Con il voto favorevole dei consiglieri Pd, l’astensione di Sel, il voto contrario di Lega, Fi, Fdi-An, M5stelle e Altra-Er, l’Aula ha approvato una risoluzione che impegna la Giunta a sollecitare “la condivisione del piano industriale” e agire “per la salvaguardia dell’occupazione e per il rilancio del sistema fieristico di Bologna”, come realtà “indispensabile al sistema delle Pmi e all’occupazione che direttamente o indirettamente è ad esso connessa”.
Il documento, che ha come primo firmatario il capogruppo Pd Stefano Caliandro, invita l’esecutivo regionale a “sostenere il percorso di confronto tra azienda e sindacati già attivato, che ha permesso il ritiro della procedura di mobilità per i lavoratori”.
La Fiera di Bologna, è scritto nella risoluzione, è una delle principali fiere italiane e, a fronte di un contesto generale in forte evoluzione, necessita di una ristrutturazione in grado di trattenere le principali manifestazioni fieristiche e di acquisirne altre in una ottica di ulteriore rilancio: di qui, la necessità di un bilancio e di un progetto industriale che coniughino rilancio, sviluppo e redditività e che la rendano protagonista nel panorama internazionale, ma questi obiettivi “non sono raggiungibili con un esclusivo taglio dei costi del personale”. Nel corso dell’estate, si era verificata “l’attivazione di una procedura di mobilità per 123 lavoratori della Fiera, su cui si era subito concentrata l’attenzione della Giunta e dell’Assemblea legislativa”. Tuttavia, “grazie all’intervento delle istituzioni, la procedura di mobilità è stata formalmente ritirata”, “risultato ottenuto- si legge nel testo- anche grazie all’intervento concreto della Giunta e del gruppo PD in Assemblea”, ed è in programma per il 5 ottobre prossimo un incontro tra la Città metropolitana, il Comune di Bologna, la Regione, i sindacati e i vertici della Fiera, per la presentazione del piano degli investimenti, propedeutico alla definizione del piano industriale.
Sullo stesso argomento è stata respinta una risoluzione presentata a suo tempo da Silvia Piccinini (M5s), Daniele Marchetti (Ln) e Igor Taruffi (Sel). Si proponeva di impegnare Bologna Fiere alla definizione di un piano industriale che garantisca la salvaguardia dei posti di lavoro, subordinando “ogni ipotesi di tagli al personale alla definizione di un quadro di riduzione delle spese per le indennità dei soggetti con più elevate responsabilità di indirizzo, amministrative e gestionali e di subordinare ogni ipotesi di incremento delle quote societarie detenute dall’Amministrazione regionale a a prospettive di tutela e di crescita dell’occupazione nella società partecipata”.
Il dibattito
Daniele Marchetti (Ln) ha riconosciuto come dal momento della presentazione della risoluzione da lui sottoscritta sia avvenuto un fatto positivo: il ritiro dei licenziamenti annunciati. “Un fatto positivo ma non privo di ombre, la Fiera di Bologna ha perso manifestazioni importanti e non è affatto chiaro cosa si intenda fare in futuro. Si resta in attesa di un piano industriale e manca la necessaria trasparenza, se anche i consiglieri regionali faticano a ottenere i documenti”. È poi inaccettabile che il Pd si assuma il merito del ritiro dei licenziamenti, visto che porta e ha portato tutte le massime responsabilità nella gestione della società Bologna Fiere.
Il voto contrario della Lega è stato poi ribadito da Marco Pettazzoni e Massimiliano Pompignoli, che hanno invitato la Giunta a chiarire dove si possa intervenire per un effettivo contenimento dei costi di gestione e per evitare gli sprechi. Inoltre, la Regione dovrà presto chiarire come intende procedere sulla maggiore sinergia o sulla fusione delle fiere di Bologna, Parma e Rimini.
Per Silvia Piccinini (M5s), la maggioranza di questa Assemblea si è limitata ad aspettare che i cosiddetti “esuberi” venissero ritirati. Ciò sarebbe avvenuto per l’impegno dei lavoratori e la costante iniziativa dei gruppi di opposizione. “Ma non ci si può mettere il cuore in pace: resta una forte ambiguità della Regione sul futuro della Fiera. La risoluzione del Pd appare come la tipica autoassoluzione di chi porta tutte le responsabilità sulla situazione assai critica che si è determinata”.
Desolante accapigliarsi sul merito del ritiro dei 123 licenziamenti, ha detto Stefano Caliandro (Pd); senza disconoscere il ruolo delle minoranze, ha ricordato che il Pd da mesi ha presentato un progetto per una complessiva riforma del sistema fieristico regionale. “Agendo con responsabilità, il Pd ha subito espresso la convinzione che gli esuberi fossero sbagliati ed evitabili. E la Giunta e il suo Presidente hanno agito quotidianamente per pervenire al risultato che oggi andrebbe da tutti valorizzato”.
Annunciando il suo voto contrario sul documento Pd, Galeazzo Bignami (Fi) ha rimarcato come questa assunzione di merito potrà ribaltarsi di qui a un anno, quando alcuni nodi verranno al pettine. “Non c’è un piano industriale per la Fiera di Bologna, chi è chiamato a gestirla non fa che barcamenarsi fra le richieste dei soci privati e le contraddizioni dei soci pubblici”. Bene aver evitato i licenziamenti, ma intanto nessuna scelta strategica è stata compiuta, la Fiera continua a perdere competitività ed è auspicabile che sia il gruppo Pd a chiedere l’immediata audizione in commissione dei vertici della società.
La vicenda occupazionale non è chiusa, ha sostenuto Igor Taruffi (Sel), si è finora riusciti a scongiurare una soluzione sbagliata, grazie alle lotte dei lavoratori più direttamente coinvolti. “Era e rimane inaccettabile scaricare gravi errori di gestione sui lavoratori, ma ora serve un vero confronto sull’annunciato piano industriale, un piano che ancora non c’è come affermano anche i soci privati”. Favorevole all’aumento della presenza di capitali pubblici nell’assetto azionario, il consigliere ha chiesto un confronto in commissione con i vertici di Bologna Fiere.
Pier Giovanni Alleva (Altra-Er) ha affermato che “la messa in mobilità di 123 lavoratori è stata una provocazione. Si sapeva di dover fare marcia indietro, ma il vero obiettivo è esternalizzare un pezzo dell’organizzazione fieristica, precarizzando il lavoro”. Questa intenzione tornerà presto a galla, e forse la soluzione proposta sarà quella di coinvolgere soggetti del movimento cooperativo, a cui appaltare servizi essenziali, a costi inferiori. Come si atteggerà la Regione? Per il consigliere, questo conflitto riporta all’attenzione la questione del rapporto pubblico/privato nella gestione della società, ed è sua convinzione che vada rafforzata la presenza pubblica nel capitale sociale.
L’Assessore alle Attività produttive Palma Costi ha rivendicato il fatto che la Giunta abbia sempre chiesto ai gestori di Bologna Fiere un piano industriale e degli investimenti prima di mettere in discussione i posti di lavoro. “L’obiettivo dei soci pubblici rimane invariato: la Fiera rappresenta uno strumento fondamentale per il sistema produttivo bolognese, in particolare per le piccole e medie imprese e i loro progetti di internazionalizzazione”. È necessario che le fiere di Bologna, Parma e Rimini, anziché farsi concorrenza fra loro, sviluppino una migliore cooperazione strategica, fatta salva la loro totale autonomia. L’assessore ha poi ribadito l’impegno della Regione a contribuire a rimettere mano al quartiere fieristico e a incrementare la quota di capitale pubblico.
(Rudi Ghedini)