“Quali iniziative intende assumere la Regione a tutela delle Aziende e dei lavoratori del settore biomedicale?”. A chiederlo è Michele Facci (Lega) il quale sottolinea il superamento del tetto di spesa per i dispositivi medici per gli anni dal 2015 al 2018 (oltre 365 milioni il disavanzo registrato), così come la pronuncia della Corte dei Conti per un contenimento della spesa per dispositivi medici e spesa farmaceutica. L’atto è stato firmato anche dai colleghi di gruppo Daniele Marchetti e Matteo Rancan.
A fronte dei deficit registrati e della normativa nazionale in tema di “razionamento della spesa per beni e servizi, dispositivi medici e farmaci”, che prevede una compartecipazione economica delle aziende fornitrici di dispositivi medici da un minimo del 40% fino ad un massimo del 50%, il consigliere leghista esprime la sua preoccupazione per il distretto biomedicale poiché le aziende fornitrici “si trovano costrette a compartecipare al ripiano del disavanzo della spesa sanitaria regionale, nonostante i precisi obblighi di monitoraggio e adozione di misure di contenimento della spesa sanitaria, gravanti sul sistema regionale dei dispositivi medici”.
Per Facci, quindi, “sono molte le aziende che corrono il pericolo di chiusura e altrettanti lavoratori rischiano il posto di lavoro a causa di una gestione amministrativa e finanziaria da parte del Servizio sanitario regionale, in ordine agli acquisti di dispositivi medici, certamente poco oculata e attenta, e comunque in difformità con quanto prescritto dal D.L. 6.7.2011 n° 98 (“Le Regioni monitorano l’andamento della spesa per acquisto dei dispositivi medici”) e con gli stessi rilievi giunti dalla Corte dei Conti”.
Stante la situazione rappresentata, il leghista si rivolge all’esecutivo regionale per capire quali tutele voglia garantire la giunta per tutelare i lavoratori di uno dei settori più importanti dell’economia emiliano-romagnola.
In fase di replica, l’Assessore alle politiche per la salute Raffaele Donini ha chiarito come “il payback per dispositivi medici è una legge dello stato risalente al 2011 e poi modificata nel 2015. Nonostante non sia stata mai applicata, il governo Draghi ha ritenuto di avvalersi di tale norma inserendola nel Decreto del luglio 2022. Si tratta quindi di un atto dovuto anche se abbiamo adeguatamente sostenuto in Conferenza Stato-Regioni le perplessità su tale decisione consistente in entrate per nulla certe e sotto forma di fondo straordinario”.
Donini sottolinea poi come l’Emilia-Romagna sia una delle 17 regioni “che ha sforato un tetto di spesa inferiore rispetto alla spesa storica e che ha nuociuto soprattutto alle regioni con un forte sistema sanitario pubblico”. Favorevole alla convocazione di un tavolo nazionale che affronti concretamente il tema del payback, Donini chiarisce anche che “l’Emilia-Romagna non vuole certo fare cassa in questa maniera, ma gradirebbe fondi strutturali adeguati per far fronte alle spese che è chiamata a sostenere”.
In fase di replica Facci si è detto non soddisfatto delle risposte ottenute. “Il payback di cui parliamo ora si riferisce al periodo 2015-2018, quando non c’era il Covid e non c’era la crisi energetica. Piuttosto c’è da preoccuparsi quando arriveranno le spese del periodo 2020-2022. Il superamento del tetto di spesa significa solo una non corretta gestione della spesa nelle fondamentali azioni di amministrazione preventiva e consuntiva e la promessa di un generico tavolo per discutere del sistema payback non rappresenta certo un sostegno concreto a un settore in grave crisi”.
(Luca Boccaletti)