“Non è emerso alcun dato che, a livello regionale, possa aver creato in anticipo un allarme sulla Val d’Enza, perché i dati sugli affidamenti ‘reggiani’ non si discostano molto da quelli degli altri territori”. Lo dicono in Commissione speciale d’inchiesta sul sistema di tutela dei minori i tecnici regionali Gino Passarini, responsabile del Servizio Politiche sociali e socio educative e Mila Ferri, dirigente Salute mentale e dipendenze patologiche del Servizio assistenza territoriale, che hanno portato in Assemblea i dati sui minori in carico ai servizi: in val d’Enza nel 2017 sono stati 64, di cui 47 in affido e 17 in affido giudiziale a tempo pieno. “Non è un dato abnorme ed è rimasto praticamente invariato negli anni, non c’è stato un incremento anomalo tale da suscitare una particolare attenzione”. I dati a livello regionale. In Emilia-Romagna, nel 2017, i minori in carico sono stati 2.970, dei quali 1.529 in affido. Di questi in 452 casi si tratta di affido familiare consensuale, in 735 casi di affido familiare giudiziale, mentre negli altri casi si tratta di affido parentale. “Un dato buono- hanno commentato Passarini e Ferri- ci sono regioni in cui si va molto di più in comunità che in famiglia”. In Italia, fanno notare i tecnici, la propensione all’allontanamento è minore rispetto ad altri paesi europei (come Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna) e l’Emilia-Romagna si attesta sostanzialmente nella media rispetto alle altre regioni italiane. La spesa regionale per affidamento e collocamento di minori in comunità e famiglia è in totale di 72 milioni nel 2017 (nel 2016 erano 65 milioni, esclusa dal conteggio l’area di Piacenza) con un trend in aumento.
Sul dato regionale degli affidi chiede un chiarimento Massimiliano Pompignoli della Lega nord, che domanda quale sia nello specifico la durata degli affidamenti. “Non abbiamo dati precisi sui tempi- hanno risposto Ferri e Passarini- bisognerebbe investire di più nell’implementazione delle banche dati da parte degli enti locali”. A tal proposito i tecnici portano anche i dati della provincia di Reggio: i casi nel 2017 erano 66, di cui 18 nuovi. “Il turn over non è elevato, questo è un dato. Però non c’è neppure un incremento anomalo”. Una mancanza di informazioni che ha riguardato anche la commissione parlamentare sui minori, ha puntualizzato il presidente della commissione, Giuseppe Boschini. Tuttavia, ha aggiunto, citando un dato nazionale contenuto nella relazione finale della commissione parlamentare, “emerge che il 60% dei minori sarebbe in affidamento temporaneo da più di 24 mesi, che è il termine stabilito per legge ma prorogabile dal giudice”.
Sui dati della Val d’Enza qualche perplessità di Andrea Bertani (M5s): “Un accesso agli atti fatto da un consigliere del territorio della Val d’Enza ha evidenziato invece numeri su casi di maltrattamento e abuso di gran lunga superiori alla media regionale. Le nostre banche dati sono forse inefficienti? Questa commissione deve fare chiarezza sui rischi di discrezionalità, di ipervalutazione o distorsione ideologica, di intenti fraudolenti”. D’accordo anche Silvia Piccinini (M5s) che insiste proprio sulla carenza di controlli e sulla necessità di avere dati affidabili per fare comparazioni da territorio a territorio.
Fratelli d’Italia chiede spiegazioni sull’applicazione delle linee guida regionali sui territori: “Chi vigila sull’adesione ai protocolli a livello locale e come? Com’era la situazione a Reggio?”, chiede Giancarlo Tagliaferri. E incalza Michele Facci: “La vera criticità del sistema credo sia in materia di valutazione e trattamento dei casi di presunto abuso, fatte con modalità applicative differenti, comunità scientifica e Cismai”. Per Fabio Callori il problema è il modello organizzativo e la discrezionalità, ovvero il fatto che non ci sono linee guida chiare per i territori. “Abbiamo valutato tutti i protocolli locali- hanno precisato i tecnici di giunta- sia di persona che incontrando tutti i professionisti. Anche a Reggio il protocollo non si discostava dagli altri”.
“Si parla di linee guida stringenti a livello regionale, ma non esistono nemmeno a livello nazionale. Lo denuncia anche la Garante nazionale”, fa notare Paolo Calvano (Pd). “Utile ricordare come la competenza del servizio di tutela dei minori sia in capo ai Comuni, che possono delegare a Unione o Asl in base a linee guida regionali- sottolinea Igor Taruffi (Si)– ed è normale che esistano organizzazioni diverse a livello territoriale sul servizio di tutela dei minori, anzi è inevitabile e corretto. Questo si chiama principio di autonomia ed è sancito in via generale dalla nostra Costituzione. La Regione è competente da un punto di vista legislativo, ma organizzazione e spese sono di competenza degli Enti Locali. L’aspetto Importante per questa commissione è capire se il numero di assistenti sociali è adeguato o meno, se i mezzi a disposizione sono adeguati per garantire la salute e benessere dei minori. Dobbiamo forse destinare più risorse sui servizi sociali?”.
(Giulia Paltrinieri)
NOTA PER LE REDAZIONI: domani l’invio del comunicato su audizione Cismai e relativo dibattito.