“In quale modo viene tutelata la privacy degli obiettori di coscienza attivi nelle aziende sanitarie pubbliche?”.
A chiederlo, con un’interrogazione rivolta al governo regionale, è Marco Lisei di Fratelli d’Italia. Il consigliere rileva infatti che “risulta protocollata una lettera, all’Ausl di Bologna, di ‘richiesta di accesso civico agli atti riguardante le dichiarazioni di obiezione/non obiezione di coscienza rilasciate dai dipendenti in servizio nei reparti di ginecologia e ostetricia dei presidi ospedalieri, delle aziende sanitarie e dei distretti e nelle strutture consultoriali’”. La richiesta, aggiunge, “arriverebbe da associazioni femministe”.
Questa richiesta, rimarca Lisei, “così come formulata non si configurerebbe come un accesso civico: leggendo la lettera non si ravvisa un interesse da parte delle persone che l’hanno scritta, e delle associazioni che rappresentano, verso quelli che dovrebbero essere gli scopi o le finalità dell’accesso civico; inoltre, nella missiva non si dimostra alcun interesse o riguardo per le donne in situazioni così delicate e difficili”. Poi, sottolinea il capogruppo, “i dati personali sensibili non possono essere divulgati senza il consenso esplicito dell’interessato”. In questo caso si può quindi parlare, evidenzia, “quasi di una ‘caccia all’obiettore’, per scopi che, peraltro, rimangono ignoti”.
Lisei chiede quindi chiarimenti all’esecutivo regionale e vuole sapere, in particolare, se siano stati diffusi dall’Ausl di Bologna dati sensibili e se i diretti interessati siano stati informati (se quindi abbiano espresso il proprio consenso). Richiede poi, nel caso in cui questi dati siano stati diffusi, se si possano riscontrare, relativamente all’operato dell’Ausl, profili di illegittimità e violazioni di legge.
(Cristian Casali)