In Emilia-Romagna sono 627 gli immobili confiscati alle organizzazioni mafiose dal 2010 (30 mila in tutta Italia), e altri 144 già assegnati. Siamo sulla buona strada, ma “il problema è come recuperare i beni confiscati che spesso gli enti pubblici non sanno come riutilizzare”. Lo ha reso noto l’ex prefetto di Bologna ed ex direttore dell’agenzia nazionale per la destinazione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata, Ennio Mario Sodano, ora commissario prefettizio a Lecce, intervenuto all’incontro L‘esperienza emiliano-romagnola per il contrasto alle infiltrazioni mafiose all’interno della “Settimana della Legalità” promossa da Assemblea legislativa e Regione Emilia-Romagna. Con Sodano anche il prefetto di Bologna, Patrizia Impresa, il questore del capoluogo regionale, Gianfranco Bernabei, e l’assessore regionale Massimo Mezzetti. Qui in Emilia-Romagna la criminalità organizzata ha mostrato “una faccia nuova” come ha detto Impresa. E la politica di confisca dei beni è tra gli strumenti più efficaci per combatterla perché “i mafiosi temono più l’aggressione al loro patrimonio che la galera”, ha aggiunto Sodano.

Impresa traccia il nuovo volto delle mafie emerso dopo il maxi-processo Aemilia. I nuovi interessi delle organizzazioni criminali che si sono sviluppate al nord, lontano dal loro paese d’origine, sono gli affari, attraverso appalti, concessioni, autorizzazioni, nell’eliminazione della concorrenza, il che può soffocare il tessuto economico del territorio, analizza il prefetto. Ma le azioni messe in campo per prevenire e contrastare il fenomeno in Emilia-Romagna si stanno rivelando efficaci proprio perché vengono applicati metodi non solo tradizionali. Qualche esempio virtuoso: le white list, create come modello di controllo e filtro delle relazioni economiche. Nel 2018 si segnalano – spiega Impresa- 43mila istanze da white list che hanno dato il via a 30 procedimenti interdittivi. Un trend in diminuzione rispetto agli 87 del 2017 e 52 del 2016.
Il questore di Bologna, Gianfranco Bernabei, sottolinea che le organizzazioni criminali nella nostra regione si sono infiltrate specialmente nelle province più piccole e nei centri abitati minori. Si segnala anche la crescita di gruppi di criminalità organizzata straniera nel settore della prostituzione e dello spaccio di sostanze stupefacenti che stanno espandendo i loro traffici su scala transnazionale. Tuttavia, va anche segnalato che “nel 2018 in provincia di Bologna sono state denunciate 191 estorsioni contro le 210 del 2017”. Un trend in calo come dimostrano anche i dati del primo bimestre del 2019: 37 denunce di estorsione, 10 incendi e 2 denunce di riciclaggio. Una “fotografia di un tessuto sociale sostanzialmente sano ma che non disdegna intrecci affaristici e non è immune alla corruzione”, commenta Bernabei. La soglia di attenzione deve quindi rimanere “alta”, spiega il questore, “il settore economico è forte ma proprio per questo appetibile per le organizzazioni malavitose”.

L’ Agenzia nazionale diretta fino a poco tempo fa da Sodano ha il compito di destinare gli immobili confiscati per far sì che possano essere riutilizzati come beni sociali con finalità pedagogiche. Alberghi, mega ville, grandi spazi che potrebbero essere riconvertiti in biblioteche o centri sociali ma i costi sono alti. A volte arrivano anche fondi dallo Stato, ad esempio i 50 milioni di euro per la ristrutturazione degli immobili confiscati da destinare all’emergenza abitativa nelle aree post sisma, ma c’è ancora “poca consapevolezza”, non tanto in Emilia-Romagna- spiega l’ex prefetto di Bologna- quanto in altre regioni. “Ci è stata data anche la possibilità – molto contestata- di mettere in vendita i beni confiscati con una gara pubblica- ricorda Sodano- ma dopo 3 anni se non c’è nessuna offerta le proprietà diventano demanio dello Stato, cosa che spesso succede”.
Ancora più complesso il discorso delle “aziende dei mafiosi che non possono rimanere sul mercato- sottolinea il prefetto- ma non possiamo neppure disinteressarci dei lavoratori, spesso ignari dei traffici dei loro capi”. Sono infatti previsti fondi e misure di sostegno per riconvertirle in cooperative o nuove società. Un nuovo progetto dell’Agenzia prevede la creazione di una sorte di rete tra aziende confiscate. “Un pool di aziende con alcuni obblighi comuni sarebbe capace di attrarre anche una managerialità ad alto livello, a differenza della piccola azienda”, spiega Sodano che sottolinea come sia sempre più importante “un territorio che faccia squadra”.
(Francesca Mezzadri)