Valutazione di impatto sanitario “complessiva”; suddivisione dell’impianto “in impianti di taglia inferiore su base provinciale in adesione al principio di un trattamento locale dei rifiuti secondo i requisiti di autosufficienza e prossimità”; “una commissione permanente per il controllo del corretto funzionamento dell’impianto”, da allargare agli “enti locali interessati ed aperta ai rappresentanti delle organizzazioni dei cittadini attive nella tutela ambientale del territorio e nella difesa della salute pubblica, affiancata da esperti del settore”. Sono le tre proposte principali di Giulia Gibertoni (M5s) contenute in un’interrogazione che interviene sulla procedura di Via dell’impianto di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti con successiva raffinazione del biogas a biometano a Gavassa di Reggio Emilia, proposto da Iren Ambiente. L’impianto, ricorda Gibertoni, col trattamento della frazione organica produrrebbe anche un fertilizzante impiegabile anche in agricoltura tradizionale e biologica. La base di lavoro sarebbe di 100.000 tonnellate/anno di frazione organica e il composto ottenuto da 67.000 tonnellate/anno di scarti di legna proverrebbe totalmente dal reggiano, mentre la frazione organica dei rifiuti solidi urbani verrebbe per 30.000 tonnellate/anno da Reggio Emilia, circa 35.000 tonnellate/anno da Parma, circa 15.000 tonnellate/anno da Piacenza e circa 25.000 tonnellate/anno da altri bacini. Come confermato dallo stesso proponente Iren, “i rifiuti in ingresso sono tutti conferiti tramite trasporto su gomma”. Ed è qui che si appuntano le preoccupazioni della pentastellata, perché il movimento “genererebbe ulteriore, notevole, traffico stradale in uscito dall’impianto, con relativo inquinamento atmosferico, inquinamento da rumore, impatto sulla mobilità locale”; inoltre “per il controllo dei biofiltri all’emissione e le relative concentrazioni di Unità di odore non esisterebbero, allo stato attuale, limiti di riferimento per la Regione Emilia-Romagna” anche perché la nuova legge regionale in materia di valutazione di impatto ambientale, del 17 aprile 2018, “non è, ad oggi, ancora vigente”.
Gibertoni critica poi la “taglia dell’impianto”: “chiaramente dettata dalla volontà del proponente- scrive nell’interrogazione- del tutto lecita ma non necessariamente coincidente con il pubblico interesse, di realizzare notevoli economie di scala servendosi di una taglia dell’impianto quanto più grande possibile, massimizzando cosi i profitti, ma ovviamente ciò impone ai rifiuti in ingresso, che possono arrivare anche dalla provincia di Piacenza, una maggiore percorrenza e, quindi, un maggior inquinamento prodotto dagli automezzi dedicati al loro trasporto, che poteva essere diminuito- propone la consigliera- realizzando per esempio tre impianti di taglia inferiore”. Gibertoni dunque chiede alla giunta “se non consideri opportune una serie di prescrizioni a carico del proponente quali: la creazione di una rete pubblica di monitoraggio e controllo delle emissioni in atmosfera e
degli odori in dispersione al servizio dell’impianto; un vincolo che impegni innanzi tutto il proponente a non ampliare, in futuro, le dimensioni già notevoli dell’impianto (si parla
già oggi di processare ulteriori 50 mila tonnellate/anno di frazione organica portando il totale a 150 mila tonnellate) e successivamente arrivando alla suddivisione dell’impianto su base provinciale”; e infine se non sia il caso di “concordare” con Iren ambiente “una quota significativa delle risorse finanziarie provenienti dagli utili di impresa derivanti dalla gestione dell’impianto per investirla interamente in opere di mitigazione ambientale a tutela del territorio e delle sue comunità”.
(Marco Sacchetti)