Sanità e welfare

Impegno unanime in Regione contro l’endometriosi

Pieno recepimento della petizione popolare e piena unanimità sulla risoluzione che assume buona parte delle richieste fatte dalle numerose associazioni intervenute nel focus su una delle patologie femminili più diffuse

Una patologia subdola l’endometriosi, che in Italia colpisce il 10% delle donne in età riproduttiva (circa 100mila quelle stimate in Emilia-Romagna), a causa multifattoriale ormono-dipendente, tipica dell’età fertile, che tende ad avere un andamento cronico, progressivo, recidivante e che si manifesta principalmente con dolore pelvico e infertilità. La patologia, particolarmente comune tra le trentenni-quarantenni, colpisce in Italia tre milioni di donne e la diagnosi arriva spesso dopo un percorso lungo e dispendioso. Gli studi medici evidenziano poi un trend in aumento per questo tipo di fenomeno e la difficoltà maggiore resta quella della diagnosi e ciò sia per motivi socio-culturali sia, soprattutto, per la scarsa conoscenza della malattia da parte del personale sanitario, così come dell’opinione pubblica.

E su questo tema, oggi si sono registrati il parere favorevole delle commissioni Salute e Parità a una petizione popolare nonché il voto unanime a una risoluzione bipartisan collegata. Nello scorso mese di giugno, è stata presentata una petizione popolare corredata da oltre 4mila firme che chiedeva alla commissione Politiche per la salute di affrontare il tema dell’endometriosi. All’iniziativa popolare si è affiancata poi una risoluzione a prima firma Francesca Maletti (Pd) e firmata da tutte le forze politiche rappresentate in Assemblea legislativa per sostenere campagne di sensibilizzazione, monitorare e rafforzare percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali appropriati e tempestivi e valutare la possibilità di introdurre nei livelli essenziali di assistenza (Lea) l’esenzione per le terapie ormonali negli stadi già riconosciuti della malattia.

Nella seduta odierna, quindi, la commissione assembleare Politiche per la salute presieduta da Ottavia Soncini – congiunta con quella Parità, presieduta da Federico Amico – ha dedicato un ampio focus al tema, approfondendo tematiche quali diagnosi, percorsi di cura e tutele dell’endometriosi nonché ascoltando la viva voce delle associazioni e dei professionisti che si occupano della patologia.

L’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini, ha fatto il punto della situazione ricordando come questa patologia cronica, nel 2019, in Emilia-Romagna (si stimano 100mila pazienti), ha visto 913 ricoveri per interventi chirurgici (di cui il 75% per residenti e il 25% per chi proveniva da altre zone d’Italia). Il 31% dei pazienti della regione è stato operato all’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) Sant’Orsola di Bologna. Durante la pandemia c’è stata una flessione e nel 2021 si è tornati quasi a livello del 2019: 764 ricoveri per interventi. Nella definizione dei Lea – ha proseguito l’assessore – “rientra l’endometriosi moderata e grave, terzo e quarto stadio della patologia, ma non i primi due. Sono esentate le prestazioni diagnostiche, ma non ci sono esenzioni per le terapie farmacologiche”. L’obiettivo della rete diagnostica e terapeutica vede la presa in carico precoce della paziente e la prevenzione delle complicanze; poi c’è la gestione multidisciplinare e il garantire l’accessibilità all’assistenza; da ultimo, si deve calibrare la necessità di un intervento chirurgico. Quattro i livelli di assistenza integrati: consultori (qualche privato), medici di base, centro ospedaliero di 1° livello (in varie province) e 2° livello (Rimini e Modena) e un unico centro di 3° livello (Bologna, Sant’Orsola). “Va ripreso il dialogo con lo Stato – ha concluso Donini – per la definizione dei Lea e per le risorse. La nostra è la prima regione per la griglia Lea, qui li rispettiamo”.

Rossana De Palma, medico, ha sottolineato come la terapia principale sia ormonale e due sono i farmaci i cui principi vengono coperti dal Servizio sanitario nazionale. Restano esclusi i progestinici, “ma la Regione li garantisce per le ragazze sotto i 26 anni. Per quelle di età superiore, i farmaci sono garantiti a certe condizioni: disoccupazione, fasce a rischio, persone in situazione di crisi, aborto da due anni, chi ha appena partorito e altre”.

Il professor Renato Serracchioli, primario di ginecologia presso l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna, nel fare il punto sulla rete regionale costituitasi nel 2019, ha ribadito come l’endometriosi sia una malattia ancora poco conosciuta, sia da un punto di vista sociale sia dal punto di vista medico. “Il compito fondamentale della rete – ha chiarito Serracchioli – è favorire la diagnosi precoce di una malattia progressivamente invalidante e garantire un’omogeneizzazione delle pratiche mediche sulla patologia al fine di garantire una copertura regionale uniforme al problema. C’è ancora molta strada da fare, ma in Emilia-Romagna siamo a buon punto”.

Sara Beltrami, portavoce e promotrice della campagna “endometriosi: firma adesso!” che ha visto la presentazione in Assemblea legislativa di una petizione popolare, ha parlato di “una malattia formalmente riconosciuta fin dallo scorso 2017, ma da allora ad oggi sono stati pochissimi i passi concreti messi in atto per dare una risposta alle tante donne che soffrono di questa malattia, come testimoniato dalle oltre 4mila firme raccolte in poco meno di due mesi”.

Le donne meritano di vedere concluso questo progetto. È, in sintesi, quanto ha auspicato Monica Santagostini, presidente dell’associazione Aendo, la quale ha puntato il dito contro il mancato riconoscimento di “malattia cronica. E per una donna su due questo significa un peggioramento delle condizioni economiche. Il tempo della diagnosi va da 5-7-9 anni, un lasso troppo ampio che provoca danni gravi: infertilità, dolore cronico, danni permanenti e invalidanti. Se, invece, la malattia fosse individuata per tempo, potrebbe essere tenuta sotto controllo. La prima petizione italiana “endometriosi firma adesso”, partita a Reggio Emilia, ha raccolto 4mila firme consegnate al presidente Stefano Bonaccini”. Secondo Santagostini sono tre i punti principali individuati: “Campagne di sensibilizzazione a marzo, rafforzamento della rete diagnostico terapeutica e formazione dei sanitari, risorse e gratuità delle terapie ormonali. L’Emilia-Romagna sarà apripista. Ma serve un concreto impegno politico: voi consiglieri regionali potete cambiare la storia”.

Vania Mento (presidente dell’associazione “Voce di una voce di tutte”, di Vercelli” ha parlato di “patologia invisibile. Io sembro normale, ben vestita e in salute, ma sono invalida all’80%, con un neuromodulatore impiantato nella schiena. Allo Stato costo tanto: ho cambiato due apparecchiature da 30mila euro l’una. Se ci fosse stata la diagnosi precoce questo non sarebbe avvenuto. La raccolta firme nella vostra regione è una svolta storica. Dobbiamo formare il personale sanitario, soprattutto pediatri e medici di base”.

Nel dibattito politico che ha anticipato il voto finale, Roberta Mori (Pd) ha parlato di “grande passo in avanti compiuto oggi sul tema delle patologie femminili, soprattutto per attuare un cambiamento culturale su tali temi. Un gender gap che deve essere superato anche in campo medico”. Per la consigliera dem l’aumento di interesse suscitato in questi focus “si accomuna con l’aumento della consapevolezza delle problematiche peculiari al genere femminile e la risoluzione firmata da tutti i gruppi assembleari traduce operativamente molte delle istanze rappresentate dalle attiviste intervenute”.

Maura Catellani (Lega) ha concordato sull’importanza della giornata per dare voce “alle donne invisibili che vivono quotidianamente la malattia senza un riconoscimento e un aiuto concreto”. Per la leghista “le problematiche rappresentate dalle varie associazioni oggi richiedono un deciso cambiamento culturale che era stato ampiamente recepito nella risoluzione originariamente proposta dalla Lega e poi ritirata per confluire nel documento bipartisan presentato durante i lavori della scorsa seduta dell’Assemblea legislativa”.

(Luca Boccaletti e Gianfranco Salvatori)

Sanità e welfare