Diminuisce il tasso di aborti tra le giovanissime, rimane più stabile tra le donne adulte, dai 30 ai 40 anni. E le motivazioni che spingono a praticare l’interruzione volontaria di gravidanza è l’incompatibilità, spesso, tra la propria professione e l’avere un figlio. È questo uno dei dati emersi dall’informativa dell’assessorato alle Politiche per la salute sul rapporto annuale sulle Ivg, illustrato nella seduta congiunta delle commissioni Politiche per la salute (presieduta da Paolo Zoffoli) e Parità (presieduta da Roberta Mori).
Nel 2017, le interruzioni volontarie di gravidanza in Emilia-Romagna sono state 7.130: sono diminuite del 7 per cento rispetto all’anno precedente e del 40 per cento rispetto al 2004, quando furono 11.839: praticamente il picco più alto registrato negli anni Duemila. Ma se diminuiscono gli aborti, non si assiste comunque a un aumento delle nascite. Nel 2017 i parti sono stati 32.912: un calo importante (20% circa, ndr), se si pensa che nove anni prima, nel 2008, erano stati 41.380.
A praticare l’interruzione di gravidanza sono soprattutto straniere, anche se dal 2010 sono diminuite del 34,5 per cento. Le italiane, invece, sono diminuite solo del 28,1 per cento. Il consultorio rimane un punto di riferimento per le donne che vogliono abortire, ma aumenta molto l’interruzione di gravidanza farmacologica: se nel 2007 era praticato solo dal 5 per cento delle donne, nel 2017 sestuplica e vi fa ricorso il 29,5% delle donne. Per quanto riguarda i medici obiettori di coscienza, nel 2017 si è contata una percentuale di ginecologi pari al 50,5% (leggermente aumentati rispetto al 2016, quando erano il 49,8%).
Tra gli obiettivi della Regione, c’è quello di incentivare l’uso di contraccettivi, tanto che sarà programmata una distribuzione gratuita rivolta ai cittadini di età inferiore ai 26 anni, o di età compresa tra i 26 e i 45 anni se sono persone disoccupate o lavoratrici colpite dalla crisi. O, ancora, sarà gratuita la distribuzione per le donne entro i 24 mesi dall’intervento per l’interruzione di gravidanza o nei 12 mesi post partum.
Ma se “la diminuzione del numero di aborti è positivo”, dice il consigliere del Partito democratico Giuseppe Paruolo, d’altro canto “non vorrei vedere un trend più basso delle nascite”. Stessa preoccupazione di Michele Facci (Misto-Mns). Conoscere i motivi che portano all’aborto, secondo l’esponente dem, “potrebbe farci capire le azioni da mettere in campo”. E tra le motivazioni, oltre alla difficoltà a conciliare il lavoro e i figli, c’è anche un cattivo rapporto col partner e, solo poi, la questione economica.
Silvia Prodi (Misto-Mdp) si informa sulla pillola Ru486 che permette l’aborto farmacologico: “La somministrazione è solo ospedaliera o c’è stato un alleggerimento della procedura?”, ha chiesto ai tecnici della giunta. Che hanno spiegato come le principali limitazioni di questo metodo riguardino i tempi: è possibile assumerla entro la settima settimana di gravidanza, mentre in altri Paesi è possibile farlo entro la nona. Yuri Torri di Sinistra Italiana ha sollevato la questione del numero degli obiettori di coscienza: “Il trend è costante, ma restiamo comunque su una percentuale superiore al 50 per cento. In più, esiste una disparità tra le varie zone, con picchi di percentuali molto alte rispetto a zone in cui siamo nella media. Dunque il tema – ha spiegato Torri – è capire se questo tipo di distribuzione non interferisca con la possibilità di prendere una decisione, perché il sistema deve garantire alla donna la possibilità di fare liberamente la sua scelta”.
Francesca Marchetti e Paolo Zoffoli del Pd hanno evidenziato l’importanza del lavoro dei consultori e dell’integrazione effettuata per arrivare a una diminuzione del tasso di abortività. “Resta sempre fondamentale – ha sottolineato la consigliera – l’approfondimento nelle scuole”.
(Margherita Giacchi)