Le Poste italiane sono un servizio per tutte le comunità, soprattutto per quelle più piccole e distanti dalle città, per questo non è giusto che vengano chiusi molti uffici postali. Con queste motivazioni, e in vista del Ddl appena licenziato dalla Camera sulle misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli Comuni, Gian Luigi Molinari (Pd), primo firmatario e Igor Taruffi di Sel, hanno chiesto in una risoluzione che vengano riaperti tutti gli uffici soppressi– una cinquantina solo nel 2015- “riavviando un’intesa tra Poste e Regione (coinvolgendo Anci) eventualmente stabilendo orari/giornate ridotte e con un ragionamento complessivo a livello regionale” che però consenta il mantenimento del servizio ai cittadini, specie quelli residenti nelle zone più disagiate.
Il ddl in discussione alla Camera, fanno notare i consiglieri di maggioranza, prevede la possibilità per i Comuni, “anche in forma associata” e di concerto con la Regione, di proporre la riapertura degli uffici, che potranno erogare i classici servizi postali “congiuntamente ad altri servizi”. C’è dunque “uno spiraglio per la riapertura degli uffici chiusi, eventualmente anche con modalità flessibili che coniughino l’esigenza di contenimento dei costi e quella di servizio alla popolazione”.
Già molte amministrazioni comunali in questi ultimi due anni, come ricordano i presentatori della risoluzione, hanno avviato ricorsi ritenendo che gli interventi di Poste italiane non abbiano tenuto conto dei disagi arrecati alla popolazione, soprattutto anziana, in zone montane dove gli spostamenti non sono né veloci, né agevoli e che “modificare un servizio dove diventa presidio sociale delle fasce più deboli non può essere una scelta di mercato”.
Con Molinari e Taruffi hanno firmato la risoluzione Ottavia Soncini, Stefano Caliandro, Giuseppe Boschini, Katia Tarasconi, Manuela Rontini, Luca Sabattini, Lia Montalti e Paolo Zoffoli, tutti del Pd.
(Marco Sacchetti)