Una piena di carattere eccezionale, condizioni meteo severe, livelli idrometrici mai registrati prima, un volume d’acqua di 3,5 milioni di metri cubi che ha allagato 27 chilometri quadrati di territorio nei comuni di Castel Maggiore, Argelato, Pieve di Cento e San Giorgio di Piano, con danni complessivi stimati oltre i 3 milioni di euro. È il quadro delineato dalla relazione illustrativa sull’esondazione del fiume Reno del 2-3 febbraio scorso, realizzata dall’Agenzia regionale per la Sicurezza Territoriale e la Protezione Civile e presentata in commissione Territorio dall’assessore Paola Gazzolo. Un evento climatico anomalo, quindi, che si inserisce però in una situazione generale in mutamento, con piene più violente e che arrivano più velocemente rispetto al passato: “Parliamo di una tracimazione di 20-30 centimetri per 5 ore continue, non esiste al mondo un argine in grado di reggere una tracimazione del genere”, ha spiegato Claudio Miccoli, responsabile del servizio area Po e Reno di Volano. E sul cantiere per la ricostruzione di un tratto arginale a Sala Bolognese, sulla quale si erano sollevate polemiche riguardo la sospensione dei lavori, Miccoli chiarisce: “Il cantiere era stato sospeso, ma messo in sicurezza. Con piene così veloci non si possono più solo alzare gli argini, il forte inurbamento non lo permette. Servono lavori idraulici strutturali, invasi a monte e più manutenzione. Finché non sarà fatta un’infrastrutturazione del fiume, ogni volta ci sarà un’alluvione”.
La richiesta di stato d’emergenza. “Siamo in attesa della delibera del consiglio dei ministri, a febbraio si sono tenuti i sopralluoghi dei tecnici di protezione civile e le segnalazioni sono ora al vaglio dei comuni, dopodiché si potranno inviare le domande per i risarcimenti”. L’assessore alla difesa del Suolo Paola Gazzolo ha ricordato come il presidente Bonaccini, per fronteggiare l’accaduto, avesse richiesto lo stato di emergenza nazionale e come la Regione abbia stanziato fondi propri complementari a quelli statali. “Stiamo mettendo a punto un accordo con le banche per prestiti a cittadini e imprese. Valuteremo con i Comuni iniziative per eventuali agevolazioni tributarie o fiscali ed è in corso un dialogo con Atersir per esenzioni sul consumo di acqua nei giorni dell’esondazione”. Sulle indagini della magistratura ha assicurato “massima collaborazione da parte della Regione”.
La ricostruzione dei fatti. Il direttore dell’Agenzia regionale per la Sicurezza Territoriale e la Protezione Civile, Maurizio Mainetti, ha ripercorso gli eventi dell’1 e 2 febbraio, quando una serie di perturbazioni significative, nevose e piovose, hanno coinvolto l’are centrale delle regione: “Il sistema di allerta ha funzionato in fase preventiva, segnalando criticità ‘arancione’ per il giorno 1 e stato di preallarme lungo il corso del Reno per il giorno 2, ma è stato previsto un fenomeno di innalzamento delle acque inferiore a quello che poi è stato”. Si è proceduto così con un monitoraggio costante, i centri operativi di soccorso sono stati attivati dai prefetti e si sono attuati sgomberi cautelativi. “L’intervento per la chiusura della rotta arginale è stato immediato, concluso entro 10 ore. Nel tratto era presente un cantiere, sospeso per ragioni ambientali e climatiche, ma era stato messo in sicurezza con un argine di protezione”.
“Una piena oltre le previsioni”. L’evento meteo critico è durato 4 giorni, con una seconda fase molto intensa: “Un’anomalia dal punto di vista della stagione- hanno sottolineato i tecnici di Arpae– con temperature più alte e lo scioglimento della neve”. La piena ha avuto una portata di 1200 metri cubi al secondo, propagatasi poi velocemente a valle (a Bonconvento): “Non si tratta di un evento straordinario, ma i livelli in quel punto sono i massimi conosciuti da sempre”. Diverse possono essere le cause di innalzamento dei livelli, che verranno approfondite con rilievi di precisione: dalla subsidenza (un abbassamento notevole che ha influito sulle pendenze e la velocità del flusso d’acqua), all’aumento della scabrezza dell’alveo (termine tecnico usato nell’idraulica, ndr).
Il cantiere “fermo” a Castel Maggiore. “Si trattava di una zona militare, abbiamo dovuto fare anche una bonifica per materiale bellico inespoloso e questo ha allungato i tempi”, ha spiegato ancora Miccoli della Protezione civile. Ha spiegato come si sperava di poter continuare a lavorare ancora a lungo vista la siccità e di come il cantiere si fosse dovuto fermare, ma solo dopo essere stato messo in sicurezza con la costruzione di un argine di protezione. “Abbiamo chiuso la rotta all’interno, in una decina di ore, con un’operazione molto ardita. Ora i lavori sono conclusi e sabato iniziamo la semina sulla scarpata esterna dell’argine”.
Le reazioni dei consiglieri. Il consigliere Gian Luca Sassi del gruppo Misto ha evidenziato la necessità di “ripensare la manutenzione del territorio”, anche in relazione al fatto che ora le piene sono più veloci e i terreni meno permeabili. “Servono interventi di lunga durata per ripristinare la capacità del territorio di assorbire l’evento anomalo”. Silvia Piccinini del Movimento 5 stelle ha puntato il dito contro l’assenza in commissione del presidente Bonaccini, nella sua qualità di commissario straordinario per il dissesto idrogeologico, e sulle “lungaggini” legate ai lavori di Castel Maggiore. “I residenti segnalavano criticità da anni- ha rimarcato la pentastellata- perché non si è intervenuti prima? C’è stata una sottovalutazione del rischio, l’argine nuovo ora è stato costruito in breve tempo, ma quando ormai i danni ci sono già stati e con costi 10 volte più alti. Inaccettabile”.
Secondo Marco Pettazzoni della Lega nord, è necessario concentrarsi su una serie di interventi di carattere strutturale e di manutenzione costante per fare fronte alle criticità: “Spesso interveniamo solo dopo per riparare i danni e non per infrastrutturare i corsi d’acqua”. Massimo Iotti del Partito democratico ha sottolineato il carattere eccezionale di questa esondazione: “Con un livello di piena superiore di 81 cm rispetto al precedente livello massimo credo si possa parlare di evento anomalo. Oggi come oggi non ha senso pensare di innalzare gli argini, né per impegno né per costi. Questa
misura è diventata stretta, bisogna realizzare degli invasi”. Roberto Poli e Nadia Rossi del Pd replicano alla consigliera Piccinini (M5s): “Spesso persone che non hanno competenze specifiche sollevano ondate di protesta popolare- ha detto Poli- ci vuole rispetto dei livelli di responsabilità”. Nadia Rossi, invece, ha rilanciato ricordando come il Governo targato Pd avesse predisposto “un piano, Italia sicura, con cui chiedeva alle Regioni di fare una scala di priorità degli interventi da ultimare. Lista che tutti i territori dell’Emilia-Romagna hanno stilato. Un lavoro che si è rivelato inutile quando si è insediato il nuovo governo che ha bloccato i fondi. Da un anno quelle risorse sono ferme. Cosa si sarebbe potuto fare in questo anno?”.
Votate e respinte tre risoluzioni in commissione. Due presentate dal consigliere del gruppo misto Gian Luca Sassi, una dalla consigliera del Movimento 5 stelle Silvia Piccinini. Le due risoluzioni presentate da Sassi (la prima sulle indagini della magistratura riguardo le responsabilità dell’esondazione, la seconda sulla costituzione di una commissione scientifica per valutare le cause della rottura arginale) hanno trovato i voti favorevoli di Ln, M5s e Sassi-Misto, l’astensione di SI e i voti contrari del Pd. L’atto d’indirizzo presentato da Piccinini, che si concentrava sui risarcimenti alle popolazioni alluvionate, ha invece trovato il favore anche di SI, mentre il Pd è rimasto contrario. “Le risoluzioni- ha spiegato Sassi- non avevano l’intento di creare una gogna né di cercare colpevoli, ma volevano raccogliere considerazioni tecniche per migliorare le procedure, prevedere migliori scenari e interventi”.
(Giulia Paltrinieri)