COMUNICATO
Parità, diritti e partecipazione

Diritti Bologna. Marighelli e Garavini: bambini incompatibili con il carcere, no al nido della Dozza

I due Garanti chiedono nuovamente di “realizzare nel nostro territorio regionale una casa famiglia nella quale figlio e madre possano vivere insieme in un ambiente con caratteristiche familiari”

“Abbiamo più volte espresso il nostro pensiero e sottolineato che la crescita di un bambino e la realizzazione della maternità sono incompatibili con il carcere: per la specifica finalità, per la organizzazione e le modalità di funzionamento, questo tipo di struttura non può rispondere alle esigenze affettive e ai bisogni relativi alla crescita e all’educazione dei bambini. Le condizioni di vita presenti in carcere, inoltre, non permettono il rispetto e l’attuazione dei diritti sanciti dalla Convenzione Onu, che risultano decisamente limitati per non dire negati (in specifico il diritto a una crescita alimentata da opportunità diverse e sostenuta da relazioni ricche, propositive in grado di accompagnare la persona di minore età nell’acquisizione delle competenze personali, relazionali e sociali)”.

Sono il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale, Marcello Marighelli, e la Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, Clede Maria Garavini, a riprendere il tema dei bambini in carcere con le madri detenute a pochi giorni dall’apertura di una sezione nido alla Dozza di Bologna, struttura “presentata come una possibile modalità per rispondere ai bisogni evolutivi dei bambini presenti”.

Anche la madre, spiegano poi i due Garanti, “in un contesto carcerario non può realizzare ed esprimere compiutamente la sua genitorialità, ricevere gli aiuti necessari per impegnarsi in un percorso di recupero e di riattivazione delle capacità di cura e relazionali. Gli studi, la clinica e le sperimentazioni effettuate in altre città, rimarcano poi Marighelli e Garavini, “ci sostengono nella richiesta, più volte formulata, di realizzare nel nostro territorio regionale una casa protetta nella quale figli e madri possono vivere insieme in un ambiente con caratteristiche familiari. All’interno di questa struttura, dotata di un qualificato progetto e di un solido impianto educativo, la madre può vivere relazioni riparative e il figlio sperimentare una quotidianità arricchita da diverse proposte, con partecipazione e inserimento nelle attività e nei servizi presenti nel territorio”.

In questa direzione è orientata anche la normativa di riferimento che con la legge 62 del 21 aprile 2011 ha previsto l’istituzione di case famiglia protette, quali strutture residenziali per l’accoglienza delle madri nei cui confronti l’Autorità giudiziaria abbia disposto provvedimenti restrittivi, e con il Decreto del ministro della Giustizia dell’8 marzo 2013 viene riconosciuta la fondamentale importanza delle case famiglia protette per evitare in toto l’ingresso in carcere ai bambini insieme alle loro madri sprovviste di riferimenti materiali e abitativi. Anche la previsione di un fondo, con dotazione di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2021-2023, per garantire il finanziamento delle case famiglia e dare applicazione alla legge, non ha ancora avuto attuazione e il termine per la ripartizione delle risorse fra le Regioni è stato ampiamente superato.

La decisione di aprire una sezione nido nell’istituto carcerario di Bologna, concludono i due Garanti, “appare come un lenitivo alla situazione esistente che, ripetiamo, deve essere superata, e in tempi brevi”.

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