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Lavoro. Sensoli e Sassi (M5s): Stipendi dipendenti cooperative molto inferiori ai lavoratori pubblici

Aziende con utili milionari ma con salari per i propri lavoratori inferiori di almeno un quarto a dipendenti di pari livello statali

La consigliera Raffaella Sensoli e il consigliere Gian Luca Sassi (Movimento 5 Stelle) interrogano la Giunta Regionale per sapere se “ritenga accettabile che un lavoratore di un’impresa cooperativa percepisca stipendi di gran lunga inferiori a quelli dei dipendenti pubblici che svolgono le stesse attività”.

La paga media di questi dipendenti, sulla base di quanto precisato dalle organizzazioni sindacali, è di 1.200 euro; minore di un quarto a quello dei corrispettivi statali. Cooperative come la Dimora di Abramo, a cui fanno riferimento i consiglieri, capofila della rete reggiana di accoglienza dei migranti, “avrebbe chiuso il 2016 con un fatturato di 14,5 milioni di euro e un milione di utile”. La contestazione di Sensoli e Sassi è che “pur essendo cooperative” e quindi “poggianti su principi di mutualità e di solidarietà” queste aziende avrebbero deciso unilateralmente di “negare ai loro dipendenti (spesso per altro soci) un minimo vantaggio economico” vantando frequentemente, vedi la Dimora di Abramo, utili molto elevati.

I consiglieri, quindi, chiedono alla Giunta “se intenda investire del problema la consulta della cooperazione di cui alla legge regionale n.6 del 2006”. Articolo che contiene le norme per la promozione e lo sviluppo della cooperazione mutualistica in Emilia-Romagna. Inoltre, domandano all’esecutivo regionale “perché nei meccanismi di accreditamento, ad esempio per quanto riguarda la gestione di servizi di assistenza o servizi educativi, si continui a non prevedere la parità di trattamento economico fra i lavoratori della cooperativa e i dipendenti pubblici”.

“I dati sull’occupazione nella nostra regione devono essere letti anche considerando i redditi derivanti da lavoro, nettamente più bassi nelle cooperative” concludono Sensoli e Sassi “e avendo l’accortezza di incrociarli con i costi dei servizi e dei consumi, spesso più elevati”.

(Giacomo Barducci)

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