L’Assemblea legislativa regionale ha respinto la richiesta – avanzata dal Gruppo M5s – di due referendum abrogativi delle parti dell’articolo 35 del Decreto Sviluppo (del 2012) e dell’articolo 38 del decreto Sblocca Italia (2014) che consentono il primo la ripresa di attività di ricerca di idrocarburi, prevedendo, il secondo, la competenza sulle autorizzazioni sostanzialmente in capo allo Stato. Contrari alle due richieste di consultazione referendaria Pd, Fi e Fdi-An, mentre hanno votato a favore M5s, Ln, Sel e AltraER
L’Aula ha invece approvato una risoluzione del Pd, primo firmatario Gianni Bessi, che punta alla modifica della normativa nazionale (il documento è passato con i voti del Pd, contrari M5s, Ln e Sel, astenuti Fi, Fdi-An e AltraER) e bocciato una risoluzione del M5s, primo firmatario Andrea Bertani, a sostegno dello svolgimento dei due referendum abrogativi (no del Pd, sì di M5s, Ln, Sel, Fi e AltraER, astensione di Fdi-An).
Il dibattito ha visto il delinearsi di posizioni definite.
Al centro della risoluzione del gruppo M5s, ha spiegato Andrea Bertani, “c’è la necessità di promuovere una piena e esaustiva informazione sul contenuto dei quesiti referendari, su forme e data del voto, ma anche sul valore e le specificità di questa modalità di consultazione popolare e di partecipazione diretta dei cittadini alle scelte legislative”. Nel testo si rileva “l’importanza delle materie trattate dal referendum per il futuro della comunità regionale, sempre più attenta all’ambiente e consapevole che il futuro dell’energia non è nei combustibili fossili ma nelle fonti rinnovabili”. Due, ha specificato il consigliere, sono gli articoli contestati, “l’articolo 35 del cosiddetto ‘Decreto Sviluppo’ e l’articolo 38 del Decreto ‘Sblocca Italia’”. Il primo articolo, “stabilisce formalmente l’impossibilità di cercare e estrarre idrocarburi, in futuro, entro le 12 miglia marine, ma fa anche ripartire immediatamente i procedimenti bloccati da un precedente decreto (128/2010) proprio per la loro vicinanza alla costa”. L’articolo 38, invece, “semplifica gli iter autorizzativi per le trivellazioni, spogliando di ogni potere le istituzioni territoriali”. Sostenere la richiesta referendaria, quindi, ha concluso Bertani, “rappresenta lo strumento per bloccare le trivellazioni e dare voce ai cittadini”.
Oltre a Bertani, sempre per il M5s sono intervenute Silvia Piccinini e Giulia Gibertoni, che hanno evocato “il pericolo per l’ambiente e la stabilità del sottosuolo delle trivellazioni in Adriatico, a fronte di un ritorno economico assai modesto per i territori e i cittadini”. Dato che “lo Sblocca Italia espropria le Regioni e gli enti locali dalle scelte strategiche in materia di energia- hanno concluso- dare voce ai cittadini significa ripristinare il corretto circuito democratico”.
“La nostra risoluzione- ha invece evidenziato Gianni Bessi (Pd)– invita la Giunta, nell’ambito dei lavori per la redazione del nuovo Piano energetico regionale e del relativo piano attuativo, ad approfondire gli aspetti strategici sia per le fonti energetiche tradizionali, sia per gestire la fase di transizione verso le energie rinnovabili”. Inoltre, chiede “di migliorare i livelli di efficienza energetica per ridurre i costi della bolletta energetica per cittadini e imprese, di puntare su un mix energetico efficiente e ad alta sostenibilità, di promuovere un sistema per favorire l’integrazione delle diverse modalità di produzione energetica, di sostenere le attività di ricerca sulle energie rinnovabili e di prevedere risorse adeguate per la ricerca in campo energetico e a favore di imprese e tecnopoli”. Considerato, infine, che “l’articolo 38 dello ‘Sblocca Italia’ presenta profili che ne rendono difficile l’interpretazione e l’attuazione”, Bessi ha sottolineato come la risoluzione impegni la Giunta “a proporre al Governo l’avvio di un percorso di revisione complessiva della normativa nazionale in materia di estrazione di idrocarburi che trovi la condivisione dei governi regionali e delle comunità territoriali e che sappia armonizzare il sistema nazionale in linea con le direttive dell’economia blu e dello sviluppo sostenibile”.
Mirco Bagnari (Pd) ha rimarcato come “lo strumento referendario sia di dubbia utilità, dato che rischia di innescare conflitti istituzionali e contrapposizioni ideologiche su temi come l’energia e l’ambiente che debbono potersi coniugare in modo equilibrato”. È vero, ha concluso, che “il futuro, anche in termini occupazionali, sono la green economy e le fonti rinnovabili, ma nella fase di transizione in cui ci troviamo non possiamo dismettere frettolosamente le fonti fossili e l’economia che vi ruota attorno”.
Il capogruppo Ln, Alan Fabbri, ha sottolineato come “il vero tema posto dai quesiti referendari sia la rappresentanza democratica e l’ascolto dei territori”. Il “sì” ai referendum, quindi, “serve ad arginare la deriva neo centralista del Governo Renzi, che, dopo le Province, mira a depotenziare anche le Regioni e al tentativo di ridare voce ai territori e ai cittadini su questioni cruciali come la tutela dell’ambiente e la produzione di energia”.
Il capogruppo Fdi-An, Tommaso Foti, premettendo che “l’energia è materia strategica per il Paese e quindi deve essere di competenza dello Stato”, ha evidenziato come “nei due decreti nazionali vi siano indubbie criticità, che, però, vanno risolte per via legislativa e non attraverso referendum”. Inoltre, “il problema della dipendenza energetica dell’Italia dall’estero e del costo dell’energia per le imprese è ineludibile, pertanto un piano nazionale dell’energia non è più rinviabile”. Infine, ha concluso, “è auspicabile che il Governo, prima di assumere decisioni, coinvolga in modo più efficace le Regioni e gli enti locali”.
Igor Taruffi, capogruppo di Sel, ha ricordato che “dare la parola i cittadini è l’essenza della democrazia e il conflitto istituzionale non nasce con i quesiti referendari, bensì con la riforma del Titolo V della Costituzione, che ha prodotto confusione nella ripartizione di competenze e funzioni tra Stato e Regioni”. Se si vuole andare verso la green economy, ha concluso, “bisogna avere il coraggio di cominciare a rendere residuale l’energia prodotta da fonti fossili”
Il capogruppo AltraER, Piergiovanni Alleva, ha evidenziato come “le richieste di referendum storicamente aiutino a trovare soluzioni legislative in grado di evitare la consultazione”. Al di là di questo fattore, ha sottolineato, “aprire la strada al pronunciamento dei cittadini significa attivare il circuito democratico e non, come paventa il Pd, evitare, da parte degli amministratori regionali, di assumersi responsabilità decisionali”.
Ha concluso il dibattito generale il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, che ha evidenziato come “per raggiungere il traguardo dell’economia verde occorra coniugare ambiente ed energia, ricerca e occupazione, proprio come sta facendo la Regione”. Nella consapevolezza “che le norme nazionali devono essere corrette – l’articolo 38 è confuso e in alcune parti inattuabile – chiedo all’Assemblea legislativa un mandato pieno a porre all’attenzione della Conferenza Stato Regioni e unificata l’apertura di un tavolo per modificare le norme vigenti e lavorare, partendo dalle esperienze positive dell’Emilia-Romagna, alla predisposizione di un piano energetico nazionale”.
Nell’annunciare il voto favorevole del Pd alla risoluzione sottoscritta dallo suo stesso Gruppo e il voto contrario a quella del M5s e ad entrambe le richieste di referendum, Stefano Caliandro, capogruppo Pd, ha ribadito come “proprio l’assunzione di responsabilità in capo a noi consiglieri regionali ci impegna a risolvere i problemi e non a demandarli ai cittadini”. È per questo che “sosteniamo con determinazione l’azione del presidente Bonaccini”.
(lg) (ac)