Governo locale e legalità

I Costituzionalisti e l’autonomia rafforzata: definire livelli essenziali e costi standard in un nuovo quadro legislativo

La ricetta di Paolo Caretti (Università di Firenze) e Andrea Morrone (Università di Bologna) in un seminario organizzato dalla Consulta di garanzia statutaria che chiede anche di riformare la legge che la istituisce

da sinistra Andrea Morrone (Unibo) e Paolo Caretti (Unifi)

Un seminario di studio, quello organizzato oggi dalla Consulta di garanzia statutaria dell’Emilia-Romagna, incentrato sullo Statuto regionale prima e dopo la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 e sull’autonomia regionale rafforzata.

Dopo il saluto del consigliere regionale Stefano Caliandro e del Capo di gabinetto Andrea Orlando, in rappresentanza rispettivamente dell’Assemblea legislativa e della Giunta, che hanno auspicato “un rapporto più stretto fra Consulta di garanzia statutaria, Assemblea legislativa ed esecutivo regionale nonché con il sistema delle autonomie locali e la società regionale”, è stato Francesco Antonio Moschella, presidente della Consulta, a ripercorrere il quadro storico e giuridico nel quale è nata la riforma costituzionale del 2001, che ha modificato in senso cosiddetto federalista il Titolo V. “Una riforma incompiuta- ha affermato il presidente- che ha generato una lunga stagione di contenziosi tra Stato e Regioni solo parzialmente mitigata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e che reclama l’intervento del legislatore nazionale, del governo e delle forze politiche”.

Il professor Paolo Caretti, costituzionalista dell’Università di Firenze, ha passato in rassegna i punti di forza e le criticità degli statuti regionali dopo la riforma del 2001, parlando di “aspettative delle Regioni riguardanti il rango costituzionale degli statuti andate sostanzialmente deluse, anche se la riforma, che ha rafforzato la figura del presidente della Regione e della Giunta, ha sancito il passaggio epocale dalla democrazia partecipata alla democrazia decidente, nel segno del potenziamento della governabilità”. Oggi – ha sottolineato il costituzionalista – c’è bisogno di dare piena applicazione al Titolo V, specie in materia di trasferimento di competenze e funzioni amministrative alle Regioni, più che di riformarlo. Infine, in merito alla richiesta di maggiore autonomia da parte delle Regioni, Caretti ha indicato come prioritaria e preliminare “la definizione in sede nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni e dei costi standard”.

Francesco Antonio Moschella, presidente Consulta di garanzia statutaria

Il professor Andrea Morrone, costituzionalista dell’Università di Bologna, ha fatto il punto sul regionalismo nel nostro Paese, valutando “difficile la riapertura di una stagione di riforme costituzionali, anche se ci sono molti nodi irrisolti che riguardano le Regioni: da come dare corso alle istanze di autonomia rafforzata a come riequilibrare il rapporto tra la Regione e il sistema delle autonomie locali e tra il presidente della Regione e la comunità regionale”. La figura forte del presidente della Regione, – ha proseguito il costituzionalista – che dopo la riforma costituzionale è diventato una sorta di “governatore” plenipotenziario, sta avendo un peso rilevante nella nuova stagione del regionalismo differenziato, che si sta configurando come “troppo giocata sull’intesa tra due governi, quello nazionale e quello della Regione interessata, relegando il Parlamento a un ruolo di mera ratifica”. La soluzione – ha concluso Morrone – può essere “un quadro di riferimento giuridico essenziale del Parlamento che faccia da guida alle intese tra governo e Regioni, al fine di evitare una sorta di secessione strisciante”.

Il seminario si è concluso con una riflessione dei membri della Consulta di garanzia statutaria – il vicepresidente Massimo Romolotti e i consultori Caterina Grechi, Paolo Siconolfi, Deborah De Cicco – sul ruolo dell’organo nelle attuali dinamiche istituzionali e di governo regionali nonché nel quadro dell’eventuale concessione di un’autonomia rafforzata, indicando come ineludibile “una revisione della legge regionale che istituisce e disciplina la Consulta”.

(Luca Govoni)

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