Un Comune, inserito in un progetto di fusione di Comuni, i cui cittadini, in occasione del referendum consultivo, si esprimano a maggioranza contro l’istituzione di un nuovo Comune unico, viene automaticamente escluso dall’iter di fusione. Ciò senza pregiudicare la fusione fra gli altri Comuni in cui sia prevalso il ‘sì’ alla fusione. È questa la modifica più significativa alla legge regionale in materia di riordino territoriale e di sostegno alle unioni e fusioni di Comuni contenuta nel progetto di legge, sottoscritto da Galeazzo Bignami e Enrico Aimi (Fi), che è stato esaminato nella seduta odierna della commissione Bilancio, affari generali e istituzionali, presieduta da Massimiliano Pompignoli. Il disegno di legge, di cui è relatore Bignami, è stato respinto in forza del voto negativo di Pd, gruppo misto-Mdp e Ln, mentre Fi, M5s e Fdi-An hanno votato a favore.
Il progetto di legge – spiega il relatore Bignami – è dettato dall’esigenza di contemperare la volontà delle popolazioni che intendono proseguire nel percorso di fusione con la volontà di quelle popolazioni che, al contrario, ritengono di non dover aderire alla proposta di istituzione di un nuovo Comune unico. Un bilanciamento degli interessi e delle posizioni in gioco – evidenzia il capogruppo di Fi – di cui il legislatore regionale deve necessariamente farsi interprete, in quanto, stando alle norme vigenti, attualmente le popolazioni dei comuni demograficamente minori sono di fatto vincolate negli esiti finali alle determinazioni dei comuni maggiori. Una situazione – precisa il consigliere – che, in caso di fusione di Comuni, prefigura il rischio, peraltro già concretizzatosi, che nei futuri consigli comunali le popolazioni dei disciolti comuni demograficamente minori rimangano prive di rappresentanza. Da qui la proposta di modifica della legge regionale, attraverso la quale – conclude Bignami– “si intende ulteriormente rafforzare la volontà popolare e il coinvolgimento dei cittadini nel percorso che porta all’istituzione mediante fusione di nuovi Comuni, nella convinzione che le nuove entità locali debbano nascere su presupposti di condivisione e partecipazione, pilastri fondamentali di ogni democrazia”.
Gian Luigi Molinari (Pd) annuncia il ‘no’ alla proposta di Fi. L’obiezione poggia sulla considerazione che ogni fusione fra Comuni ha alla base un progetto tecnico-giuridico e uno studio di fattibilità che configurano, per il nuovo Comune derivante dalla fusione, una precisa morfologia territoriale e uno specifico assetto amministrativo e istituzionale. Questo progetto e questo studio di fattibilità – spiega – risulterebbero stravolti se, come propone Fi, nel caso di fusione fra tre o più Comuni, dopo il voto contrario espresso al referendum consultivo dalla popolazione di un Comune, si consentisse la prosecuzione del processo di fusione fra i Comuni in cui è prevalso il ‘sì’. Bisognerebbe prevedere – conclude il dem – una revisione del progetto e dello studio di fattibilità iniziali, ricalibrati per una fusione ‘a due’, e un nuovo referendum consultivo; modalità, però, non contemplate dalla proposta legislativa dei forzisti.
Tommaso Foti (Fdi-An), in risposta a Molinari, evidenzia come, a legislazione regionale vigente, nel caso di una fusione fra tre Comuni, qualora al referendum consultivo prevalesse il ‘no’ in un Comune, si procederebbe ugualmente all’istituzione del nuovo Comune, di fatto realizzando un’annessione. La proposta di modifica alla legge regionale avanzata da Fi – conclude – ha il merito di evitare che le fusioni fra Comuni avvengano per annessioni forzate.
Andrea Bertani (M5s) esprime apprezzamento per il progetto di legge illustrato da Bignami, in linea con analoghe proposte dei pentastellati. Si tratta di una proposta legislativa – sottolinea – che tutela sia chi rifiuta la fusione sia chi la vede con favore. Non si stravolge l’esito referendario – conclude – e si favorisce il percorso di fusione fra chi ci sta.
Alessandro Cardinali e Gian Luca Sabattini (Pd), nel ribadire l’orientamento contrario dei democratici al disegno di legge, ricordano come un processo di fusione fra Comuni non abbia solo una valenza istituzionale e amministrativa, ma anche culturale e identitaria. Il progetto e lo studio di fattibilità alla base del processo – sottolineano – tengono conto di questo profilo civico. Procedere ‘a geometria variabile’ quando un Comune si sfila, come prevede Fi, – concludono – fa passare il messaggio che la fusione sia una mera scelta politica.
Gabriele Delmonte (Ln) ricorda i principi guida della Lega in tema di fusioni di Comuni: chi non vuole la fusione non può essere annesso; la fusione deve avvenire nel pieno rispetto del progetto tecnico-giuridico e dello studio di fattibilità. Il progetto di legge di Fi – evidenzia – salvaguarda il primo principio ma non il secondo. Proseguire nel processo di fusione quando un Comune si sfila – conclude – significa, quindi, tradire il voto popolare, dato che vengono meno i presupposti sui quali i cittadini si sono espressi in occasione del referendum consultivo.
(Luca Govoni)