“La Regione consideri la riapertura di tutti i Punti nascita soppressi nel confronto appena avviato con il ministero della Salute, per la revisione dei criteri stabiliti per il loro mantenimento nelle aree montane e/o disagiate”. A chiederlo, in una risoluzione, è il consigliere Michele Facci (Misto-Mns).
Nei giorni scorsi- scrive il consigliere nell’atto di indirizzo- “una gestante residente a Gaggio Montano ha partorito in ambulanza lungo la strada Porrettana, nel viaggio verso il reparto nascite del Maggiore di Bologna. E il parto delle gestanti lungo il tragitto, a seguito della chiusura dei punti nascita nelle aree periferiche e montane della regione, non garantisce affatto quei livelli di sicurezza e qualità di cui invece necessita ogni partoriente. L’assenza dei Punti nascita nei territori appenninici, nonostante i protocolli alternativi, mette a serio rischio la salute delle partorienti e dei nascituri, e rende necessaria una riflessione sul rischio sanitario che grava anche sul personale medico e infermieristico”.
Negli ultimi tempi, continua Facci, “la Regione ha chiuso diversi Punti nascita in ospedali di montagna, sulla base del tetto minimo di 500 parti annui come condizione minima richiesta”, nonostante “da più parti, anche a livello governativo, siano state espresse perplessità su questo parametro riguardo alle strutture sanitarie situate in zone disagiate e/o montane, vista l’evidente ricaduta negativa per l’utenza, improvvisamente privata di un presidio socio-sanitario di basilare importanza, ad una considerevole distanza — temporale e spaziale — dai centri cittadini”.
Da qui la richiesta del consigliere, “evidenziato che proprio negli ultimi giorni il presidente Bonaccini e l’assessore Venturi hanno avuto un incontro con il ministro della Salute, nel quale è stato valutato un impegno condiviso a ridiscutere l’accordo Stato-Regioni del 2010, per garantire il mantenimento dei punti nascite negli ospedali di montagna”.
(Stefano Chiarelli)