Sostenere economicamente le donne vittime di violenza con un ‘reddito di libertà’, come fatto in Sardegna, da destinare alle donne vittime di violenza per le spese di sussistenza, alloggio, mobilio, salute, educazione e socializzazione dei figli, corsi professionali, concepito, insomma, per offrire alle donne la possibilità di ricominciare una vita autonoma, favorire
il percorso di emancipazione verso l’autonomia e sollecitare, a livello nazionale, la modifica dei criteri di calcolo dell’Isee affinché quello delle donne vittime di violenza venga “scorporato” da quello dei mariti o compagni. Una risoluzione approvata dall’Aula e a prima firma Nadia Rossi del Partito democratico (a cui si sono aggiunte le firme di Katia Tarasconi, Andrea Costa, Stefano Caliandro, Lia Montalti, Marcella Zappaterra, Roberta Mori, Manuela Rontini, Massimo Bulbi, Marilena Pillati, Luca Sabattini, Matteo Daffadà, Marco Fabbri, Palma Costi, Antonio Mumolo, Stefania Bondavalli e Giulia Pigoni della lista Bonaccini, Silvia Zamboni di Europa Verde e Federico Amico di Emilia-Romagna Coraggiosa).
“I dati, soprattutto legati alla pandemia- spiega Rossi- mostrano l’aggravarsi della situazione: le donne che hanno chiesto aiuto ai centri antiviolenza nel 2019 sono state complessivamente 4.389 e di queste 4.035 hanno subìto violenza (il 92%). Mettendo a confronto i dati del 2019 con quelli raccolti nel 2017, e nel 2018 si evidenzia un incremento costante delle donne accolte di circa 5% l’anno”. Proprio di fronte a questi numeri, la consigliera dem chiede massima attenzione al sostegno economico alle donne vittime di violenza e all’emancipazione femminile dal punto di vista lavorativo.
Anche perché, “questo tipo di violenza- sottolinea Roberta Mori (Pd)– spesso resta ai margini, ma è significativo. Da parte della Regione Emilia-Romagna non sono solo dichiarazioni di intenti ma stiamo da sempre attivando politiche di sostegno. E sicuramente è necessario riqualificare il percorso delle donne soprattutto se si hanno figli a carico, perché davvero serve massima attenzione”. Secondo Federico Alessandro Amico (ER Coraggiosa) “il dato della disoccupazione che ha coinvolto per il 98% le donne è preoccupante, abbiamo anche visto come molte donne abbiano rinunciato a rimettersi nel mercato del lavoro. La pandemia ha seriamente colpito le donne, già messe a dura prova nei lavori non retribuiti, come assistenza ai figli e ai parenti, e le costringono a rinunciare a cercare lavoro”.
Valentina Stragliati (Lega) evidenzia come “sia doveroso sottolineare che con la legge ‘Codice Rosso’ siano previste nuove fattispecie di reato tra cui proprio la violenza di natura ‘economica’, che non era mai stata riconosciuta e considerata. Anche i sindaci spesso si trovano a dover gestire situazioni difficili perché spesso le donne non hanno una rete di amici e parenti a cui potersi rivolgere. Spesso sono donne che non hanno mai lavorato, con mancanza di formazione in tanti casi; dunque, serve un accompagnamento a 360 gradi”.
La consigliera di Europa Verde Silvia Zamboni rimarca come “la pandemia abbia evidenziato ancora di più il tema delle violenze, per cui serve offrire valide alternative alle donne che ne sono vittima. E bisogna prevedere percorsi di recupero anche per i figli. Inoltre, abbiamo chiesto l’introduzione della valutazione di impatto di genere per valutare in anticipo le misure che si mettono in campo, quale sia l’impatto sul genere maschile e su quello femminile”.
Stefania Bondavalli e Giulia Pigoni (lista Bonaccini) evidenziano come “le donne che hanno chiesto aiuto ai centri antiviolenza sono aumentate di numero e questo è un incremento che preoccupa. La violenza di natura ‘economica’ è una forma di violenza subdola e spesso le donne vengono tagliate fuori dalla gestione delle finanze familiari”.
Infine, Francesca Maletti (Pd) sottolinea come “sia necessario restituire il futuro a queste donne, anche prevedendo corsi di formazione”.
(Margherita Giacchi)