“La Fiera di Bologna è intenzionata ad assumere tutti e 25 i lavoratori rimasti nella lista dei tempi determinati stagionali. Ove ciò fosse rifiutato, è prevista la massima flessibilità sulle forme di inquadramento e, oltre a un incentivo economico per uscire dalla lista, ammettiamo anche il mantenimento della stessa graduatoria con tutte le tutele previste anche se in una forma del tutto residuale”.
Molto netto il quadro fornito dal direttore generale di Bologna Fiere Antonio Bruzzone nel fare un resoconto alla commissione Politiche economiche presieduta da Manuela Rontini sullo stato della contrattazione in atto per risolvere i problemi sulla tutela e sulle condizioni lavorative che hanno prodotto gli scioperi di fine 2022.
Bruzzone ha poi ricordato i passaggi che hanno portato alla creazione delle diverse sigle che fanno parte del gruppo, rifiutando l’appellativo di “scatole cinesi” che solitamente viene affibbiato nei contesti di evasione fiscale e di scarsa tutela del lavoro in risposta ai dubbi avanzati dalla capogruppo Silvia Zamboni (Europa Verde) che richiedeva specifiche delucidazioni “su una matrioska di società estremamente complicata che potrebbe generare dubbi sul mantenimento dei reali livelli occupazionali”.
“Rispetto alle due società originarie Bologna Fiere e Bologna Fiere Servizi -ha specificato il direttore generale- si è proceduto a uno scorporo delle attività della società Servizi. La parte di allestimenti si è accorpata con una società di Padova dando vita a Henoto che attualmente si sta imponendo come realtà di primaria importanza nell’allestimento fieristico, come testimoniato da un bilancio non consolidato di 60 milioni. La parte di gestione di aree fieristiche, invece, è confluita in Wydex sempre nell’ottica del rafforzamento. A queste società si affianca poi l’attività di Viva Events partecipata da Bologna Fiere al 40% che gestisce lo staffing (personale) in molti expo del Nord Italia ma che a Bologna è presente solo con una quota di mercato del 10% e sempre avvalendosi di contratti assolutamente regolari e in linea con i mandati consegnati dai soci pubblici”.
Antonio Bruzzone, ribadendo come la contrattazione con le organizzazioni sindacali sia “aperta e in corso di svolgimento”, ha poi ribadito la volontà del management di adempiere alla “moral suasion messa in atto dai soci pubblici, tanto che si propone il passaggio da un reddito variabile tra i 1.800 e i 7.000 euro lordi per i lavoratori stagionali, a contratti a tempo indeterminato da 18mila euro annui”.
Silvia Piccinini (M5s) e Marta Evangelisti (Fdi), che avevano richiesto l’audizione in due momenti distinti, hanno preso atto delle risposte date dai vertici di Bologna Fiere. Piccinini ha sottolineato come “il tema dei lavoratori precari di Bologna Fiere sia ormai un tema ricorrente a cui bisogna dare una risposta definitiva così come da indirizzo politico consegnato anche di recente alla giunta regionale”, mentre Evangelisti, nel ricordare come “si debba mantenere la lista in caso di specifica richiesta dei lavoratori interessati” ha auspicato anche l’audizione delle organizzazioni sindacali “ove si registrassero ulteriori problemi nella contrattazione in atto”.
L’assessore allo Sviluppo economico Vincenzo Colla, nel chiudere il dibattito, ha sottolineato come la realtà dell’expo bolognese “sia ben lontana da uno stato di crisi o di licenziamenti. C’è piena fiducia nel nuovo management e le prospettive del gruppo, da oltre 700 dipendenti, sono di decisa crescita. È evidente ciò che sta accadendo a Bologna: a un core business (quello delle fiere) si sta affiancando un secondo business rappresentato dagli allestimenti e ciò attraverso il rafforzamento di società già esistenti come espressamente richiesto dai soci pubblici del gruppo. Qui non c’è alcuna precarietà, ma si sta discutendo della stabilizzazione con grande elasticità di 25 lavoratori stagionali”.
(Luca Boccaletti)