Parità, diritti e partecipazione

Lavoro e conciliazione al centro della 5^ edizione del Bilancio di genere della Regione

Il documento è stato illustrato in commissione dall’assessora alle Pari opportunità Barbara Lori. I consiglieri hanno offerto diversi spunti per le prossime edizioni

È arrivato alla 5^ edizione il Bilancio di genere, uno strumento di monitoraggio per valutare l’equità e l’efficienza dell’azione amministrativa inerente alle politiche di parità. Con dati riferiti al 2020, il nuovo Bilancio è stato illustrato in Commissione Parità, presieduta da Federico Amico.

“Uno strumento- ha spiegato l’assessora alle Pari opportunità Barbara Lori– che nasce da un percorso avviato da prima dell’approvazione della legge regionale 6 del 2014 e che ci ha permesso di fare un passo avanti importante grazie alla sinergia con gli enti locali. Si tratta di un lavoro complesso, che ogni volta si arricchisce di contributi e sguardi nuovi. Questo Bilancio di genere riguarda un periodo particolare, il 2020, che ha inciso su una serie di variabili di cui nelle prossime edizioni terremo ovviamente conto. Gli spunti offerti dalla commissione saranno utili per avviare il percorso”.

L’assessora Lori ha poi aggiunto: “Abbiamo scelto di focalizzare questa edizione sulle tematiche del lavoro e della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, temi strategici per lo sviluppo economico e occupazionale, in linea con Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e in continuità con la ricognizione già avviata dalla Regione sull’impatto del Covid. La scelta deriva da un’analisi dei dati, che mostrano come la pandemia abbia avuto un impatto significativo, in particolare sull’occupazione femminile”.

“Il nostro impegno- ha concluso l’assessora- è consolidare la rete dei servizi, rafforzare gli investimenti in istruzione e formazione professionale e soprattutto promuovere e sostenere un’occupazione di qualità e l’imprenditorialità femminile. Dobbiamo cioè valorizzare quegli elementi che hanno permesso alla nostra regione di avere tassi di occupazione femminile paragonabili a quelli delle regioni europee più avanzate, sapendo che ancora molte sono le disparità da colmare e continuando al contempo le azioni di cambiamento culturale, per combattere stereotipi consolidati e promuovere una cultura delle differenze”.

Flavio Bruno, del servizio Pari opportunità e cultura di genere della Regione Emilia-Romagna ha confermato che la scelta di concentrarsi su temi quali lavoro e conciliazione “è stata una scelta di continuità, alla luce delle evidenze emerse in conseguenze della pandemia”. A supporto dell’analisi effettuata ci sono dei dati: “In Emilia-Romagna- ha spiegato Bruno- nella fascia di età 25-64 anni, nel 2020, a fronte di un tasso di occupazione del 68,8% si è registrato un ‘gap’ tra uomini e donne, con il 65% circa degli uomini occupati e il 62% circa di donne occupate. La grande attenzione per la parità di genere è dimostrata dagli investimenti fatti dalla Regione: nell’ultimo bilancio, da 12,1 miliardi di euro, ammontano a 869 milioni le azioni rendicontate che possono avere un impatto in ottica di genere. Confermati i bandi promossi dall’assessorato alle Pari opportunità, uno per promuovere la partecipazione delle donne nella vita economica del territorio, uno per promuovere azioni volte a combattere gli stereotipi, del valore di un milione di euro ciascuno”.

Il dibattito ha visto l’intervento di diversi consiglieri e tutti hanno evidenziato la bontà del lavoro svolto.

Secondo Valentina Castaldini (Forza Italia) “va evitato il rischio di dire sempre che l’Emilia-Romagna è brava. In questa relazione, infatti, ci sono aspetti fondamentali che sono assenti. L’attenzione è posta quasi tutta al lavoro”. La programmazione, ha ricordato la consigliera azzurra, ingloba il Piano interno e il Piano integrato delle politiche di genere e per avere una visione “ai consiglieri dovrebbero arrivare il report iniziale, quello di monitoraggio e quello finale. Nel Bilancio non si parla di azioni rivolte all’inclusione dei figli, aspetto diventato preoccupante durante la pandemia. Oltre alla famiglia, alla cura degli anziani, la donna impiega tempo per la cura dei bambini e, a oggi, la Regione su questo non ha un piano”. Castaldini ha lanciato un appello: “Bisogna fare un passo in più, uscire dal tema del lavoro, perché a differenza di altri ruoli, la vita della donna è globale e ha a che fare con la realtà, che è complessa”.

Roberta Mori (Partito democratico) ha evidenziato come “sia positivo che il Piano integrato e quello di Bilancio siano previsti insieme nella legge. È un piccolo passo in avanti. Il Bilancio di genere serve per dare elementi per riorientare le politiche, che siano più adeguate ai bisogni emergenti. Nella legge 6 del 2014 inserimmo una moral suasion per spingere gli Enti locali a introdurre il bilancio di genere, che non deve essere vissuto come un adempimento burocratico”. Mori ha poi parlato delle missioni evidenziate nel Bilancio facendo l’esempio dell’impatto diretto e indiretto di varie situazioni (vita sana, sport, istruzione, etc) che vanno considerate: “Nella vita delle donne, dal termine dell’università fino all’età adulta, c’è un buco sullo sport e sulla vita salutare e questo ha un grande impatto indiretto sulla vita”.

Michele Barcaiuolo (Fratelli d’Italia) ha affermato che “il lavoro è ben svolto, ma non condivido del tutto il modo in cui certi dati vengono spiegati. Ha detto bene Castaldini, è inutile fermarci ai dati di donne che chiedono part time o sono attive. La libertà di scelta viene prima delle statistiche – molte vorrebbero aver più tempi per i figli – e questo coinvolge le politiche per la famiglia. Ad esempio, nella fascia 0-3 anni la donna ha un ruolo più importante nella crescita dei figli”. Il consigliere ha poi detto no “al 50% di posti per uomini e donne in certe posizioni, perché questo sì che penalizza. Bisogna valorizzare il merito ed eliminare gli ostacoli che lo minano. Non parità di quote, ma parità al punto di partenza, parità di opportunità”. Perplessità di Barcaiuolo, infine, anche riguardo al Bilancio di genere: “Non va limitato alle statistiche sull’occupazione. Ad esempio, il part time non tutti se lo possono permettere per motivi economici. Serve una visione di insieme, globale, che potrebbe dare risposte migliori”.

Per Simone Pelloni (Lega) “se questa misura vuole diventare strutturale negli enti locali, va fatto un periodo di formazione del personale affinché diventi una prassi. Prima del Bilancio di genere, per le amministrazioni pubbliche c’era il ‘bilancio sociale’, uno strumento che contiene già tutti gli indicatori e gli obiettivi per il superamento delle diseguaglianze. Il rischio è che il Bilancio di genere sia solo un focus, per cui sarebbe opportuno che la pubblica amministrazione mettesse a punto uno strumento complessivo, con uno sguardo più ampio. Il Bilancio di genere inserito nel ‘bilancio sociale’ potrebbe agevolare il compito, comprendendo tutte le materie in tema di welfare”.

(Lucia Paci e Gianfranco Salvatori)

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