“Se l’obiettivo è la semplificazione amministrativa, allora bisogna perseguirla attraverso un percorso di riforma organica, con onestà e trasparenza riguardo all’obiettivo finale”. E ancora: “Per semplificare bisogna avere un quadro conoscitivo completo della materia sulla quale si vuole intervenire e riguardo agli adempimenti che si vogliono eliminare”. Infine: “Il tempo più lungo è quello iniziale, nel quale occorre effettuare una mappatura dell’ambito d’intervento; diversamente, il risultato è quello di una nuova norma che, però, deve essere sostituita con altri adempimenti”.
Sono alcune delle indicazioni fornite dal professore ordinario Dipartimento di Scienze Giuridiche Diritto amministrativo e pubblico dell’Università di Bologna e Direttore della Scuola di Specializzazione in Studi sull’Amministrazione Pubblica (SPISA), Marco Dugato, durante l’audizione tenuta in commissione Statuto e Regolamento, presieduta da Emma Petitti. “Gli insuccessi di alcune riforme amministrative – ha sottolineato il docente – sono spiegabili ed erano scritti all’origine”. E poi un monito: “Non si può riformare pensando che la riforma permanga per sempre: i tempi sono uno dei parametri di valutazione”.
A presentare l’argomento è stata la presidente della VII Commissione, Emma Petitti: “La commissione di oggi è volta ad approfondire il tema della semplificazione nella Pubblica Amministrazione. Si tratta di un argomento centrale per tentare di innalzare la sua performance. In questa audizione stiamo facendo un lavoro concertato e, anche sotto suggerimento del vicepresidente Francesco Sassone, abbiamo pensato di invitare il professor Dugato”.
Secondo Dugato ci sono quattro elementi costanti nei fallimenti della Riforma: la distonia tra gli obiettivi dichiarati e quelli perseguiti, in quanto la semplificazione è un obiettivo costantemente dichiarato ma che non viene concretamente perseguito. Il secondo, riguarda la chiarezza sulle risorse: si può riformare a costo zero, a condizione che gli obiettivi a costo zero siano credibili. Terza criticità i tempi: riforme ben congeniate falliscono per la contrazione dei tempi iniziali, in quanto la fretta di procedere e raggiungere l’obiettivo fa perdere di vista alcuni rischi connaturati nel processo. La quarta criticità è legata agli attori esterni, che vengono coinvolti a processo ultimato: molte riforme si sono fermate per la reazione successiva di stakeholder esterni non coinvolti da subito nel processo. Per Dugato “semplificare è indispensabile, ma è un tema culturale che presuppone informazione e il superamento consensuale di resistenze diffuse”.
Il confronto
Al termine dell’intervento del prof. Dugato ha aperto dibattito Marcella Zappaterra (Pd): “Sono state dette in modo chiaro cose che condivido, ad esempio che la costante del fallimento delle riforme sia la distonia tra obiettivi e mezzi per me è uno monito chiave che deve portare a ragionare sul vero obiettivo di una semplificazione o di una riforma. Spesso, ad esempio, l’efficienza è stato un modo mascherato di sistemazione dei bilanci nel breve termine”.
Per Paolo Calvano (Pd) “quando parliamo di semplificazioni sembriamo sempre all’anno zero. Se penso, ad esempio, al Fascicolo sanitario elettronico, è indubbio che abbia migliorato la qualità del rapporto tra utenti e PA. La semplificazione è un atteggiamento culturale e quando ci sono soggetti in competizione il percorso si complica. La semplificazione è un elemento che deve tenere insieme vari interessi. Altrettanto importante è riuscire a creare un sistema di monitoraggio per capire se l’obiettivo è stato raggiunto”.
“La semplificazione è un ritornello che troviamo a ogni passaggio politico o elettorale – ha commentato Paolo Trande (Avs) -. Io non credo che la semplificazione sia un bene in sé. Se l’obiettivo del nostro impegno è quello di cambiare o aggiornare, siamo tutti riformisti. Tutti pensiamo a questo come a uno strumento di cambiamento. Personalmente sono molto interessato al rapporto tra semplificazione ed equità”.
Francesco Sassone (FdI) chiede “quanto sia importante la stabilità politica, del governo così come di un ente locale, perché una riforma possa andare a buon fine. Se si cambiamo orientamento e guida politica ogni due anni, vengono meno i tempi tecnici. La riforma più importante è quella che giunge a compimento nell’arco di un mandato di governo”. Mentre, per Marco Mastacchi (Rete civica) “si parla sempre di miglioramento delle performance ma spesso la politica fissa obiettivi che finiscono per creare problemi più gravi di quelli che si dovrebbero risolvere. Importante sarebbe verificare che l’obiettivo che si individua venisse realizzato. Sulle liste di attesa, ad esempio, nel corso del tempo sono state applicate norme puntuali che, se per alcuni aspetti hanno prodotto miglioramenti, per altri hanno rappresentato un aggravio”.
Per Raffaele Donini (Pd) “tutti i soggetti politici parlano di semplificazione. Una riforma nasce sotto i migliori auspici e poi si complica. Oggi per ampliare un capannone artigianale si impiega dai due ai sei anni, è molto difficile competere così. È semplificazione quella che nasce da una condivisione di interessi, anche contrapposti, che devono equilibrarsi”. Per Priamo Bocchi (FdI): “la rapidità con cui è stato ricostruito il ponte di Genova rappresenta un modello di semplificazione efficace. Oggi la semplificazione è un elemento di competitività delle imprese, questo dovrebbe responsabilizzare gli amministratori”.
“La qualità delle leggi rispecchia il tempo in cui viviamo – ha evidenziato Eleonora Proni (Pd) -. Il tema del rispetto dei principi democratici deve essere il nostro faro. Il rischio, altrimenti, è di escludere una parte importante della popolazione. Se guardiamo a normative di settore, può essere una discussione solo per addetti ai lavori. Ci vuole un lavoro di formazione e un processo che provi a determinare un’informazione generalizzata”.
(Giorgia Tisselli)



