La Regione è già impegnata per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, la proposta di un “Fondo regionale per la natalità” è superata dall’assegno unico previsto a livello nazionale. Con queste motivazioni, contenute in un ordine del giorno a firma Marilena Pillati (Pd) approvato dall’Assemblea legislativa, la maggioranza dei consiglieri regionali ha deciso il non passaggio alla discussione del progetto di legge della Lega a prima firma Matteo Montevecchi su natalità e politiche famigliari.
“Quello della natalità è un problema serio, lo è a livello nazionale e a livello regionale, vogliamo affrontarlo seriamente”, spiega Daniele Marchetti (Lega).
“Ieri, discutendo del Bilancio, lo stesso presidente della Regione Stefano Bonaccini ha detto che si è parlato poco di natalità, anche a sinistra: alle parole devono seguire i fatti, ma rilevo una contraddizione visto che dopo meno di 24 ore dalle parole del presidente c’è un ordine del giorno a firma Pd per non passare all’esame di una proposta di legge che parla di natalità”, spiega Montevecchi per il quale “il 2020 è l’anno in cui si è toccato il record negativo di nascite dall’Unità d’Italia a oggi. Il brusco calo demografico che vive il nostro Paese riguarda anche l’Emilia-Romagna in cui è evidente il trend di discesa delle nascite dal 2010 a oggi. Nel 2017 l’Emilia-Romagna ha registrato 33.011 nascite, nel 2018 i nuovi nati sono stati 32.400 mentre nel 2019 sono scesi 30.926. Il tasso di fecondità medio emiliano-romagnolo si è attestato all’1,3, per l’anno 2019, un tasso drammaticamente al di sotto della soglia che consentirebbe il ricambio generazionale. La politica ha il dovere di porre rimedio a questo fenomeno intervenendo con azioni mirate a tutela della natalità e della maternità, con particolare attenzione alle donne in gravidanza in difficoltà economica, che, data la precarietà economica e l’incertezza sul futuro, accresciuta anche dall’emergenza sanitaria, potrebbero essere indotte a interrompere la gravidanza”. Il leghista ha ricordato come come “da questa situazione è nata la necessità di presentare il progetto di legge “Sostegno alla natalità”, finalizzato a sostenere la natalità, le spese connesse alla cura e all’accoglienza del nascituro e a prevenire l’interruzione volontaria della gravidanza quando quest’ultima sia causata dall’incidenza delle condizioni economiche. “Attraverso questa proposta di legge -evidenzia il consigliere- si intende istituire il Fondo Regionale Natalità, che prevede l’erogazione di un Assegno Prenatale destinato ad alleviare i costi legati alla gravidanza e le spese relative alle primarie esigenze del bambino. In particolare, il contributo in questione viene raddoppiato nel caso in cui il nascituro sia affetto da patologie fetali o qualora il nucleo familiare richiedente comprenda uno o più minori fino al sesto anno di età, riconosciuti disabili gravi”. Altra finalità del progetto di legge –sottolinea il leghista– consiste nel sollecitare la Regione a promuovere politiche di welfare aziendale, attraverso la predisposizione di bandi di finanziamento per le aziende del territorio che si impegnano ad attuare iniziative di natura contrattuale o unilaterali da parte del datore di lavoro, volte a incrementare il benessere del lavoratore e della sua famiglia. Infine, conclude Matteo Montevecchi, “si chiede che la Regione istituisca un Elenco regionale di mutuo aiuto a cui i Centri per le Famiglie o le singole donne in gravidanza in difficoltà possano attingere, al fine di garantire un sostegno nei momenti di difficoltà che potrebbe tradursi in un contributo economico o in un aiuto nei lavori di cura dei bambini da parte di chi concede la propria disponibilità, iscrivendosi nell’elenco”.
Le motivazioni della maggioranza sono state espresse da Pillati per la quale “il calo delle nascite ha generato squilibri fra generazioni e non è un fenomeno degli ultimi anni e riguarda Paesi con elevati livelli di benessere. Non può essere affrontato con semplificazioni o scorciatoie o modelli di famiglia ideali. La denatalità tende ad autoalimentarsi: più il tempo passa più è difficile uscire da una spirale negativa. Non è tempo di misure spot, ma servono misure strutturali nel tempo e gli effetti si misureranno nel lungo periodo. Casa e lavoro per giovani incidono, ma dove le donne lavorano di più si fanno più figli. Vanno rafforzati strumenti conciliazione, congedi parentali per i genitori. Oggi c’è una legge che ha fatto tesoro di esperienze di altri Paesi. La legge 32 del 2022 fatta dal governo Draghi per la prima volta ha tenuto insieme politiche sociali e pari opportunità e mette al centro i giovani, l’educazione, le pari opportunità e dà prospettiva al Paese attraverso a assegno unico, sostegno a spese educazione, riforma congedi parentali, condivisione di carichi di cura familiari e investe su autonomia dei giovani e sostegno ad affitto della prima casa. Ma implementato solo assegno unico. Dobbiamo fare una battaglia per potenziare questi strumenti e tutti quelli previsti dalla legge: un figlio non costa solo nel primo anno di vita”. Per Pillati le bisogna operare per “dare garanzie nel tempo e non durare solo in una manovra finanziaria. Perché dare soldi da Regione fino a 12 mesi, quando esiste assegno unico? Meglio aumentare le risorse per l’assegno unico”.
Simone Pelloni (Rete Civica) ha affermato che “ci sono tante materie in cui la competenza è concorrente, ma la Regione può fare la propria parte. Il vero tema è che alla Regione piace essere la prima nel legiferare certe norme. Potevamo essere i primi anche per una legge sulla famiglia e di contrasto alla denatalità. Bisogna fare come ha fatto il Veneto: sarebbe ora, e i tempi sono maturi, presentare un progetto quadro sulla famiglia, un testo unico, e non tante leggi diverse”.
(Gianfranco Salvatori)