Servizi sociali “paralizzati”, che faticano a prendere decisioni per timore delle ripercussioni. Rapporti tra servizi e comunità familiari interrotti da giugno e minori “confusi perché capiscono che la loro situazione è ‘contesa’ tra operatori e con indirizzi non concordi”. È il quadro tracciato in Commissione speciale d’inchiesta sul sistema di tutela dei minori in Emilia-Romagna da Giovanni Mengoli del Coordinamento regionale delle comunità per minori: un’associazione di associazioni che coordina la maggior parte delle strutture di accoglienza minori in regione. “L’inchiesta sui servizi della Val d’Enza ha causato un allarmismo che mette in difficoltà sia noi che gli assistenti sociali- ha spiegato Mengoli- e siamo molto preoccupati da una possibile rottura della filiera educativa e del tessuto sociale del nostro territorio. Ma siamo disponibili a portare il nostro contributo per un sistema di tutela di minori migliore”. E rilancia con alcune proposte: a partire dalla semiresidenzialità, una forma di accoglienza “più leggera” con educatori che incontrano le famiglie anche a casa e minori che rientrano in comunità solo la sera, ma anche l’ipotesi di “accreditamento” delle strutture. “Comporterebbe un aumento della burocrazia- ha spiegato- ma ci garantirebbe maggiore sostenibilità e la possibilità di mappare i bisogni e l’offerta”. Poi rilancia per un maggior coinvolgimento delle famiglie di origine: “L’accoglienza di un minore comporta in un qualche modo anche la presa in carico della sua famiglia. Ma chi se ne occupa? Non è molto chiaro, anche perché gli assistenti sociali sono spesso sommersi dal lavoro e gestiscono anche cinquanta casi contemporaneamente. Potremmo offrire servizi educativi anche alle famiglie e potenziare questo aspetto”.
Il presidente di commissione Giuseppe Boschini ha posto l’attenzione proprio sugli strumenti pratici che potrebbero migliorare il sistema e ha chiesto di approfondire il “profilo” dei minori accolti nelle comunità. “Si tratta principalmente di adolescenti tra i 14 e i 18 anni- ha chiarito Mengoli- dai minori stranieri non accompagnati a ragazzi con problematiche psichiatriche o di dipendenze. Le strutture sono attive h24 e seguono, grazie a professionisti, al massimo una decina di ragazzi”.
Sul rapporto con gli assistenti sociali e le relazioni dei servizi si è concentrato invece Massimiliano Pompignoli della Lega: “Collaborate alla relazione e avete la possibilità di leggerla prima che venga inviata al Tribunale?”. “Noi compiliamo una nostra relazione, ma per la mia esperienza non ricordo di avere mai letto quelle dei servizi. Potrebbe essere utile avere un riscontro”. Poi ha risposto al consigliere Ln anche sui costi medi per la presa in carico di un minore in struttura, che si aggirano tra i 115 e 140 euro al giorno, fino ai 260 per le comunità integrate, ossia quelle in cui ogni educatore segue al massimo tre ragazzi.
“Ci sono comunità ‘storiche’ e altre più giovani, ce ne sono alcune che potrebbero essere nate perché si tratta di un ‘business’ redditizio?”, ha chiesto Fabio Callori di Fratelli d’Italia. “Mi sento di escluderlo- ha concluso Mengoli- vi assicuro che è un lavoro molto impegnativo e che richiede professionalità specifiche. Anzi, la nostra preoccupazione è proprio sul futuro delle nostre attività, a causa della difficoltà legate al reperimento degli educatori e al turnover del personale, dovuto anche alla pesantezza dei turni notturni”.
È intervenuto in Commissione anche Luigi Costi, sindaco di Mirandola nei primi anni Duemila ai tempi dell’inchiesta “Veleno”: “La differenza tra il caso della bassa modenese e quello di Bibbiano è che nel primo caso ci sono processi fino al terzo grado di giudizio e si può parlare di fatti, sulla Val d’Enza le indagini sono ancora in corso. Non abbiamo mai avuto rapporti con il centro Hansel e Gretel e io non ho mai perso fiducia nei servizi sociali modenesi, credo si siano comportati bene e il fatto che nessun operatore dei servizi sia mai stato condannato per quei fatti lo dimostra”.
(Giulia Paltrinieri)