Parità, diritti e partecipazione

Ricerca Ocse conferma: donne penalizzate nella formazione. Mori: azioni subito dopo il bilancio di genere

Seminario in Assemblea esamina il gap negli studi scientifici e nelle carriere delle studentesse. Presidente commissione Parità: “Non relegarle nei soli compiti di cura e insegnamento”

pari_opportunita_bilancio“Incidere sui fattori culturali che determinano le scelte di studio e formazione delle ragazze e ne influenzano il futuro professionale significa non solo aiutare l’affermazione della parità ma sostenere l’innovazione e lo sviluppo del Paese”. E’ quanto afferma Roberta Mori, presidente della commissione per le Pari opportunità, intervenuta al seminario Percorsi formativi e disuguaglianze di genere che si è tenuto a Bologna nella biblioteca dell’Assemblea legislativa per un confronto su quella che gli esperti chiamano “segregazione formativa” e che vede fin dalle scuole elementari le ragazze propendere e ottenere migliori risultati negli studi delle discipline di tipo umanistico e sociale, mentre per i ragazzi al contrario le materie preferite e in cui vanno meglio sono le scienze e la matematica.

“Fra qualche giorno– ha sottolineato Mori– discuteremo in commissione il primo ‘bilancio di genere’ della Regione: un importante traguardo per misurare le nostre azioni, adottate a partire all’entrata in vigore della Legge quadro sulla parità, e indirizzare al meglio i provvedimenti futuri. In questo senso i dati sul gap tra maschi e femmine nelle scelte di studio e lavoro offrono un interessante spunto. È necessario sostenere tutte le politiche di genere che in modo sistemico aiutino la concreta affermazione della parità fin dai primi anni di vita e aiutare le ragazze ad evitare le trappole culturali della ‘segregazione formativa’ che ancora oggi le relega poi professionalmente in settori tipicamente femminili come quelli dell’insegnamento e della cura”.

In Italia il 72% dei ragazzi contro il 66% delle ragazze si dichiara interessata all’apprendimento scientifico, hanno ricordato Stefania Mignani e Mariagiulia Matteucci dell’Università di Bologna citando la ricerca Ocse-Pisa (Programme for International Student Assessment) sui quindicenni riferita al 2015. In modo speculare nel nostro Paese- hanno segnalato- persistono significative differenze tra ragazzi e ragazze, in favore dei primi, per quanto riguarda i risultati conseguiti in matematica e scienze, mentre le ragazze raggiungono risultati migliori dei loro coetanei maschi nell’apprendimento linguistico. Dati che vedono l’Italia in coda alle classifiche dell’Ocse per quanto riguarda il gap culturale tra studenti e studentesse nelle performance raggiunte nelle discipline scientifiche rispetto a quelli umanistiche. Se questi sono i dati dell’indagine Ocse Pisa– ha fatto presente la ricercatrice Invalsi Marta Desimoni– non si osserva inversione di tendenza nelle ragazze rispetto alle materie scientifiche neanche dai dati che emergono dai test Invalsi.

Le differenze continuano e si amplificano all’università. Ad esempio negli atenei dell’Emilia-Romagna, secondo un’indagine Almalaurea del 2015, rispetto ai laureati di sesso maschile ci sono più laureate, con voti più alti, maggiore regolarità negli studi e con più competenze nelle lingue straniere. Ma a tre anni dalla laurea magistrale la percentuale di coloro che lavorano è superiore tra i ragazzi, che guadagnano anche di più e con contratti più stabili: coloro che ottengono un contratto di lavoro a tempo indeterminato sono in media per il 42,7% uomini contro il 32,7% tra delle donne. Rilevante anche il gap salariale: ad esempio per l’Ateneo di Bologna i laureati maschi guadagnano in media 1.435 euro mensili netti contro i 1.110 euro mensili percepiti dalle colleghe.

“Il pericolo– ha osservato Roberta Mori– è che se le politiche che si adottano non sono di sistema, le ragazze facciano scelte che non le valorizzino. Noi– ha concluso- immaginiamo una prospettiva importante di crescita e ci muoveremo in questa direzione”.

(Isabella Scandaletti)

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