Approvato in commissione Politiche economiche l’articolato della legge per la tutela dei lavoratori su piattaforme digitali, ovvero quelli impiegati nella cosiddetta gig economy: parliamo soprattutto dei riders, i fattorini, ma anche di camerieri, commessi e creativi impegnati nell'”economia dei lavoretti”. La proposta di legge, targata Sinistra italiana, gruppo misto e L’Altra Emilia-Romagna, ha trovato il parere favorevole della commissione presieduta da Luciana Serri con il sì di Pd, Si, Prodi (Misto) e l’astensione del M5s.
Via libera anche ai sette emendamenti presentati: “L’obiettivo è quello di rendere il nostro pdl coerente con quelli delle altre regioni- ha sottolineato Yuri Torri (Sinistra italiana) in commissione- così da avere più forza alle camere. In sostanza gli emendamenti vanno a rafforzare gli obiettivi di questo progetto di legge, dal divieto di retribuzione a cottimo al divieto di utilizzo dei dati personali finalizzato a meccanismi di rating reputazionale, rimarcando la natura subordinata del contratto e del rapporto di lavoro e sancendo il diritto alla disconnessione”. Il consigliere di Sinistra ha proposto di stilare anche un ordine del giorno correlato da presentare in Aula legato alla Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale, la Carta di Bologna sottoscritta a seguito della mobilitazione della Riders Union bolognese.
“Apprezziamo il lavoro fatto e gli emendamenti ripercorrono il testo approvato anche in Piemonte”, ha spiegato Andrea Bertani del Movimento 5 stelle annunciando il voto di astensione. “Ci asteniamo perché ora in Parlamento è in corso la discussione in commissione sul salario minimo con emendamenti che affronteranno proprio questo tema, quindi ci prendiamo il tempo per valutare eventuali suggerimenti dal lavoro a livello nazionale”.
Il progetto di legge. Il pdl alle Camere (a firma Torri, Taruffi, Prodi e Alleva) vuole “favorire un inquadramento chiaro dei lavoratori- recita il testo della legge- e riconoscere diritti e tutele che ad oggi sembrano essere negati ai lavoratori della gig economy. Per impedire che siano aggirate molte delle regolamentazioni previste dai contratti collettivi, come le tutele in caso di malattia. Per contrastare l’ultra precarietà di un lavoro con un livello di retribuzione troppo basso e quindi l’idea che l’attività di fattorino sia un’opportunità per andare in bici guadagnando anche un piccolo stipendio. Il tema, insomma, rimane restituire dignità al lavoro”. La legge ha come obiettivo l’instaurazione di rapporti di lavoro attraverso contratti chiari e trasparenti, coerenti con le esigenze del contesto occupazionale, nel rispetto del giusto equilibrio tra flessibilità del lavoro e diritti dei lavoratori e delle lavoratrici (articolo 1) per tutelarne la dignità, la salute e la sicurezza contro ogni forma di diseguaglianza e di sfruttamento (articolo 1 bis). Il testo definisce le forme contrattuali, le informazioni cui hanno diritto i lavoratori digitali e le conseguenze in caso di violazione (articolo 2), vieta la retribuzione a cottimo (articolo 2 bis) e regola il meccanismo degli algoritmi delle piattaforme (ad esempio per l’assegnazione dei turni o dei luoghi di lavoro), vietando anche il trattamento dei dati a fini di rating reputazionale (articolo 2 ter e 2 quater) e specificando il diritto al disconnessione (articolo 2 quinquies).
La legge afferma poi la libertà di opinione del lavoratore anche rispetto a poteri direttivi, disciplinari, di coordinamento, di controllo o di verifica del datore di lavoro o del datore di lavoro gestore della piattaforma (articolo 3), sancisce il diritto dei lavoratori digitali a non essere discriminati (articolo 4), determina le norme a tutela dei dati personali dei lavoratori (articolo 5) e va a modificare la legge 81 del 2015 per definire con chiarezza i rapporti di lavoro e le caratteristiche dei contratti per le lavoratrici e i lavoratori digitali.
(Giulia Paltrinieri)