Il 28,6% dei detenuti delle carceri dell’Emilia-Romagna è soggetto a disturbi psichici e comportamentali. Tra chi presenta patologie croniche (malattie cardiovascolari, diabete mellito, patologie neoplastiche e respiratorie croniche), il 39,4% sul totale della popolazione carceraria, risulta che il 57,6% sia soggetto a problemi di salute mentale. I dati 2024 del Ministero della Giustizia segnalano anche che a Castelfranco si registra la percentuale più alta di detenuti con almeno una patologia cronica (27,7% sul totale dei detenuti presenti), seguita da Parma (26,4%) e Reggio Emilia (22%).
Collegato al tema della salute mentale c’è quello delle dipendenze, che riguarda, sempre dal Ministero sul 2024, il 19,9% dei detenuti. Queste situazioni possono portare anche ad atti di autolesionismo e in casi più estremi al suicidio. Nel 2024, infatti, i casi di tentato suicidio nelle carceri della regione sono arrivati a 51. Il numero più alto si è registrato a Modena (20), Bologna (11) e Ferrara (7). Nove, invece, i suicidi portati a termine, tre dei quali nell’istituto penitenziario di Parma. Nel 2024 nell’istituto penale minorile bolognese del Pratello sono state registrate 323 cartelle cliniche.
Ad affrontare il tema della salute mentale tra i detenuti nelle carceri della regione sono, in conferenza stampa nella sede dell’Assemblea legislativa in viale Aldo Moro a Bologna, il Garante regionale dei detenuti Roberto Cavalieri e Luana Valletta, presidente dell’Ordine degli psicologi dell’Emilia-Romagna.
Un quadro clinico che deve fare i conti anche con un crescente sovraffollamento, 128 detenuti ogni 100 posti disponibili in regione.
L’intervento del garante Cavalieri sui percorsi psicologici rivolti ai detenuti: “Il tema del sovraffollamento in carcere è un aspetto che non può essere trascurato, un’anomalia che genera inevitabilmente situazioni di disagio tra la popolazione detenuta, che coinvolge anche chi opera a vario titolo all’interno dei penitenziari. Il tema del benessere psicologico deve diventare centrale tra le mura carcerarie, per il detenuto è anche un modo per rendere più efficace il suo percorso riabilitativo”. Che prosegue: “L’obiettivo è quello di valorizzare le tante professionalità che operano in carcere, implementando tutte quelle attività collegate al benessere psicofisico del detenuto. Il ruolo della psicologia assume quindi un ruolo primario per la vita del detenuto”. Sottolinea il Garante: “Serve, quindi, accrescere queste competenze, in Emilia-Romagna c’è un solo psicologo dipendente dell’amministrazione penitenziaria (a Parma), un altro centinaio di professionisti operano in carcere per le aziende sanitarie locali. Dobbiamo scommettere sulla figura dello psicologo, c’è bisogno di strutturare un sistema in grado di gestire efficacemente i problemi collegati alla salute dei detenuti”.
Per Valletta servono più investimenti e interventi di cura e prevenzione in carcere: “Le carceri, da luoghi deputati alla rieducazione del condannato come prevede la nostra carta costituzionale – dice – sono sempre più spesso luoghi in cui il detenuto vive in uno stato di malessere che inevitabilmente coinvolge anche gli operatori attivi in carcere. Servono, quindi, maggiori investimenti, sia nella cura sia nella prevenzione e promozione di diritti”. Entra poi nello specifico: “La psicologia, entrando nelle carceri, diventa uno strumento di sostegno per il detenuto, in molteplici ambiti: c’è l’aspetto clinico, penso al contrasto del rischio suicidario, ma anche quello organizzativo, ad esempio collegato agli ambienti di lavoro, non va sottovalutato poi il tema dell’ambiente, importante è la progettazione degli spazi, e quello sociale, rispetto, ad esempio, al rapporto tra i detenuti”. Conclude: “Dobbiamo promuovere la cultura dell’intervento, capace di integrare competenza, umanità e innovazione. In un mondo sempre più complesso è necessario mettere a servizio tutte le risorse che può offrire la psicologia”.
Sullo stesso tema è già in programma il prossimo 17 giugno, sempre nella sede dell’Assemblea legislativa a Bologna, un convegno dal titolo “Psicologia penitenziaria: sfide, integrazione e innovazione”. Un convegno che si compone di cinque sessioni dedicate ad altrettanti campi di azione dello psicologo: il trattamento delle dipendenze e la promozione della salute mentale negli istituti penitenziari, lo psicologo e la prevenzione del rischio suicidario, il trattamento dei condannati per reati riconducibili alla violenza di genere, reati sessuali, reati contro le donne e uomini maltrattanti, l’osservazione scientifica della personalità e il trattamento rieducativo dei condannati e l’ambito della sanità penitenziaria. Qui il programma completo.
(Cristian Casali)


