Parità retributiva, oltre a una strategia più ampia di tutela e di promozione dell’occupazione femminile di qualità.
Sono due delle richieste contenute in una risoluzione e in una interrogazione presentate da due consigliere del Movimento 5 stelle, Giulia Gibertoni e Raffaella Sensoli, che chiedono alla Giunta di riconoscere nell’ambito del ‘Patto per il lavoro’, in via di definizione, l’esistenza di “molteplici cause che esasperano il divario retributivo tra donne e uomini” e che, di conseguenza, si attuino misure finalizzate a sensibilizzare imprese, organizzazioni pubbliche e private, oltre alle parti sociali, sulla necessità di colmare i divari esistenti.
Ulteriori richieste sono quella di inserire come “prioritario”, nel ‘Piano interno integrato delle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere’, “l’obiettivo della parità retributiva tra uomo e donna e quello di intervenire nelle sedi competenti perché sia rivista la legislazione previdenziale, introducendo correttivi che consentano di evitare che lo squilibrio salariale in essere tra uomini e donne si ripercuota, a distanza, sul sistema previdenziale”.
A supporto delle loro richieste, le consigliere segnalano che, secondo Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale, “il Fmi calcola una perdita di pil pari al 15 per cento in Italia a colpa della discriminazione delle donne”. In Italia, – scrivono le firmatarie dei documenti, riportando uno studio di Eurostat (l’ufficio statistico Ue) – “il gap si attesta a 7,3 per cento, piazzando il paese al 22esimo tra i peggiori per differenza di retribuzione uomo-donna tra i paesi dell’Unione europea, con un peggioramento dal 2008, quando era al 4,9 per cento, di 2,4 punti percentuali”.
“L’Emilia-Romagna, inoltre, – si legge ancora nei due testi – nonostante sia una regione dove il confronto tra le organizzazioni datoriali e sindacali è molto buono, i tratti discriminatori che le lavoratrici, siano esse emiliano-romagnole che migranti, incontrano sul lavoro si ripropongono in modo molto simile a quelli esistenti in altri ambiti territoriali e in altre regioni”, “permane, infatti, una differenza molto forte tra i salari, che oscilla tra il 12 e il 20 per cento e forse anche oltre”.
La differenza salariale avrebbe, secondo le esponenti M5s, “ripercussioni molto forti sia sul tenore di vita delle famiglia, sia sulla qualità della vita delle donne” oltre a conseguenze “a distanza sul sistema previdenziale”.
La riforma delle pensioni, infatti, “ha mutato dal 2012 il sistema di calcolo dell’assegno pensionistico, con l’entrata in vigore del sistema contributivo pro rata per tutti si andrà in pensione solo al raggiungimento di una soglia minima (età pensionabile pari a 66 anni per tutti dal 2018) e si riceverà un ammontare calcolato sulla base dei contributi versati, è evidente che il rischio per molte donne è che si trovino ad affrontare la vita senile in una condizione discriminante rispetto agli uomini”.
Al momento – concludono le consigliere – “nella nostra regione, nonostante sia stata approvata di recente una legge quadro per la Parità e contro le discriminazioni di genere, persisterebbero discriminazioni, disparità salariali, occupazionali e di carriera, cura e previdenziali che colpiscono le donne in particolare in età avanzata”. (AC)