C’è un uomo seduto sul Nettuno di Bologna, appoggiato alla statua dalla quale sventola una bandiera della pace. E poi c’è un sit-in, precursore dei moderni flash-mob, con bici e giovani lanciati a terra lungo via Indipendenza. Un carro armato dipinto con i colori della pace si staglia su uno sfondo grigio fumo in Iraq. Sono solo alcune delle foto di Luciano Nadalini, parte della mostra “Movimenti per la pace” che verrà inaugurata domani in Assemblea legislativa alle 13.
A tagliare il nastro, oltre alla padrona di casa e presidente dell’Assemblea,Simonetta Saliera, ci sarà anche l’arcivescovo Matteo Maria Zuppi, Yassine Lafram e Daniele De Paz, i due presidenti della comunità islamica ed ebraica di Bologna e Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna. La mostra verrà ospitata in viale Aldo Moro 50 fino alla fine di ottobre 2016; un messaggio forte e chiaro da parte di un’istituzione che ha il dovere di proteggere e custodire un diritto, quello alla pace, sancito dalla Costituzione. La presenza dell’arcivescovo e dei due rappresentanti delle comunità religiose non è un caso, come spiega Saliera, visto che “per tutte le religioni, e anche per chi non crede, la pace è un segno di amore e uguaglianza universale. Nel nome di Dio si predica sempre la pace, mai la guerra”.
“La paura ci fa erigere muri e ci fa credere di essere nel giusto e invece deforma la realtà”, dichiara al Servizio informazione dell’Assemblea l’arcivescovo Zuppi. “E’ vero il contrario. Se siamo uniti, la pace vince sempre. Se apriamo gli occhi invece di chiuderli, scopriremo che la pace non è ingenuità, ma è possibile, e l’unica via è cercarla e difenderla sempre”.
“La pace non è mai frutto di un compromesso,” aggiunge anche Lafram, presidente della comunità islamica. “Tutti i diritti devono essere garantiti sempre, anche per le minoranze. Purtroppo però la pace non cade dal cielo: la facciamo noi uomini, così come noi uomini dichiariamo le guerre. Per questo dobbiamo impegnarci a difenderla”.
E le guerre non sono ancora finite, anche se dopo i due conflitti mondiali nutrivamo quest’illusione, riprende la presidente Saliera. “Abbiamo iniziato ad aggiungere aggettivi di fianco alla parola guerra, – guerra intelligente, guerra umanitaria, – per renderla socialmente accettabile. Con tutto quello che ne consegue: fame, morte, distruzioni e migrazioni,” spiega Saliera. “L’antidoto a questa nuova barbarie può essere solo un’educazione alla pace”. Un’educazione che passa anche attraverso questa serie di scatti ad opera del grande fotografo emiliano, protagonista attivo nella storia della città.
E le foto, foto “sporche”, che testimoniano un vissuto, parlano chiaro. “La storia di Luciano Nadalini, fotografo e cittadino socialmente impegnato, dice Saliera, “racconta come si possa contribuire, anno dopo anno, a costruire una cultura della pace denunciando gli orrori della guerra. Questa mostra nasce anche come omaggio a tutti i cittadini che non hanno mai rinunciato all’impegno civile e politico per dare anima e corpo all’articolo 11, quello che dice che l’Italia ripudia la guerra”.
La parola al fotografo, Luciano Nadalini
“Di pace ormai non parla più nessuno, si parla solo di guerra”. Luciano Nadalini, spiega così alServizio informazione e comunicazionedell’Assemblea, il perché della sua mostra “Movimenti per la pace”. Il fotografo emiliano, classe 1951, ha documentato 30 anni di storie di strada a Bologna e in Italia, e realizzato servizi fotografici in vari paesi del mondo. Ha lavorato per l’Unità, l’Espresso, Panorama, Famiglia Cristiana ed il Venerdì di Repubblica. “Il mestiere del fotografo negli anni è cambiato,” afferma Nadalini, “oggi tutti possono fare foto, ed è giusto così perché l’informazione non ha bisogno di qualità, ma di documentare un fatto”. Dai missili contro Lampedusa del 1986, ad Action for Peace, dalla giornata mondiale per la pace del 2003 ai sit-in di Piazza Nettuno a Bologna per la liberazione di Simona Pari e Simona Torretti; le foto della sua mostra ripercorrono vent’anni di cortei e striscioni portatori di messaggi universali contro i nuovi conflitti che scoppiavano in Iraq, nei Balcani, in Congo e in Colombia. Cessate il fuoco, Uniti contro la guerra, Un’altra Europa è possibile, Liberiamole: speranze che diventano patrimonio di una memoria collettiva. Di queste foto Nadalini non ne ha una preferita: “per me non esistono foto di serie A o B” ci racconta “se ho scelto di raccoglierle tutte, è perché ritengo che tutte abbiano uguale importanza”. Aggiunge: “L’importante è non dimenticarsi di parlare della pace, anche per capire come va il mondo”.