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Lavoro. Lega Nord: rivedere il sistema dei minimi salariali

I consiglieri del Carroccio propongono una contrattazione collettiva decentrata che tenga conto delle differenze nel potere d’acquisto presenti da regione a regione

Determinare i minimi salariali da applicare al rapporto di lavoro, sia nel settore privato sia in quello pubblico, attraverso contratti collettivi di lavoro su base regionale, basati sul costo della vita come indicato dall’Istat e sull’indice di produttività, e non più facendo riferimento a quelli nazionali. Questa, in sintesi, la proposta dei consiglieri della Lega Nord, primo firmatario Stefano Bargi, contenuta nel progetto di legge alle Camere “Nuove norme in materia di contrattazione collettiva decentrata”, depositato oggi in Regione.

La proposta parte della considerazione – riportata nella relazione introduttiva al disegno legislativo – che “mantenere la centralità del contratto nazionale anche nella determinazione dei salari minimi non tiene conto delle differenze nel potere d’acquisto presenti da regione a regione, con conseguente ingiusto squilibrio del salario reale”.

Secondo uno studio pubblicato nel giugno 2016 da Andrea Ichino, Tito Boeri e Enrico Moretti – ricordano i leghisti – i contratti nazionali in Italia producono disuguaglianza e avvantaggiano in particolare i lavoratori del Sud rispetto a quelli del Nord: in media il potere d’acquisto è più basso di circa il 13% nelle regioni settentrionali rispetto a quelle meridionali, con un picco del 32% fra gli insegnanti della scuola elementare pubblica, e il costo della vita è mediamente del 16% più alto al Nord rispetto al Sud (in particolare, il costo delle abitazioni al Nord è più alto del 36%).

Pertanto – spiegano i consiglieri – sono maturi i tempi per addivenire a una contrattazione decentrata, in applicazione della quale “i contenuti dei contratti verranno decisi a livello aziendale, salvo i minimi salariali che saranno individuati su base regionale, tenendo conto del costo della vita in quella regione, fra i sindacati più rappresentativi e le associazioni di categoria imprenditoriali”.

Da qui la proposta di rivedere il sistema dei minimi salariali, finalizzata non solo a rafforzare e rendere più equa la capacità reddituale del lavoratore, ma anche a rilanciare l’occupazione e la produttività.

(Luca Govoni)

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