La legge 28 del 2000, cosiddetta legge sulla par condicio, va riformata, dato che è necessario affrontare il tema dei nuovi media. Inoltre, risulta troppo vincolante per le pubbliche amministrazioni.
Questo, in sintesi, quanto emerso dall’incontro di Bologna, organizzato dal Corecom in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti, sul tema della par condicio.
È lo stesso presidente del Corecom dell’Emilia-Romagna, Giancarlo Mazzuca, a parlare, anche rispetto ai prossimi appuntamenti elettorali di giugno, elezioni europee ed elezioni amministrative, di “legge con evidenti limiti, per certi aspetti di difficile applicazione”. “Serve un confronto – rimarca – con tutti gli attori interessati che porti alla revisione di questa norma, affrontando anche il tema delle nuove tecnologie, a garanzia del pluralismo”. Anche per Antonietta Polcaro dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) “la legge è anacronistica e servono interventi concreti, dato che non viene applicata sempre in modo omogeneo, a partire dalle pubbliche amministrazioni”. “Per questo – aggiunge – abbiamo predisposto un piccolo manuale di FAQ (domande poste frequentemente) nell’intento di fare chiarezza e dare adito a interpretazioni sbagliate”.
A entrare nel merito dell’applicazione della legge per la pubblica amministrazione è il professore dell’Università di Ferrara Gianluca Gardini: “La comunicazione della pubblica amministrazione, afferma la legge sulla par condicio, deve essere caratterizzata da indispensabilità e impersonalità, ma per definizione questo tipo di comunicazione è impersonale e anche doverosa, quindi indispensabile”. Parliamo, aggiunge, “di una funzione pubblica, quella della comunicazione istituzionale, che le amministrazioni devono inderogabilmente svolgere. È impensabile arrivare alla sospensione di un servizio pubblico”. Questa norma, conclude il docente, “va riscritta”. Anche per il professore dell’Università di Macerata Simone Calzolaio la legge presenta criticità: “Si tratta di una norma rigida, inadeguata a garantire il pluralismo, con i nuovi media diventa difficile gestire la quantità e la velocità delle informazioni: questa quantità immersiva di informazione produce in realtà disinformazione”.
Per Anci e Regione Emilia-Romagna sono intervenuti Mauro Sarti, direttore del Servizio informazione e comunicazione istituzionale dell’Assemblea, e Giovanni Vignali, portavoce del sindaco di Reggio Emilia. Sempre sulla legge 28 del 2000, Sarti suggerisce: “È importante fare una sorta di moral suasion sulla politica affinché intervenga per modificare una legge che tutti definiamo anacronistica”. Sull’applicazione nella pubblica amministrazione, Sarti aggiunge: “Come afferma lo stesso professor Gardini, se si azzoppa un servizio pubblico non si fa il bene della democrazia. Il giornalista è soggetto a un codice deontologico, di per sé già una forma di garanzia”. Vignali parla di “situazione distopica e di necessità di rivedere la legge, in quanto la comunicazione dell’ente si blocca anche per elezioni che riguardano territori distanti centinaia di chilometri”.
Michelangelo Bucci dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna richiama l’attenzione sulla crisi dei media tradizionali: “Oggi c’è poca fiducia da parte del cittadino nei confronti dei giornalisti, È importante riflettere su come si danno le notizie, con particolare attenzione alle fonti”.
Hanno aperto il seminario i consiglieri regionali Andrea Costa, dell’Ufficio di presidenza dell’Assemblea, e il presidente della commissione assembleare per la Parità e per i diritti delle persone Federico Amico. Entrambi hanno sottolineato l’importanza di un’informazione chiara ed equilibrata.
A moderare l’incontro Giorgio Tonelli, vicepresidente del Corecom dell’Emilia-Romagna.
Il Corecom ricopre funzioni di governo e controllo del sistema delle comunicazioni regionale, a partire dalla parità d’accesso durante le campagne elettorali. Interviene, inoltre, nelle controversie tra i gestori dei servizi di telecomunicazioni e gli utenti.
(Cristian Casali)