L’Emilia-Romagna è pronta ad aprire al rapporto con i privati “profit” per le iniziative di cooperazione internazionale, e si tratta di un “criterio di tipo meramente pragmatico”, perché “le risorse della Regione non saranno crescenti, anzi, e quindi è bene allargare le maglie della rete”.
Ad assicurarlo è l’assessore regionale al Welfare Elisabetta Gualmini, che oggi è intervenuta al termine dell’udienza conoscitiva- convocata dalla commissione Cultura formazionale lavoro sport e legalità presieduta da Giuseppe Paruolo– sul documento di indirizzo programmatico per il triennio 2016-2018, che lunedì sarà poi esaminato in commissione prima di arrivare in Aula alla fine di ottobre.
“Dall’Unione europea arrivano diverse sollecitazioni che spingono molto per la partecipazione del privato, in particolare delle imprese, a progetti di sviluppo dove, con l’aiuto delle Ong, è possibile provare a creare una filiera di produzione di tipo artigianale o agricolo- spiega Gualmini-. Crediamo nell’efficacia per i territori di questa scelta: le aziende interessate a investire portano guadagno principalmente proprio alle zone oggetto di intervento”.
Tra i vari inviti di Gualmini ai responsabili del terzo settore, “non confondere cooperazione, sviluppo e accoglienza” e anche “introdurre il concetto di co-sviluppo, ovvero iniziative che possano giovare sia alle popolazioni locali, magari con flussi migratori in uscita, che ai nostri territori: non possiamo far finta che aree come ad esempio il Nord Africa possano essere guardate con gli stessi occhi e la stessa visione di solo 10 anni fa”.
Ciò che serve, spiega la vicepresidente, “è una visione multi dimensionale e multi settoriale, pur confermando centralità all’azione regionale: per noi risulta più importante lavorare insieme all’assessorato alle Attività produttive, piuttosto che con gli uffici che si occupano di relazioni istituzionali”. I fondi regionali resteranno gli stessi, con un budget da circa un milione di euro, ma “tutto deve passare da un bando, in cui faremo confluire le nostre iniziative a eccezione di due piccole filiere di azione: per gli interventi di emergenza e per quelli strategici monotematici”.
E, sempre secondo questa logica, continua la vicepresidente della Giunta, “vogliamo vedere il problema della mancanza di anticipo, che ci viene imposto dalle norme nazionali, come una opportunità per le Ong per mettersi insieme: dobbiamo dire basta ai progetti finanziati a pioggia, in favore di collaborazioni tra enti locali e tante associazioni”. In ogni caso, rassicura, “questo documento non è una pietra tombale”.
Secondo Andrea Cortesi, portavoce di Coonger, il Coordinamento delle Ong dell’Emilia-Romagna, il programma è positivo perché “vuole valorizzare il sistema di cooperazione internazionale regionale”. Le principali preoccupazioni riguardano “la riorganizzazione del servizio regionale competente per la cooperazione internazionale”, “la disponibilità economica” e “l’anticipo per le spese che ora diventa totale”. Per quanto riguarda il coinvolgimento del settore profit, “ovviamente devono essere condivisi i valori, a partire dal modello sociale ed economico che vogliamo andare a ‘esportare’. Sia chiaro però che cooperazione internazionale non vuol dire internazionalizzazione delle imprese, che devono entrare nella condivisione di un percorso anche ‘politico’”.
Anche per Alessandra Guerrini, dell’Università di Ferrara, “i privati sono un aspetto positivo, ma bisogna chiarire come si intende coinvolgerli, e con quali punti fermi”. La ricercatrice ha poi chiesto in particolare chiarimenti sul supporto alla progettazione internazionale, e alla creazione di reti tra partner.
Bruno Marangoni, dell’Accademia nazionale di agricoltura, ha voluto “da tecnico fare i complimenti per una norma che sa finalmente coordinare, ciò che mancava da sempre: a volte ci ritroviamo a fare interventi in paesi senza che le autorità locali ne siano a conoscenza”. E ciò vale anche al contrario: “Bisogna agire nell’interesse dei territori, non frazionandoci tra associazioni, le azioni devono essere comuni e coordinate”.
Manfo Zangmo Mathurim di ER.GO si è concentrato “sul ruolo di ambasciatori dell’Emilia-Romagna nel mondo degli studenti internazionali che grazie agli accordi di cooperazione frequentano le nostre università”.
Fabrizio Pacifici dell’associazione “Aiutiamoli a vivere”, nata per seguire i bambini vittime delle conseguenze del disastro di Chernobyl, ha infine ricordato il lavoro delle associazioni che non si occupano solo di cooperazione internazionale ma anche di assistenza socio-sanitaria, spesso facendo trascorrere lunghi periodi di vacanza in Italia a ragazzi malati.
(Jacopo Frenquellucci)