Galeazzo Bignami (Fi), in una interrogazione, invita la Giunta a relazionare “sulla situazione organizzativa e procedurale nei servizi di Pronto soccorso di ogni Asl emiliano-romagnola” e sul “mancato rispetto della normativa che prevede la presenza del medico di centrale operativa del 118”.
Nel testo, il consigliere mette sotto la lente di ingrandimento la situazione “difficile” in cui i medici del 118 si troverebbero ad esercitare la professione e punta il dito, in particolare, sul recente episodio culminato nella “sospensione, da parte della commissione medica dell’Ordine di Bologna, di quattro professionisti che avrebbero dato il via libera al fenomeno degli infermieri lasciati soli a bordo delle ambulanze”.
Bignami scrive che in Emilia-Romagna “non sarebbero ancora previste linee guida regionali”, per cui ogni Azienda si doterebbe, sul fronte dell’emergenza territoriale, di una propria un’organizzazione, determinando “uno sviluppo disomogeneo” tra un’Asl e l’altra. Di conseguenza, segnala il consigliere, “un paziente colpito dalla medesima patologia sarebbe assistito con procedure diverse a seconda dell’Azienda che gestisce quell’area territoriale”.
Negli ultimi anni, inoltre, riferisce, si sarebbe assistito alla “progressiva demedicalizzazione di alcune postazioni, con contestuale sostituzione del medico con l’infermiere (come in provincia di Modena, per le ambulanze di Zocca e Montese), a cui sarebbero state assegnate procedure non tutte finalizzate al sostegno delle funzioni vitali come indica la norma giuridica”. Ci sarebbero poi discrepanze sulla definizione di “mezzo di soccorso avanzato”, che sarebbe diversa da quella contemplata nel sito web del ministero dell’Interno, che prevede la contemporanea presenza di medico e infermiere. In alcune aree dell’Emilia-Romagna, al contrario, afferma il consigliere, si sarebbe scelto “di considerare mezzo di soccorso avanzato il solo mezzo con personale infermieristico e addirittura in una provincia di questa regione il cittadino poteva ricevere indifferentemente l’uno e l’altro come se vi fosse una totale equipollenza assistenziale”.
Le “segnalazioni critiche” dei professionisti che operano nel settore dell’emergenza, prosegue Bignami, riguarderebbero quindi il fatto che certe “procedure siano state lo strumento per giustificare la demedicalizzazione di aree territoriali, divenendo nel concreto un tentativo di surroga della presenza medica”.
Il consigliere ricorda anche che poco più di un anno fa, nella Gazzetta ufficiale, sarebbe stato pubblicato il regolamento degli standard di assistenza ospedaliera, con “i criteri di pianificazione e di disposizione dei mezzi di soccorso avanzato: la definizione del fabbisogno di mezzi di soccorso avanzati sul territorio regionale viene individuato- scrive Bignami- utilizzando un criterio che si basa sull’attribuzione di un mezzo di soccorso avanzato ogni 60.000 abitanti con la copertura di un territorio non superiore a 350 Kmq, applicando un correttivo specifico per la copertura ottimale nelle zone di particolare difficoltà di accesso, per garantire l’adeguata funzionalità dei percorsi clinico assistenziali”.
Da alcune segnalazioni, riferisce, “emergerebbe che il rapporto di uno a 60.000, in vigore da prima del 2015, nella nostra regione non sarebbe rispettato”, cosa che potrebbe costituire “una pregiudiziale che andrebbe a inficiare la possibilità di dare una risposta ad una seconda emergenza nella stessa area territoriale in tempi ragionevoli e previsti dalle normative”. Inoltre, per quanto riguarda il personale medico dei servizi di emergenza, “alcune Asl recluterebbero i medici mediante associazioni di volontariato con contratti libero professionali, e, in alcuni casi, questo personale sarebbe sprovvisto dell’attestato di idoneità all’emergenza richiesto dalla normativa, altre Aziende utilizzerebbero contratti di lavoro dipendente di convenzione con il 118, mentre altre ancora avrebbero utilizzato medici convenzionati con il 118, con relativo contratto convenzionale e stipendio annesso per coprire i posti ospedalieri nella disciplina Medicina e chirurgia d’accettazione e urgenza”.
In realtà rurali e isolate, denuncia quindi Bignami, dove ci sono ambulanze di volontari che debbono essere attivate per il soccorso in emergenza con un meccanismo di reperibilità domiciliare, “i tempi di intervento si allungherebbero enormemente”, inoltre, contrariamente alle previsioni normative, in Emilia-Romagna non sarebbe presente nelle centrali operative del 118 il medico di centrale, infine, “da oltre 10 anni i corsi di formazione medica sull’emergenza territoriale sarebbero interrotti malgrado sia stato chiaro fin da subito che il fabbisogno dei medici di emergenza sarebbe rimasto elevato”.
Il consigliere chiede quindi se l’assessorato regionale alle Politiche per la salute intenda, in collaborazione con il ministero della Salute, prendere visione, attraverso ispezioni, delle condizioni operative dei professionisti che operano nelle singole unità di Pronto Soccorso della regione, osservando le modalità di intervento in base alle normative organizzative adottate dalle singole Asl.
Bignami vuole infine conoscere i tempi di ripristino dei corsi di formazione per chi opera nei servizi di emergenza indipendentemente dal ruolo professionale ricoperto, se si ritenga opportuno porre le basi normative per una omologazione delle “linee guida” sulle modalità di intervento tra le singole Asl per evitare differenze sulle procedure adottate e se si valuti di ripristinare la figura del medico di 118 a bordo delle autoambulanze, nelle aree territoriali, come, per esempio, Zocca e Montese, dove è prevista la sola presenza dell’infermiere.
(Tutti gli atti consiliari – dalle interrogazioni alle risoluzioni, ai progetti di legge – sono disponibili on line sul sito dell’Assemblea legislativa al link: http://www.assemblea.emr.it/attivita-legislativa)
(ac)


