necessario un delicatissimo intervento sui minori testimoni di fatti di violenza nel contesto familiare.
(Luca Boccaletti e Gianfranco Salvatori)