In una dettagliata risoluzione, i gruppi assembleari di Partito democratico, ER Coraggiosa e Bonaccini presidente impegnano la Giunta a intervenire per sollecitare il Governo a stanziare risorse, oggi non adeguate, per il settore moda: sostenere un pilastro del manifatturiero puntando sulla formazione, sul ricorso al Recovery fund, sui contratti di area e sulla svolta green delle aziende. Inoltre, chiedono si convochi un tavolo regionale per lo sviluppo e la tutela dell’occupazione. La risoluzione, primo firmatario Nadia Rossi, è stata condivisa da altri 19 consiglieri (Massimo Bulbi, Matteo Daffadà, Palma Costi, Giulia Pigoni, Andrea Costa, Francesca Maletti, Marilena Pillati, Ottavia Soncini, Roberta Mori, Manuela Rontini, Lia Montalti, Marcella Zappaterra, Luca Sabattini, Massimo Iotti, Katia Tarasconi, Marco Fabbri, Federico Alessandro Amico, Igor Taruffi e Stefano Caliandro).
Il centro studi Confindustria moda, nell’ultima indagine fatta, evidenzia che il settore fattura 100 miliardi e che le perdite (da -27,5 per cento a -32 per cento nel primo trimestre), a luglio 2020, saranno di 29 miliardi. E a calare saranno anche gli ordini, l’export (-26,4 per cento). Per i terzisti, il calo è stato del 35 per cento. In crisi anche l’industria conciaria (-32 per cento del fatturato stagionale) che conta 18mila addetti.
“Dall’analisi congiunturale regionale – ricordano Rossi e colleghi- condotta da Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo, emerge che il calo della produzione manifatturiera, che nel secondo trimestre dell’anno ha avuto una flessione di quasi il 20 per cento, nel terzo trimestre, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si è fermato a 6,7 per cento, ma il ‘sistema moda’ ha registrato un calo del 15,8 per cento”. E le imprese con il segno meno sono l’80 per cento. Quello della moda risulta il settore più in crisi tra tutti i settori manifatturieri considerati”. Dati che si ripercuotono sull’export: “Tra gennaio e giugno 2020 le imprese del tessile, abbigliamento e calzature hanno esportato all’estero beni e prodotti per un valore di 2,7 miliardi di euro (il 13,3 per cento dell’export nazionale di settore), dato in contrazione di quasi 699 milioni di euro rispetto al medesimo periodo del 2019 (-20,4 per cento)”. Massiccio, poi, l’utilizzo della cassa integrazione, che per un’azienda su due riguarda oltre il 60 per cento dei dipendenti.
In Emilia-Romagna, la componente manifatturiera conta 34.570 addetti, il 2 per cento del totale dell’economia regionale. E sono stati persi 2.500 posti di lavoro. Le diverse misure economiche di sostegno “non dedicano la dovuta attenzione al comparto, mentre servirebbero misure ad hoc – scrivono i consiglieri di maggioranza – che tengano anche conto del fatto che la moda è settore ad alta intensità di manodopera, con una netta prevalenza della componente femminile”. Serve un’azione congiunta a diversi livelli istituzionali, sostengono, “che sappia dare risposta ai problemi legati all’incentivazione del commercio internazionale, alla difesa del made in Italy, alla fiscalità delle imprese e alla detassazione dei brevetti a supporto della ricerca e dell’innovazione, nonché misure volte a sostenere specificamente la componente femminile dell’occupazione del settore”. Il volano per la ripresa e lo sviluppo, indica la risoluzione, è rappresentato da alta formazione, ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico. Vanno favorite, inoltre, la sostenibilità (“ambientale, economica e sociale”) e la svolta green.
Il settore, a causa dei provvedimenti anti Covid, ha creato scorte che però “perdono rapidamente valore”. Le perdite vanno proiettate in avanti, data la stagionalità dei prodotti, e “il sistema di ristori finora messo in capo dal Governo non tiene nel debito conto queste specificità e non offre, conseguentemente, risposte adeguate alle sofferenze del comparto”.
I consiglieri chiedono così alla Giunta di sollecitare il Governo a: “Misure finanziare ad hoc; rafforzare la fashion valley per sostenere la filiera della moda, incentivando accordi di filiera per mantenere e rafforzare la subfornitura locale, fatta da microimprese spesso femminili e di alta occupazione femminile; incrementare le azioni di supporto e promozione del sistema moda, formazione ricerca e trasferimento tecnologico; incentivare azioni di supporto all’internazionalizzazione, dando valore alla provenienza territoriale quale garanzia di qualità, salubrità e stile; a favorite, in tale contesto, la partecipazione delle PMI e delle microimprese ai bandi per la creazione di reti di imprese per l’internazionalizzazione”. Inoltre, proseguono, “va incoraggiata la conversione del settore verso il nuovo modello di green fashion, che prevede il passaggio da un’economia basata sulla linearità del ciclo materiale-prodotto-rifiuto a un’economia a ciclo chiuso, che minimizzi le risorse impiegate per la produzione e massimizzi l’utilizzo del prodotto e il recupero dei materiali”. Il Governo, e anche nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni, individui “soluzioni condivise volte all’incentivazione delle imprese del settore moda, tessile e calzaturiero per l’ideazione, la progettazione e l’implementazione dei campionari”. Si dedichi al settore moda “una quota significativa delle risorse dei fondi europei della prossima programmazione 2021/2027”. Vanno, infine considerati, i contratti d’area e, nello spirito del patto del lavoro, “si convochi un tavolo regionale di settore in cui, alla presenza delle associazioni imprenditoriali, sindacali e istituzionali, siano valutate ulteriori possibili azioni di sostegno e di rilancio della produzione e dell’occupazione”.