COMUNICATO
Governo locale e legalità

Trentennale delle stragi. Maria Falcone: “La mafia si combatte con la scuola, la formazione e la cultura”

La sorella del giudice assassinato a Capaci è intervenuta online davanti a oltre seimila studenti all’incontro organizzato dall’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, nell’ambito del progetto conCittadini, con l’associazione antimafia Cortocircuito

“Siamo qui per continuare a parlare di Giovanni perché lui ha fatto la storia dell’antimafia e i ragazzi devono continuare a conoscere i suoi insegnamenti. A questi ragazzi voglio dire che in questi trent’anni ho fatto quello che ho fatto perché quando è morto Giovanni ero disperata non solo come sorella, ma come cittadina italiana: la sua morte mi aveva buttato nello scoraggiamento massimo perché temevo venisse meno quello che aveva fatto nella lotta alle mafie. Se ce l’ho fatta è perché ci fu un moto della società civile a suo favore. Quando dieci anni prima della strage di Capaci fu ucciso il Prefetto Dalla Chiesa a Palermo i cittadini dicevano: oggi è morta la speranza. Quando fu ucciso Giovanni i bigliettini lasciati dai cittadini di Palermo dicevano ‘tenete viva la speranza’. Falcone aveva ragione: la mafia non si sconfigge solo con la repressione, ma con la scuola, la formazione e la cultura”.

Per capire cosa voglia dire combattere la mafia e difendere la cultura della legalità bastano queste chiare parole di Maria Falcone, sorella di Giovanni, il magistrato antimafia assassinato dalla criminalità organizzata nella strage di Capaci nel 1992. L’attentato che iniziò la “stagione delle stragi” il cui culmine furono l’assassinio dell’altro magistrato simbolo, Paolo Borsellino, e la bomba all’Accademia dei Georgofili a Firenze nel 1993.

A 30 anni dall’assassinio del fratello, Maria Falcone è stata ospite dell’Assemblea legislativa regionale dell’Emilia-Romagna all’interno delle iniziative organizzate dal progetto conCittadini: una giornata di impegno civile moderata dal giurista Elia Minari dell’associazione Cortocircuito, oggi sotto scorta per le minacce ricevute, che ha visto la partecipazione di oltre 6mila tra studenti e insegnanti di tantissime scuole emiliano-romagnole, da Piacenza a Rimini. Ragazzi e ragazze che hanno dialogato con Maria Falcone ponendole domande e chiedendole pareri.

A fare gli onori di casa Francesca Marchetti, presidente della commissione Cultura, che ha ricordato l’impegno dell’Emilia-Romagna per la cultura, la formazione e la legalità: “L’Assemblea legislativa ha da tempo una missione fondamentale nei percorsi alla legalità e all’educazione alla memoria e ai diritti: protagonismo dei giovani e costruzione insieme di competenze di cittadinanza sono la nostra attività principale. Oggi ricordiamo un trentennale importante per continuare a portare avanti il messaggio di Giovanni Falcone. Ai tempi della strage di Capaci avevo 12 anni: e penso che anche quell’evento, lo sdegno che ne seguì, abbia influenzato le scelte di molti di noi di impegnarsi nell’attività pubblica”. Marchetti è stata netta anche nella solidarietà e nella vicinanza a Elia Minari: “Con Cortocircuito da tempo collaboriamo per lavorare con le scuole, siamo tutti vicini a Elia Minari per quello che gli sta succedendo, per noi è un onore lavorare insieme a lui per costruire la cultura della legalità”.

Dal canto suo Minari ha ringraziato “tutti coloro che hanno organizzato questo evento e tutti coloro che partecipano: ci sono collegate via streaming migliaia di persone e questo è un grande successo perché confermiamo di essere una comunità che si riunisce periodicamente dal 2015 insieme all’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna per realizzare attività per la legalità e la lotta alle mafie. Ringrazio anche tutti coloro che in questi giorni mi hanno espresso solidarietà”.

“È con emozione e con onore che oggi ci ritroviamo a ricordare questa data: un forte ringraziamento a tutti quegli studenti e quegli insegnanti che hanno deciso di dedicare del tempo a questo appuntamento, scegliendo la legalità e i principi della democrazia e decidendo di praticarli nella vita quotidiana”, ha sottolineato Grazia Brescianini, Ufficio scolastico regionale, che si è complimentata con l’Assemblea legislativa per l’alta qualità delle sue iniziative di offerta formativa culturale.

Maria Falcone, incalzata dagli studenti, ripercorre quei giorni del 1992: “Giovanni aveva la scorta più importante d’Italia, ma eravamo tutti preoccupati perché sapevamo a cosa andavamo incontro. Dopo l’attentato del 1989, da cui si salvò, Giovanni diceva ‘Ormai sono un cadavere che cammina’. Lui era preoccupato per noi, ma in famiglia non se ne parlava mai perché volevamo stesse tranquillo”, incalza nel ribadire come “i ragazzi per sconfiggere la mafia devono semplicemente fare il proprio dovere: rispettare le leggi e vivere nella legalità, perché la mafia è di per se illegalità. Giovanni ha sempre detto che la mafia buona non esiste, la mafia è sempre male. Diversamente dalle altre forme di criminalità, che si limitano solo a fare soldi con le loro attività, le mafie puntano a corrompere le persone, vogliono pervadere la società. Ricordatevi che le mafie non sono solo cose del Sud Italia: come dimostrano molti processi al Nord (Aemilia, ndr) questo tipo di criminalità è ovunque”.

Ma la criminalità finirà mai? “Io ci spero, Giovanni voleva la fine soprattutto della criminalità mafiosa, che in parte è stata decimata, perché le mafie non fanno solo crimini, si inseriscono nella società e la rendono illegale. Giovanni ci ha dato il modo e i mezzi di come combattere le mafie: la Dia e la Dda e la legislazione antimafia sono il frutto del lavoro di Giovanni. Giovanni ha sempre pensato che combattere la mafia è un modo per salvare la democrazia nel nostro Paese”, spiega Maria Falcone rispondendo a una domanda di studenti di Parma.

Sempre dal liceo di Parma una domanda chiara: “Ci sono stati legami tra la mafia e la P2 di Licio Gelli? Che poteri c’erano dietro alla strategia stragista mafiosa del 1992-1993?”. “Le inchieste dei magistrati ci hanno confermato che dietro alle stragi mafiose c’erano altri interessi. La mafia -spiega Maria Falcone- aveva deciso di uccidere mio fratello a Roma fuori da un ristorante, ma poi i sicari mandati a Roma per uccidere Giovanni sono stati richiamati in Sicilia in seguito a una riunione nella quale Totò Riina disse ‘non si fa più l’attentato a Roma perché altri mi hanno chiesto di fare altro’. Si parla di tante cose, io e tutti gli italiani saremmo felici di sapere cosa c’era dietro a quegli attentanti, ma ora non abbiamo nulla di chiaro dal punto di vista giudiziario”.

Ancora un ricordo personale: “Ho avuto paura per la mia vita e per quella dei miei figli che erano piccoli, ho però vissuto in serenità questa paura, forse perché sono molto cattolica. Anche io sono stata minacciata. Non mi sono mai sentita sola, però, e se continuo a fare quello che faccio è perché sento la gratitudine e la vicinanza di tutti, ogni volta che uno mi dice ‘grazie’ per quello che faccio, sento di dover di proseguire. Investiamo sui ragazzi perché devono avere delle idee in cui credere”.

Giovanni Falcone aveva degli amici? “Sì, c’erano, erano pochi e in gran parte sono quelli che non sono mai apparsi sul giornale. Io so chi sono. So chi sono quelli buoni e quelli cattivi”, ricorda la professoressa Falcone.

E il futuro? “Dopo il Covid arriveranno i soldi del Pnrr e la mafia li aspetta per intercettarli. Abbiamo gli strumenti e le forze dell’ordine e la magistratura per impedire che le mafie possano avere questi fondi dell’Europa che non devono finire alla criminalità ma servire per la crescita economica per il Sud a partire dalle nuove forme energetiche in modo che il Sud diventi un volano per l’economia italiana”.

(Luca Molinari)

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