Dal prossimo aprile, in seguito alla cessazione del sistema quote produttive, il settore lattiero-caseario sarà al centro di una nuova e delicata fase di gestione dell’offerta produttiva. È quanto segnalano Galeazzo Bignami (Fi – primo firmatario), Gianni Bessi, Paolo Calvano, Manuela Rontini del Pd e Giulia Gibertoni (M5s) in premessa ad una risoluzione nella quale impegnano la Giunta regionale a discutere nella prima seduta utile dell’Assemblea legislativa le problematiche che investono il settore, al fine di individuare un percorso condiviso per la valorizzazione del latte italiano, a tutela del “made in Italy” agroalimentare, della trasparenza delle etichettature e della equità della filiera.
Le misure in materia di relazioni contrattuali nella filiera lattiero-casearia introdotte dall’Unione Europea con il cosiddetto ‘Pacchetto latte’ – scrivono i consiglieri – hanno in parte tradito le aspettative degli operatori. Il Parlamento europeo è attualmente impegnato nella fase di definizione della propria relazione sul futuro del settore con l’obiettivo di individuare possibili soluzioni che da un lato possano consentire la gestione del periodo post quote in termini di sostenibilità dell’offerta e dall’altro possano introdurre strumenti efficaci per gestire la sempre più intensa e ricorrente volatilità che caratterizza il mercato.
Le difficoltà nelle relazioni contrattuali e nella distribuzione del valore e i conseguenti squilibri nella filiera – sostengono i consiglieri – sono un fenomeno, purtroppo, ricorrente. E tali squilibri non costituiscono soltanto un problema per le imprese ma anche per i consumatori per i quali, rispetto alla diminuzione di quanto corrisposto agli agricoltori, non risultano cali corrispondenti nel prezzo del latte fresco venduto sui banchi di distribuzione. Inoltre a fronte dell’aumento delle importazioni di latte e prodotti caseari la normativa in materia di etichettatura non obbliga a riportare l’indicazione del Paese di origine e della zona di mungitura. In questo modo la mancanza di informazioni al consumatore, fatta eccezione per il latte fresco e i prodotti Dop non consente di tracciare il latte importato dall’estero e “trasformato” in italiano, rendendo indistinta oltre il 40% della produzione. “In Italia- segnalano in proposito i firmatari della risoluzione- si importano ogni anno 8,6 milioni di tonnellate in equivalente latte, tra cui: latte in cisterna, formaggi similgrana, cagliate anche congelate, polvere di latte, caseine e caseinati, prevalentemente destinati ad essere trasformati e commercializzati in prodotti caseari in competizione con quelli nazionali.
Tutte le criticità segnalate – concludono gli estensori della risoluzione – che concorrono ad un impoverimento del settore con la conseguente chiusura di molte stalle che, soprattutto nelle aree interne e montane, determina un mancato presidio del territorio.
(is)