Sindacati, associazioni di categoria, Terzo settore, centri di documentazione delle donne danno un giudizio sostanzialmente positivo all’obiettivo della proposta di legge alle Camere di Pd e Civici per diminuire le dimissioni volontarie dal lavoro quando si diventa genitori. Comune, soprattutto da parte dei rappresentanti del mondo imprenditoriale, è la richiesta di migliorare i servizi pubblici, a partire da quelli per l’infanzia. Le consigliere di parità, invece, hanno chiesto un loro maggiore e più chiaro coinvolgimento. Nel merito il progetto di legge propone l’introduzione di una “Naspi della conciliazione” e il più ampio recepimento della direttiva europea del 2019/1158 sulla conciliazione, con misure specifiche per piccole e medie imprese e la creazione di una rete pubblico/privato.
Giudizi e commenti sono emersi nel corso della commissione Giovani e scuola presieduta da Maria Costi. “La Regione Emilia-Romagna si è sempre contraddistinta per le sue politiche a sostegno della genitorialità e dei diritti. Ci occupiamo anche oggi di un diritto fondamentale come il poter conciliare la vita e il lavoro delle persone, in questo caso in primo luogo dei genitori”, spiega Costi.
A illustrare la proposta di legge è la relatrice di maggioranza Simona Lembi (Pd) che ricorda come “una madre che lascia il lavoro perché non riesce a conciliare famiglia e occupazione, è una sconfitta per tutti: il nostro obiettivo non è modificare un sistema che funziona in malo modo, ma smontarlo e ricostruirlo a vera tutela dei neogenitori. Oggi le indennità di disoccupazione (NASpI e altre indennità) mirano ad accompagnare le madri lavoratrici fuori dal posto di lavoro. Noi proponiamo, invece, di trasformare queste indennità in un ammortizzatore sociale. È un passo avanti verso un modello di società più equo e inclusivo: per questo ci muoviamo a favore di una legge: per nel campo del diritto e del lavoro, i buoni propositi non bastano”. Lembi ha anche risposto alle osservazioni emerse nel corso del dibattito: “Ringrazio tutti, le vostre parole dimostrano la vostra competenza e conoscenza dei temi. Non era scontato che i sindacati arrivino con una posizione unitaria sul tema, non era scontato aver ascolto i Centri delle donne”, spiega Lembi che conferma la disponibilità ad ascoltare e riflettere sulle proposte fatte in commissione dai soggetti che sono stati auditi.
Il dibattito
Laura Calafà docente di Diritto del lavoro e Diritto dell’Unione Europea all’Università di Verona evidenzia che “è fondamentale prevenire le dimissioni perché la conciliazione vita-lavoro ha dignità solo rivedendo il tema delle dimissioni. La conciliazione è un diritto che si esercita a livello di Unione europea e prevede una regola: è vietato discriminare le persone in funzione del loro esercizio genitoriale. L’istituto delle dimissioni è da rivedere e l’accompagnamento richiede una rete che non lasci da soli donne, genitori e aziende. La rete pubblico-privata deve dare risposte a una condizione che ha un impatto socialmente rilevante. Un grave difetto nei sistemi del passato è la mancanza di continuità, abbiamo bisogno di regole stabili nel tempo e di lavorare su categorie non oppositive come flessibilità-rigidità”.
Giuseppe Varricchio presidente del consiglio Regionale Ente nazionale sordi (Ens) Emilia-Romagna sottolinea come “per le persone sorde ci sono molte difficoltà e molti genitori sono costretti a dare dimissioni perché hanno figli o familiari sordi da seguire. Bisogna sostenerle anche perché a seguito delle dimissioni si trovano anche ad affrontare difficoltà economiche”.
Per Loretta Bertozzi socia dell’associazione Women network Forlì “questa proposta ha come punto di forza quello di ribaltare il concetto di convalida con quello di contrasto delle dimissioni, anche attraverso misure di conciliazione. Questo cambia in modo fortissimo l’approccio al tema della tutela sociale della maternità e paternità. Da percorso individuale si passa a percorso di rete locale di prossimità che si occupa del diritto a mantenere l’occupazione. La certificazione di genere e la capacità di fare, come soggetti politici, la valutazione dell’impatto di genere, sono straordinarie occasioni che ci consegna questa legge”.
Nunzia Imperato, presidente della commissione Pari opportunità di LegaCoop ER, ricorda che “il 70% di dimissioni sono presentate da neomamme e la forza di questa legge è sostenere le donne in un momento di vita importante non soltanto personale, ma anche professionale. Per noi l’inclusione fa parte della nostra ‘mission’ che punta su equità e inclusione. Dal punto di vista imprenditoriale, sostenere le lavorartici nel sistema della cooperazione è un grandissimo vantaggio. L’abbandono del lavoro è una sconfitta gravissima per donne e imprese perché significa perdita di competenze. Questa proposta di legge è quindi un primo passo che soddisfa il percorso che dobbiamo intraprendere”.
“Intervengo anche a nome delle colleghe di Rimini e di Piacenza che non sono potute venire con cui ci siamo confrontate. Invitiamo a inserire il tema conciliazione in tutti i tavoli di confronto attivi in Regione, a partire da quello per il lavoro. Occorre avere coerenza e fare un monitoraggio delle norme”, spiega Carmelina Angela Fierro, consigliera di Parità provinciale Provincia di Ravenna, che chiede “una rimodulazione del modello del lavoro e del welfare. Le aziende vanno aiutate a ripensare i propri contesti lavorativi facendo in modo che le persone siano considerate un valore. Serve anche ripensare i tempi di accesso alla Naspi in modo che siano più compatibili con quello delle attività delle consigliere di parità”.
Sonia Alvisi consigliera di Parità della Regione Emilia-Romagna rileva come “nel testo di questa proposta sia prevista una rete locale di prossimità senza considerare minimamente il ruolo delle consigliere di parità. La diramazione territoriale consentirebbe agevolmente di inglobare e accogliere le istanze di altri soggetti del terzo settore e del volontariato per contribuire e dare apporto nel valutare soluzione alternative alle dimissioni. Sul piano tecnico potrebbe essere preferibile mantenere un servizio ispettivo fuori rete quale organo terzo e dare maggiore considerazione alla rete delle consigliere di parità rimaste senza fondo nazionale. Sul tema flessibilità e lavoro agile devo rilevare un errore tecnico in questa proposta: non considera la disciplina generale. Si pensi all’aspetto cruciale dell’accordo individuale”.
“Grazie per averci coinvolto, quando un legge nasce dal basso è una legge che funziona come dimostrato quella sul Terzo Settore: questa è una bella legge, che affronta uno dei temi più importanti per la nostra comunità visto che la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro si basa da un lato sull’erogazione di servizi sempre più adeguati, dall’altro di agire anche sul piano normativo come fa questa legge”, Alberto Alberani, portavoce del Forum regionale del Terzo Settore.
Apprezzamento per la legge anche da Milena Schiavina, intervenuta a nome dell’Associazione Orlando, per la quale “si tratta di una buona legge e ringrazio Simona Lembi per il lavoro fatto e per averci coinvolto: guardiamo con grande interesse a questa proposta di legge che si impegna per un miglioramento della nostra comunità. Risolvere i problemi in questione può avere effetti anche sul tema demografico: ci sono studi che dimostrano che le coppie francesi (dove ci sono più servizi e leggi mirate, ndr) sono più propense a fare un secondo figlio rispetto alle coppie italiane. Nella mia vita di sindacalista ho visto troppe volte delle dimissioni volontarie di donne che volontarie non erano. L’obiettivo di questa proposta di legge è chiaro: tutelare la genitorialità e la continuità lavorativa”.
Isabella Pavolucci segretaria generale Cgil Rimini (in rappresentanza anche di Cisl e Uil) ribadisce come “il mercato del lavoro femminile mostra marcati tratti di precarietà e condizioni di disparità economica che si traducono non solo nella condizione di una lavoratrice oggi ma anche di una pensionata domani. Per questo troviamo apprezzabile che si sia posto il tema del contrasto alle dimissioni intervenendo sulle cause che determinano la necessità di una lavoratrice o un lavoratore di lasciare il lavoro. In tutto ciò la rete e la presa in carico devono essere tempestive. La legge deve valorizzare il ruolo della contrattazione in modo da agire sulle cause delle dimissioni in maniera preventiva”.
Martina Linguerri, consigliera di Parità della Città Metropolitana di Bologna, sottolinea che “la proposta di legge ha luci e ombre: bene la proposta sui part-time e l’introduzione a un diritto alla flessibilità in entrata e in uscita, così come la valorizzazione del lavoro agile. Bisogna affrontare in maniera diversa, invece, il tema delle dimissioni: non basta dirci le cose ovvie, serve avere servizi e strutture pratiche che diano sostegno ai genitori. Serve un maggiore ruolo per la consigliere di parità: chiedo che le consigliere di parità vengano inserite in questa proposta di legge, a partire dalla valorizzazione del nostro ruolo di ascolto”.
“Apprezziamo molto questa proposta di legge”, spiega Caterina Liotti intervenuta a nome del Centro documentazione delle donne di Modena, che ricorda come “dobbiamo affrontare il tema della diversa ripartizione dei carichi di lavoro tra donne e uomini nell’ambito famigliare che attualmente penalizza molto le donne. Abbiamo fatto molte esperienze, penso a quella chiamata ‘Tempo permettendo’, per affrontare questo tema. Serve un miglioramento strutturale dei servizi, bisogna dare la certezza della loro funzionalità reale, dei loro orari. Questo a partire dai nidi: non è possibile che i genitori non sappiano fino all’ultimo se il figlio è stato preso o meno al nido”.
Lorella Farina, consigliera nazionale AIDDa Emilia-Romagna (Associazione imprenditrici e dirigenti di azienda Emilia-Romagna), è netta: “Non è necessario intervenire cambiando le leggi in materia di dimissioni, ma che lo Stato crei le condizioni perché non ci siano problemi in questo ambito. Bisogna che lo Stato garantisca servizi educativi adeguati con orari adatti al mondo del lavoro e si permetta alle famiglie di scegliere le strutture in cui mandare i figli non solo in base a dove si vive, ma anche vicino al posto di lavoro”.
Caterina Fabris di Acli Bologna sottolinea che tra il 2023 e il 2025 su più di 4mila dimissioni cui il 40% sono state presentate da donne. La maggior parte si concentrano nella fascia di età 45-65 anni per conciliare la cura dei figli e dei genitori anziani. Molte donne dichiarano di cambiare lavoro ma non si tratta quasi mai di un avanzamento professionale e di carriera ma della necessità di avere maggiore flessibilità e ridurre i tempi degli spostamenti. Spesso però il nuovo lavoro ha meno tutele ed è meno pagato. Lo sviluppo dello smart working introduce nuovi margini di flessibilità e le nostre proposte vanno nella direzione di modelli di lavoro più flessibile, informazioni più chiare per le famiglie e sostegno alle imprese che favoriscono la conciliazione”.
Stefania Gamberini di Cna Impresa donna Emilia-Romagna commenta: “Condividiamo il problema ma non che la legge sia lo strumento più idoneo per affrontarla. Nonostante l’imprenditoria femminile stia crescendo, molte donne devono ancora scegliere tra maternità e autodeterminazione imprenditoriale. Inoltre, molte donne hanno difficoltà in fase di maternità ma moltissime altre hanno il problema del caregiving. Si rischia di tutelare un pezzo e lasciarne indietro un altro. Dobbiamo generare integrazioni e punti di vista comuni. A noi interessa la permanenza delle donne nel mercato del lavoro. La conciliazione non deve essere un tema solo delle donne. Va incentivato anche il compito di cura degli uomini. Si deve passare da conciliazione a condivisione. Proponiamo un tavolo strutturato di riflessione”.
“Le istituzioni devono fare in modo che le madri non debbano decidere se fare le madri o continuare a lavorare. Nella legge si fa riferimento a generici organismi di parità, ma esiste la rete regionali delle consigliere di parità, soggetti istituzionali. L’auspicio è che nel testo della legge ci sia un riferimento esplicito alle consigliere di parità”, spiega Annalisa Felletti, consigliera di Parità della Provincia di Ferrara.
“Gli argomenti posti da questa proposta di legge ci stanno molto a cuore perché sono alla base dei valori della cooperazione e della nostra attività. Va affrontato partendo dalle cause, ovvero tenendo legate le lavoratrici e i lavoratori al posto di lavoro. E questo lo si fa aumentando i servizi in modo da poter procedere a un riequilibrio dei carichi di lavoro famigliari”, Andrea Ceccardi di Confocooperative.
Per Emanuela Amodio della cooperativa sociale Kaleidos “le aziende dovrebbero includere il tempo dello studio e il tempo della cura”.
(Lucia Paci e Luca Molinari)



