Governo locale e legalità

LUOGHI CULTO. SOLO DOVE PREVISTI DA STRUMENTI URBANISTICI COMUNALI, BIGNAMI (FI) PRESENTA PROGETTO DI MODIFICA ALLA LEGGE REGIONALE

LUOGHI CULTO. SOLO DOVE PREVISTI DA STRUMENTI URBANISTICI COMUNALI, BIGNAMI (FI) PRESENTA PROGETTO DI MODIFICA ALLA LEGGE REGIONALE

Un progetto di legge composto da un unico articolo per normare “l’utilizzo di edifici o porzioni di essi” a finalità religiose, che dovrebbe avvenire solo “su aree in cui sia prevista la destinazione urbanistica AR (attrezzature religiose) dagli strumenti urbanistici comunali”.

Lo ha presentato il consigliere Galeazzo Bignami (Fi) con l’obiettivo di modificare la legge regionale 20 del 2000 (Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio) in modo da chiarire che, in assenza di questi requisiti, devono “essere respinte” tutte le richieste per il “rilascio di titoli abitativi” finalizzati alla realizzazione di interventi edilizi o di mutamento di destinazione d’uso per l’utilizzo a fini religiosi sul patrimonio edilizio esistente.

Ci sono stati diversi casi di enti locali del territorio emiliano-romagnolo – scrive il consigliere – “che hanno proceduto al rilascio di titoli abitativi finalizzati alla costruzione di luoghi destinati al culto senza che le aree interessate presentassero una destinazione urbanistica omogenea a questo uso”.

La maggior parte di questi progetti urbanistici e edilizi – spiega Bignami – prevedono la realizzazione di luoghi di culto differenti da quello cattolico, i cui rapporti con lo Stato italiano sono disciplinati dall’articolo 7 della Costituzione.

L’articolo 8 della Carta – aggiunge – disciplina invece le confessioni religiose diverse dalla cattolica, che “hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”, e che regolano i loro rapporti con lo Stato “sulla base di intese con le relative rappresentanze”.

È noto – si legge ancora nella relazione al progetto di legge – che non esiste una forma di legislazione che disciplini i rapporti con la religione islamica, che, peraltro, non è organizzata tramite statuti.

Qui non si tratta di negazione della libertà religiosa, prevista dallo stesso articolo 8 della Costituzione, ma – specifica Bignami – “si ritiene che l’assenza di una legge che disciplini i rapporti con la religione islamica e la mancanza di uno statuto che organizzi questa confessione” non consentano di recepire, in maniera coordinata e omogenea con il nostro ordinamento, le istanze fatte in suo nome, “rendendo in tal modo difficoltoso l’attuarsi dei rapporti nel rispetto della legislazione nazionale e regionale”.

Risulta infatti evidente – segnala infine il consigliere – l’intendimento di chi professa questa religione di ottenere spazi per esercitare il proprio culto senza tuttavia adempiere a rispettare i principi costituzionali, ma, “per poter legiferare equamente”, è anche “necessario che qualsiasi forma di libertà” conosca “il limite implicito del rispetto del principio di legalità”. (AC)

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