Sanità e welfare

Pd, Lista Bonaccini, ER Coraggiosa: potenziare la sanità territoriale e finanziare le Case della comunità

Risoluzione a prima firma della democratica Ottavia Soncini: “Siamo preoccupati dalle scelte del governo di depotenziare la sanità pubblica a favore di un modello privatistico”

Con l’obiettivo di potenziare la sanità territoriale, la richiesta alla giunta è quella di mantenere i fondi del Pnrr per le Case di comunità, “promuovere la condivisione delle migliori pratiche e l’interazione tra le diverse regioni” e coinvolgere gli Enti locali e le “organizzazioni della società civile, nella promozione di iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza delle Case della Comunità e dell’assistenza sanitaria territoriale”.

Lo propone una risoluzione dell’intero gruppo del Partito democratico, di Emilia Romagna Coraggiosa e della Lista Bonaccini, prima firmataria Ottavia Soncini. L’impegno chiesto alla Regione al primo punto vede il mantenimento delle risorse previste dal Pnrr “nonché le risorse previste dal DM 77 per il loro funzionamento, sia sul fronte del personale necessario, sia sul fronte della gestione, al fine di potenziare l’assistenza sanitaria territoriale”. La risoluzione, poi, chiede la promozione “delle migliori pratiche e l’interazione tra le diverse regioni, al fine di favorire lo scambio di esperienze e l’adozione di approcci innovativi nell’implementazione delle Case della Comunità e dell’assistenza sanitaria territoriale”. Infine, Soncini impegna la giunta a “coinvolgere attivamente le istituzioni regionali e locali, nonché le organizzazioni della società civile, nella promozione di iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza delle Case della Comunità e dell’assistenza sanitaria territoriale”.

Il documento è firmato anche dai consiglieri Marilena Pillati, Palma Costi, Andrea Costa, Francesca Maletti, Roberta Mori, Federico Alessandro Amico (ER Coraggiosa), Stefania Bondavalli (Lista Bonaccini), Marcella Zappaterra, Pasquale Gerace, Matteo Daffadà, Manuela Rontini, Francesca Marchetti, Giuseppe Paruolo, Mirella Dalfiume e Lia Montalti.

Il documento esprime preoccupazione “in merito alle possibili scelte del Governo sulla Missione 6 del PNRR e sulla volontà di depotenziare un sistema sanitario pubblico universalistico a favore di un modello privatistico, possano essere smentite con proposte concrete ed operative”. La preoccupazione, si legge nel testo, “appare allarmante perché il Governo, senza il confronto con il Parlamento, con le Regioni e con gli Enti Locali interessati, sembrerebbe orientato a tagliare una parte significativa delle Case della Comunità e degli Ospedali di Comunità, senza svolgere il proprio ruolo di risolutore dei problemi di attuazione della Missione 6 del PNRR”. Secondo Soncini, “tutto ciò si connette alle scelte già fatte dal Governo di indebolire la sanità pubblica non riconoscendo le maggiori spese Covid e le maggiori spese per l’energia elettrica alle Regioni; la mancanza totale di attenzione sul versante contrattuale, di formazione e reclutamento del personale sanitario nel servizio sanitario pubblico, a fronte di una sanità privata particolarmente “attrattiva”; l’introduzione nel dibattito politico della proposta delle assicurazioni private quale modalità di finanziamento della sanità , in pieno contrasto con la legge di riforma sanitaria fondamentale (la legge n. 833 del 1978″.

Il Pd afferma che Case della comunità, Ospedali di Comunità, Centrali Operative territoriali all’origine del PNRR derivano dall’esperienza della pandemia da Covid. Entro il 2030 queste strutture dovranno garantire ai cittadini: “l’accesso unitario e integrato all’assistenza sanitaria, sociosanitaria e socioassistenziale; la prevenzione e promozione della salute; la presa in carico di persone con problemi di cronicità e di fragilità; la valutazione del bisogno della persona e l’accompagnamento alla risposta più appropriata; la risposta alla domanda di salute della popolazione e la garanzia della continuità dell’assistenza; l’attivazione di percorsi di cura multidisciplinari che prevedono l’integrazione tra servizi sanitari, ospedalieri e territoriali, e tra servizi sanitari e sociali”. Serve, quindi, un finanziamento e l’attuazione del decreto ministeriale 77  per far sì che le Case della comunità  rappresentino “un punto di riferimento certo per l’accesso dei cittadini alle cure sanitarie territoriali, un luogo al quale i cittadini possano rivolgersi in ogni momento della giornata, che assicuri risposta competente e adeguata ai diversi bisogni di salute e di assistenza”.

(Gianfranco Salvatori)

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