La lampada della tomba di Riccardo Parisi torna a splendere. Con una cerimonia svolta oggi alla Certosa di Bologna, è stata riaccesa la lampada votiva del dipendente dello Stato italiano che, dall’interno della Questura di Bologna, negli anni dell’occupazione nazifascista salvò vite umane e documentò la “banalità del male” in camicia nera.
Una decisione arrivata grazie alla collaborazione tra più enti: insieme all’Assemblea legislativa, anche il Comune di Bologna e l’Istituto Parri che hanno sostenuto l’iniziativa di un gruppo di cittadini che hanno raccontato e diffuso la storia di Riccardo Parisi.
“Una verità per troppi anni dimenticata, ma che è uno spaccato di impegno civile e senso dello Stato e delle istituzioni: per questo, come Assemblea legislativa, ringraziamo tutti i cittadini impegnati in questo importante evento e l’Istituto Parri che, all’interno della nostra collaborazione, ha deciso di accompagnarli”, spiega la presidente Simonetta Saliera.
La vicenda di Parisi parla di atti di comune eroismo, gesti semplici che, però, in un’Italia occupata dai nazifascisti fecero la differenza tra la vita e la morte, tra la verità e l’oblio. Parisi, infatti, durante i mesi della Repubblica Sociale Italiana, salvò vite umane. Poi il riservo, una vita nell’ombra, discreta, senza attestati di eroismo.
Una scelta da “servitore dello Stato”. Eppure la “banalità del bene” resiste all’usura del tempo e così, a 37 anni di distanza dalla sua morte, un gruppo di cittadini ha inteso pagare di tasca propria l’illuminazione della tomba di Riccardo Parisi, conferendo al gesto una valenza istituzionale, storica e simbolica. “Dall’interno della Questura di Bologna Parisi operò per sostenere la Resistenza ed aiutare i perseguitati. Agì – spiega Luca Alessandrini, direttore dell’Istituto Parri – correndo grandi rischi e nel dopoguerra mantenne uno stile di grande discrezione, al punto che i più nulla hanno saputo di lui”.
Riccardo Parisi fra l’8 settembre 1943 e il 21 aprile 1945 mise in piedi una struttura di intelligence in grado di raccogliere informazioni in tutti gli ambienti cittadini, falsificare documenti e costituire un importante archivio clandestino, recuperato fortunatamente due anni fa sul lago di Garda. Parisi è stato anche l’autore dell’ultimatum accettato dal Comando militare tedesco il 20 aprile 1945, che salvò Bologna, dichiarata “città aperta”, dalla distruzione da parte dei tedeschi in fuga. Insieme al dottor Filippo D’Ajutolo raccolse anche un importante documentario fotografico con le prove delle torture inflitte dai gerarchi bolognesi agli oppositori politici, partigiani o presunti tali, fotografati con i loro corpi devastati sui tavoli dell’obitorio.