Imprese lavoro e turismo

Cooperative di comunità per rivitalizzare le aree montane

Oltre 400mila euro per 78 progetti nel triennio 2022-2024. La commissione Politiche economiche, presieduta da Luca Giovanni Quintavalla, ha fatto il bilancio della legge regionale sulle cooperative di comunità approvata nel 2022

Sono 30, ad oggi, le cooperative di comunità iscritte nell’elenco regionale istituito nel 2024 con delibera di giunta: si tratta di società cooperative che stabiliscono la propria sede in aree montane o interne, per contrastare i fenomeni di spopolamento, declino economico, degrado sociale, urbanistico, ambientale. Con la legge regionale 12/2022, la Regione Emilia-Romagna ne ha riconosciuto il ruolo sociale nel contribuire all’arricchimento culturale e alla coesione sociale delle comunità locali, intervenendo anche con finanziamenti per la loro costituzione e per il sostegno agli investimenti: nel corso della commissione Politiche economiche, presieduta da Luca Giovanni Quintavalla, si è fatto il punto dei primi tre anni di attuazione della legge e dei risultati raggiunti.

“Le cooperative di comunità sono un tratto distintivo di questa Regione – ha affermato il presidente Quintavalla -. Un modo per valorizzare quei progetti che vanno non solo nella direzione di sviluppare attività economiche, ma che mettono al centro la persona, la qualità e il mantenimento dei servizi nelle aree più in difficoltà, contribuendo a rivitalizzare i territori”.

L’assessore alla Montagna e aree interne, Davide Baruffi, ha confermato la strategicità del modello cooperativo sul territorio regionale. “Con questa legge non solo abbiamo riconosciuto le cooperative di comunità in relazione alla loro capacità di centrare obiettivi specifici – ha spiegato Baruffi -, ma abbiamo definito le modalità per sostenerle in determinati ambiti territoriali. Si tratta di una forma di impresa peculiare, indissolubilmente legata al territorio, alla propria comunità e ai bisogni collettivi, dove i cittadini sono allo stesso tempo soci e fruitori. In questi primi tre anni, lo sforzo è stato quello di avvicinare le cooperative alla legge, per fare in modo che le disposizioni normative fossero pienamente pertinenti ed efficaci”.

Le cooperative di comunità ad oggi riconosciute operano soprattutto in aree montane (solo 5 sono collocate in aree urbane con situazioni di fragilità): 9 in provincia di Reggio Emilia, 8 in provincia di Parma, 3 in provincia di Bologna, 3 nel riminese, 3 nel ferrarese, 2 nel modenese, 1 in provincia di Ravenna, 1 in provincia di Forlì-Cesena. Si occupano, a titolo esemplificativo, di somministrazione alimenti, di attività di panificazione e agricole, di turismo, di valorizzazione delle risorse naturalistiche e della cultura contadina, di attività culturali e ricreative, di attività sportive e organizzazione di eventi.

I finanziamenti

Con bandi appositi, tra il 2022 e il 2024, la Regione ha erogato circa 407mila euro per 78 progetti, che riguardano sia il sostegno per l’avviamento della cooperativa e per le spese di adeguamento statutario, sia progetti di investimenti (come l’acquisto di attrezzature per cucine professionali, di materiali edili, di mezzi e spese per adeguamento impianti). In particolare, nel 2022-2023 sono stati erogati circa 140mila euro per 17 progetti. Altri 158mila euro, sempre nel 2023, sono andati a finanziare 35 progetti e nel 2024 sono stati erogati circa 109mila euro per 26 progetti. Per quanto riguarda l’anno in corso, nel luglio 2025 è stato presentato il nuovo bando, riservato alle cooperative iscritte nell’elenco regionale. Dal 2025, le risorse annuali messe a disposizione, attraverso bando, ammonteranno a 250mila euro.

Se nel complesso la legge ha raggiunto gli obiettivi previsti, il bilancio di questi primi tre anni di attività ha evidenziato come l’elemento di maggiore criticità sia relativo alla non omogenea maturità della cooperazione di comunità: a cooperative di comunità con esperienza decennale alle spalle, si affiancano cooperative di recente costituzione che presentano ancora forti fragilità e, relativamente ai contributi regionali, ad esempio, ciò si è tradotto in economie di spesa o in revoche parziali.

Le audizioni

Emanuele Monaci, presidente AGCI Emilia-Romagna ha rimarcato come il tratto distintivo del mondo della cooperazione sia la coesione sociale, la vocazione all’autoimprenditorialità dei cittadini, la riduzione delle disuguaglianze e la risposta ai bisogni della comunità. “In questo contesto – spiega -, le cooperative di comunità sono soggetti ancor più peculiari nell’ambito dell’economia sociale. Gli studi dicono che, se nei grandi centri urbani le cooperative concorrono a mitigare gli effetti distorsivi del mercato, nelle aree più isolate queste hanno un potere propulsivo e ridanno movimento a un’economia che tende ad affievolirsi”. Secondo Monaci, occorre ora uno sforzo non solo per alimentare e supportare quelle esistenti, ma anche per far riconoscere quelle che ancora sono fuori dall’elenco, mentre le risorse per il loro sostegno potrebbero essere intercettate anche attraverso Fondazioni ed enti no profit. Infine, Monaci lancia l’idea di “un convegno pubblico per  favorire la diffusione e la conoscenza di questo modello di impresa”.

Pierlorenzo Rossi direttore Confcooperative Emilia-Romagna ha rimarcato: “La legge del 2022 si avvicina alle esigenze dei territori. Le prime esperienze di cooperative di comunità sono nate nelle aree interne, ma ne esistono anche in alcuni quartieri di città, secondo una visione di fondo che vuole leggere i bisogni delle comunità e non del mercato. Sono imprese generative che creano ricchezza e lasciano ricchezza sul territorio, divenendo presidi e coinvolgendo la popolazione nella loro attività. Le cooperative di comunità vanno sostenute sia da un punto di vista di governance dell’impresa sia dal punto di vista degli investimenti. Sulle risorse destinate agli investimenti, c’è necessità che una parte venga riconosciuta in anticipo”.

Daniele Montroni, presidente Legacoop Emilia-Romagna ha affermato: “Le cooperative di comunità sono un’esperienza ancora abbastanza giovane ma che rispondono a un bisogno che si è formato nel tempo e che resta nel tempo. Sono lo strumento che permette di ridurre problemi nati perché, ad esempio, lo Stato si è ritirato; servono a rispondere a bisogni sociali o a fallimenti di mercato. In questa fase, abbiamo bisogno di dare alle cooperative di comunità gli strumenti per nascere e permanere sul territorio, riducendo al massimo la mortalità delle cooperative stesse”.

Sono poi intervenuti i rappresentanti delle cooperative di comunità che hanno messo in luce, tra gli altri aspetti, la necessità di uno snellimento della burocrazia e di una legge nazionale organica.

Stefano Benaglia, presidente della società cooperativa Pixel, che opera nell’area urbana di Viserbella, frazione di Rimini, ha spiegato: “Siamo nati nel 2021 e ci occupiamo di rigenerazione urbana, riportando in vita attività che non erano più economicamente sostenibili. È un lavoro difficile: il nostro territorio, soprattutto d’inverno, quando non c’è turismo, vive le stesse difficoltà di un’area montana. Oltre al bisogno economico c’è necessità di non essere lasciati soli perché, finito l’entusiasmo iniziale, comincia il percorso che porta a decidere se rimanere in vita”.

Ermanno Pavesi presidente della cooperativa Foiatonda con sede a San Benedetto Val di Sambro (Bo), che si occupa di valorizzazione turistica del territorio, ha evidenziato: “Io sono il quinto presidente della cooperativa in sette anni. Ciò per dire che fare il cooperatore è difficile, ma io ho accettato perché credo nel progetto. C’è bisogno di snellire la burocrazia ed è questa la richiesta che rivolgiamo alla Regione e alle centrali cooperative”.

Claudio Moretti presidente della cooperativa di comunità “La Corte di Rigoso” nata nel Comune di Monchio delle Corti (Pr) ha raccontato l’esperienza di persone che, una sera, si sono ritrovate per decidere del futuro del loro paese. “Abbiamo cominciato a fare accoglienza turistica, quest’anno ci sono state quasi mille presenze. Poi siamo riusciti a partecipare al bando per l’acquisto di un immobile e partiremo a breve con la ristrutturazione grazie al finanziamento di un istituto di credito. Diamo lavoro, abbiamo una decina di dipendenti e alcuni hanno messo su famiglia sul territorio”.

Sabrina Del Nevo, presidente di Ghiare Futura con sede a Berceto (Parma) ha raccontato: “Nel 2019 era rimasto solo un bar, un alimentari e un forno. Poi ha chiuso anche l’alimentari e così ci siamo ritrovati una sera, una decina di persone, e abbiamo pensato di aprire una cooperativa di comunità. Nel 2023, abbiamo rilevato l’alimentari. Abbiamo due dipendenti fisse e due a chiamata e oggi parte un progetto di doposcuola: il comune di Berceto è sempre presente e ci dà una grossa mano”.

Franco Zaccherini, presidente della cooperativa Camino Verde, a Brisighella (Ravenna), sull’Appennino Tosco-romagnolo, ha raccontato: “Siamo attorniati dai boschi e anche dalle frane, tante frane, che nel 2023 hanno devastato il nostro territorio. Nella nostra frazione di 230 anime era rimasta un’ultima bottega: il vecchio circolo del 1956 si chiamava ‘Camino verde’ ed è così che abbiamo voluto chiamare la nostra cooperativa. Ci siamo detti ‘proviamoci’: abbiamo messo su un piccolo internet point, abbiamo quattro ragazze a busta paga e non nascondo le difficoltà nell’arrivare a fine mese”. La cooperativa a oggi gestisce un bar, una bottega e un piccolo servizio di ristorazione.

Oreste Torri, vicepresidente della cooperativa “Valle dei Cavalieri” nel comune di Ventasso (Reggio Emilia) ha affermato: “Spero che questo sia l’inizio di un percorso di confronto sulla cooperazione di comunità. Noi siamo nati nel 1991, quando nessuno aveva il coraggio di mettersi in gioco, per affrontare tematiche che oggi sono di attualità. Quando in un paese scompaiono i servizi, ci si chiede di chi sia la responsabilità, ma anche cosa si può fare. Abbiamo ritenuto opportuno assumerci delle responsabilità, per ridare dignità e socialità alla nostra comunità. Dal 2022 abbiamo potenziato i centri di socialità e chiediamo alla Regione di adoperarsi con ulteriori fondi, per far sì che queste esperienze continuino nei prossimi anni”. Torri ha evidenziato la necessità di una legge nazionale organica che equipari le cooperative di comunità alle cooperative sociali.

Vittorio Bigoi della cooperativa San Rocco, a Ligonchio (Reggio Emilia), ha raccontato l’esperienza di gestione di un albergo di montagna. “Non è stato semplice, sono serviti tanto studio e buona volontà. La soddisfazione enorme, in questa estate 2025, è stata quella di aver dato lavoro a 26 persone. Abbiamo otto dipendenti fissi e 103 soci. Lavoriamo tutto l’anno con gruppi sportivi, squadre di calcio e gruppi religiosi”.

Luca Martinelli della cooperativa Fer-Menti Leontine, attiva sull’Appennino riminese, ha ricordato come “abbiamo 9 dipendenti, di cui 4 donne e abbiamo fatto interventi per San Leo: rimesso in funzione il forno e ogni anno lavoriamo 26mila chili di farina che arriva da cooperative di Pennabilli e San Marino. Poi abbiamo riaperto il negozio e il bar di San Leo e ora, grazie alla legge regionale sulla partecipazione, vogliamo lavorare sulla Torre Civica. Bisognerebbe creare una rete regionale di scambio di esperienze”.

Per Sergio Fiorini della cooperativa Altimonti, attiva in una frazione di Villa Minozzo sull’Appennino reggiano, “il nostro lavoro è stato svolto su due piani: da un lato abbiamo recuperato i castagneti tornando a raccogliere le castagne e anche a macinarle per avere la farina, dall’altro abbiamo creato un sistema di accudimento domiciliare che si integra con quello di assistenza domiciliare dei Comuni. Andiamo a casa delle persone fragili, gli portiamo la spesa, i farmaci, li aiutiamo a portare la legna vicino alla stufa e al camino. Gli facciamo compagnia”.

Il dibattito

“La priorità è sburocratizzare, prima ancora che trovare maggiori fondi per le cooperative di comunità. Sia ben chiaro: se ci sono maggiori risorse ben venga, ma quello che serve subito è ridurre il carico burocratico”, spiega Marco Mastacchi (Rete Civica) per il quale “in questo modo potremo essere vicini alle cooperative di comunità sempre, ricordandoci che chi vive in Appennino ci vive tutto l’anno e non solo il sabato e la domenica quando ci vanno i turisti e si fa in modo che tutto sia bello in ordine”.

Alessandro Aragona (FdI) sottolinea come “tutti insieme dobbiamo intervenire per il sostegno alle aree interne. Dobbiamo sburocratizzare per sostenere le cooperative sociali e allo stesso tempo rimuovere gli ostacoli per cui servizi pubblici e attività economiche in alcune aree del Paese non riescono a funzionare”.

“Le cooperative di comunità hanno la possibilità di sostenere aree fragili come le periferie delle città e le aree interne: ci riescono perché portano con se il valore della cooperazione”, spiega Barbara Lori (Pd) per la quale “dobbiamo valorizzare le cooperative già esistenti e quelle che arriveranno”.

“Le cooperative di comunità hanno il merito di dare servizi e attività economiche in aree fragili del nostro territorio, dobbiamo capire bene la situazione e come agire in futuro”, sottolinea Daniele Valbonesi (Pd).

(Brigida Miranda e Luca Molinari)

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