L’Emilia-Romagna è la seconda regione in Italia per numero di violenze contro le donne. Il resto del Paese non è da meno e le principali emergenze in Italia sono le violenze contro le donne e i morti sul lavoro. È elevato l’allarme per le vittime che, dopo una prima denuncia, ritrattano. “Nonostante l’ottimo lavoro svolto da tutte le istituzioni coinvolte, l’Emilia-Romagna ha un numero di maltrattamenti superiore ai reati riferiti allo spaccio di droga, anche se lo spaccio è una pratica diffusa e minuta”.
È netta la procuratrice generale della Repubblica Lucia Musti nel portare il proprio contributo all’audizione della commissione Parità e diritti dell’Assemblea legislativa di una Regione “che comunque è da sempre considerata all’avanguardia nel contrastare questi fenomeni”. Per Lucia Musti le Procure emiliano-romagnole “lavorano presto e bene sui reati da codice rosso e la prova è sia nei protocolli interistituzionali siglati in tutte e dieci le procure del Distretto sia negli ordini di servizio che vengono consegnati alla polizia giudiziaria e che testimoniano la professionalità con cui si combattono questi fenomeni”. Per la procuratrice generale è fondamentale il ruolo educativo nei confronti degli uomini per contrastare la violenza sulle donne, “ma anche le donne devono acquisire una maggiore consapevolezza del proprio sé per avere più forza nel duplice ruolo che in questi frangenti le vedono contemporaneamente persone offese e testimoni. Quindi è fondamentale non ritrattare ciò che si è denunciato con fatica e dolore”.
A fare gli onori di casa il presidente della commissione Federico Alessandro Amico per il quale “questa commissione vuole fare un approfondimento del fenomeno della violenza maschile contro le donne. L’inaugurazione dell’anno giudiziario in Italia ha restituito numeri drammatici: fino agli anni ’90 si registravano fino a 1.900 omicidi l’anno, ma nel 2022 si è scesi a oltre 300, di cui, però, 112 riguardano donne. Quasi il 50 per cento. E 11 femminicidi sono avvenuti in Emilia-Romagna”. Amico ha ricordato che ai centri antiviolenza si sono rivolte oltre 3.700 donne e il 94% ha dichiarato di aver subito violenza. Di queste, 2.500 sono nuove vittime. In salita anche le denunce di maltrattamenti in famiglia”. Amico ha ricordato l’impegno della Regione che, “grazie all’assessora Barbara Lori ha stanziato un fondo integrativo di 1,5 milioni per il reddito di libertà, al fine di supplire alle risorse esigue del governo e ai vuoti normativi ancora irrisolti”.
Sulla stessa linea Barbara Lori, assessora regionale alle Pari opportunità, per la quale “bisogna aumentare la volontà di rafforzare una rete a sostegno delle vittime di violenza”.
A spiegare nei dettagli quanto fatto a Reggio Emilia è la prefetta del capoluogo Iolanda Rolli che ricorda come “a Reggio Emilia si lavora molto e si lavora bene, ci facciamo carico dei troppi femminicidi, abbiamo coinvolto gli ordini dei medici e dei pediatri, gli estetisti, le parrucchiere e gli artigiani per avere una rete sensibile sul territorio che possa fornire alle donne tutte le informazioni utili e di segnalare a chi di dovere i possibili casi di violenze di cui vengono a conoscenza”. La prefetta ha anche sottolineato come si stia lavorando su un secondo fronte, quello di spiegare ai ragazzi la gravità di eventuali violenze sulle donne e che il loro comportamenti deve presupporre il rispetto dell’altro e delle donne: “Un ragazzo deve capire che se da adolescente chiude una compagna di scuola in bagno è come se l’avesse sequestrata e che questo comportamento gli precluderebbe, da adulto, la possibilità di fare concorsi pubblici”. Importante, inoltre, il coinvolgimento, sempre a Reggio Emilia, delle associazioni di migranti e di quelle che fanno parte del dialogo interreligioso.
Sulla stessa linea l’assessora alle Pari opportunità e alla Cultura, Annalisa Rabitti, che ha illustrato le iniziative del Comune di Reggio Emilia. “La violenza sulle donne è un fenomeno trasversale e culturale che tocca tutta la comunità. La violenza non ha classe sociale e noi dobbiamo lavorare sui giovani” ha esordito. Le donne devono “imparare a riconoscere la violenza (il 90% avviene tra le mura di casa) che spesso comincia prima delle botte con imposizioni da parte del partner” ha continuato Rabitti. Diversi progetti hanno visto l’arte protagonista “per poter parlare alle donne e dire che dalla violenza si può uscire. Usando le parole di chi ha avuto il coraggio di ribellarsi, un’artista ha realizzato una carta da parati che, tra l’altro, è presente in una stanza della questura dove vengono accolte le donne che devono denunciare soprusi, questo per ricordare come la maggior parte delle violenze avvenga fra le mura domestiche”. Rabitti ha sottolineato l’importanza del sostegno come quello dato, dal 1976, alla Casa delle donna gestita dall’associazione NONDASOLA.
La presidente dell’associazione NONDASOLA, Federica Riccò, ha ricordato i dati del centro antiviolenza reggiano per il 2022: “sono 350 le donne che hanno richiesto un primo accesso alla struttura, di cui il 57% italiane, alle quali si sono aggiunte 67 donne già inserite nel percorso antiviolenza”. Riccò ha poi sottolineato il ruolo di fondamentale importanza del tavolo interistituzionale “soprattutto per l’approccio completamente votato alla centralità del ruolo della donna”. La presidente dell’Associazione, che gestisce il centro antiviolenza reggiano, sottolinea come “questo organismo coinvolge enti diversi per uno sguardo plurale e approfondito sul fenomeno della violenza, per un’azione che vada al di là del mero aspetto repressivo al fine di arrivare agli aspetti culturali più profondi”.
Netta la posizione della presidente del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna, Cristina Magnani, per la quale “noi aiutiamo a migliorare la posizione delle donne per far emergere la violenza di cui sono vittime. Purtroppo, spesso alcune querele vengono ritirate perché le donne non si sentono sostenute sia dal punto di vista psicologico sia, soprattutto, da quello economico. Il ricatto economico che spesso i maltrattanti attuano è enorme”. Magnani ha ricordato come i centri antiviolenza abbiano accolto 3.770 donne. Il 94% di queste ha subito violenze di cui l’88% psicologiche, il 64% fisiche e il 27% violenza sessuale, mentre sono 2.541 le donne accolte e quelle nuove sono state 1.099 “che significa una nuova responsabilità delle donne. Dal gennaio a ottobre 2022 sono state accolte nei centri 283 donne (+22%) e 261 minori (+9%)”. I centri antiviolenza hanno accordi con Enti locali, associazioni e sindacati per accogliere le vittime, ma anche per trovare sistemazioni per portatori di handicap e transessuali. Magnani, poi, ha mosso critiche all’intesa Stato-Regioni per l’adeguamento degli edifici dei Centri per il periodo di permanenza, che è limitato. Inoltre, la riforma Cartabia prevede misure di giustizia riparativa per la violenza di genere: “Diciamo di no, una vittima non può finire davanti a un mediatore”.
Nel dibattito scaturito dopo le audizioni, Valentina Stragliati (Lega) ha lodato tutte le testimonianze rese, così come ha sottolineato il ruolo di eccellenza della Regione Emilia-Romagna. “Sono molteplici le esperienze oltre a Reggio Emilia meritevoli di essere approfondite” ha evidenziato la consigliera, secondo la quale è di fondamentale importanza il coinvolgimento della scuola perché “i giovani di oggi, lasciati soli su questi temi, possono diventare gli uomini maltrattanti di domani”.
Per Roberta Mori (Pd) “quanto è stato raccontato oggi è la testimonianza dell’impegno costante dell’Emilia-Romagna sul tema della violenza alle donne al di là di ogni ricorrenza o caso di cronaca nel combattere ogni arretratezza ancora presente nella nostra società”. Per la consigliera dem “è fondamentale non girarsi dall’altra parte e a tal proposito varrebbe la pena riprendere le richieste delle associazioni che si occupano di violenza alle donne e portare in Conferenza Stato-Regioni la richiesta di un maggior coordinamento fra vari organi dello Stato”.
Francesca Maletti (Pd) sottolinea invece “l’importanza dell’uniformità culturale fra i vari apparati dello Stato nell’approcciare il tema della violenza alle donne sotto tutti i punti di vista e definire risposte sempre più puntuali e variegate in relazione agli innumerevoli bisogni che manifestano le donne maltrattate”.
(Luca Boccaletti, Gianfranco Salvatori e Luca Molinari)