Compenso minimo orario, divieto della retribuzione a cottimo, riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro, insieme al riconoscimento del diritto alla sicurezza, a turni di riposo, alla “disconnessione”. Via libera in Aula alla legge per la tutela dei lavoratori su piattaforme digitali, ovvero quelli impiegati nella cosiddetta gig economy: parliamo soprattutto dei riders, i fattorini, ma anche di camerieri, commessi e creativi impegnati in quella che è chiamata “economia dei lavoretti”. La proposta di legge alle camere, targata Sinistra italiana, gruppo misto e L’Altra Emilia-Romagna, è stata approvata all’unanimità da tutte le forze politiche del parlamento regionale e ora, insieme alle leggi analoghe di altre regioni italiani, servirà per chiedere un intervento legislativo nazionale contro lo sfruttamento dei “lavoratori digitali”.
“Il lavoro cambia insieme alle nuove tecnologie, ma non sempre di pari passo con l’innovazione sono stati garantiti i diritti di chi lavora nel settore”, ha spiegato in Aula il relatore della legge, Yuri Torri di Sinistra italiana. “L’obiettivo di questa legge è riconoscere il lavoro digitale in termini di tutele, dignità, retribuzione e diritti. Punto imprescindibile è la possibilità di assoggettare alla disciplina del lavoro subordinato non solo il lavoro dei riders, ma più in generale tutte collaborazioni continuative commissionate su piattaforma digitale”. Insieme al pdl (a firma Torri, Taruffi, Prodi e Alleva) sono stati approvati anche due ordini del giorno: uno, presentato dal M5s, che chiede alla Regione di intervenire in Parlamento affinché siano introdotte misure di questo tipo nell’ambito della discussione del disegno di legge nazionale sul salario minimo; e uno trasversale (Si, Misto, AltraER, Pd, M5s e Ln) per l’istituzione di un osservatorio regionale sulla gig economy (in particolare sul food delivery) e per l’estensione a livello regionale dei principi della Carta di Bologna (sottoscritta a seguito della mobilitazione della Riders Union bolognese).
Soddisfazione da parte di Igor Taruffi (Si) e Silvia Prodi (Misto), firmatari della legge. “Questa regione è stata teatro- ha ricordato Taruffi- di alcune fra le più importanti proteste dei riders ed è importante che su questo tema ci sia stato l’interesse di tutti i gruppi politici. Il problema è il non corretto utilizzo delle piattaforme ed è per questo che è fondamentale l’intervento dello Stato, per tutelare chi vive queste contraddizioni sulla propria pelle”. Anche per la consigliera Prodi la portata di questa legge è grande: “Nel settore dei servizi su domanda il datore di lavoro non è un banale intermediario, e qui lo chiariamo. Bisogna fare ricognizione di tutte le realtà a cui questo pdl si rivolge.”
D’accordo sugli obiettivi della legge anche il Partito democratico: “L’innovazione tecnologica non deve mai portare a un abbassamento delle tutele dei lavoratori”, ha sottolineato Antonio Mumolo, rimarcando l’importanza di un consumo consapevole per contrastare quelle multinazionali che fanno “dumping e concorrenza sleale” con offerta al massimo ribasso. “Non si può fermare l’acqua con le mani, il sistema economico sta mutando- gli fa eco Luca Sabattini– ma il lavoro deve essere un’opportunità e non non gabbia, con il rischio di impresa scaricato sul lavoratore, l’anello più debole della catena. Non fermiamoci ai riders perché i lavoratori della gig economy sono diversi, approfondiamo tutti i casi di lavoro povero, estremamente flessibile e senza diritti”. Sulla stessa linea anche il capogruppo dem Stefano Caliandro: “Sono fiero che questa Assemblea abbia fatto una scelta di campo, schierandosi contro la dicotomia tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. Lo spazio di vita impiegato nel lavoro deve essere sempre uno spazio di dignità”.
Anche Michele Facci di Fratelli d’Italia ha condiviso lo spirito della legge: “Sono all’ordine del giorno incidenti, infortuni e abusi che si compiono ai danni dei lavoratori. Doveroso da parte nostra chiedere di estendere tutele adeguate a queste nuove modalità di lavoro”. Anche secondo Andrea Bertani del Movimento 5 stelle la digitalizzazione va governata a tutela delle persone: “Il nostro è un sollecito e un rafforzo del lavoro che si sta facendo a livello nazionale, emendamenti in questo senso dovrebbero essere inseriti nel progetto di legge nazionale sul salario minimo. Il nostro ordine del giorno riconosce questo percorso”. Apprezzamenti anche dalla Lega nord, con alcune precisazioni: “Il problema non è la piattaforma digitale- sottolinea Gabriele Delmonte– ma come viene esercitato il lavoro su questa. I riders sono il 10% dei lavoratori della gig economy, sono la punta dell’iceberg, ma il mercato è molto più ampio”. Il consigliere del Carroccio invita a non prendere di mira le startup locali, dimenticandosi delle grandi multinazionali. “Si faccia attenzione alla possibilità che le piattaforme si mascherino poi da sharing economy per aggirare la normativa”.
(Giulia Paltrinieri)