Diminuiscono le nuove diagnosi di infezione da Hiv in Emilia-Romagna: in poco meno di 20 anni, tra il 2006 e il 2024, sono passate da 368 a 197 (-46,5%), con un leggero aumento negli ultimi due anni post-Covid. La regione resta al terzo posto in Italia per casi accertati. Rimini e Parma, nello stesso periodo di riferimento, sono le province con l’incidenza maggiore registrando rispettivamente 8,5 casi ogni 100mila abitanti, con 532 nuove diagnosi complessive in 19 anni e 8,4, con 708 nuove diagnosi. Seguono Ravenna (7,3 con 535 casi); Forlì-Cesena (6,7 con 496 casi); Reggio Emilia (6,1 per 612 diagnosi); Bologna (6,3 casi ogni 100mila abitanti, per un totale di 1.204 nuove diagnosi); Modena (5,9 per 782 diagnosi complessive); Piacenza (5,8 con 315 casi di infezione complessivi); Ferrara (5,6 con 376 casi in 19 anni).
Resta ancoro alto il dato di coloro ai quali l’infezione viene diagnosticata tardi, il 56% dei casi nel 2024. Per questo è fondamentale una diagnosi precoce dell’infezione da Hiv, per consentire di attivare tempestivamente cure efficaci. I dati sono stati illustrati in commissione Politiche per la salute, presieduta da Giancarlo Muzzarelli, in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids, che si celebra l’1 dicembre.
“L’impegno che vogliamo portare avanti – ha sottolineato Muzzarelli – è quello di una cultura della prevenzione per assicurare risposte. Gli obiettivi che abbiamo come Regione sono quelli di proteggere la salute individuale per evitare di contrarre l’infezione, ridurre la diffusione e l’impatto sul sistema sanitario regionale, promuovere la consapevolezza della prevenzione sottoponendosi ai test e usando il profilattico”.
A fare il punto Cristina Mussini, (ordinaria di Malattie infettive all’Ateneo di Modena e Reggio Emilia e direttrice della clinica di malattie infettive al policlinico di Modena e membro della commissione ministeriale Aids), su quadro nazionale e regionale relativo ad Aids e Hiv, e Giovanna Mattei, (dirigente dell’Area malattie infettive e programmi di prevenzione collettiva della Regione), sulle attività regionali per la prevenzione del contagio e la presa in carico delle persone che vivono con l’infezione da Hiv.
Le persone positive all’Hiv diagnosticate sono prevalentemente di sesso maschile (74%), nella fascia di età 30-39 anni (30%) e di nazionalità italiana (67%). La modalità di trasmissione principale risulta essere quella sessuale (87%), ma stanno tornando ad aumentare i casi tra le persone con problemi di tossicodipendenza. L’incidenza per classi di età mostra come le più colpite siano le persone tra i 20 e 49 anni: il fenomeno è appena rilevabile per i giovani sotto i 20 anni e di minor impatto negli ultracinquantenni. Nel 2024 in Emilia-Romagna le nuove diagnosi di Hiv sono state in totale 197: 37 a Modena (incidenza di 5,2 casi ogni 100mila abitanti); 25 in provincia di Bologna (con un’incidenza di 2,4); 19 a Reggio Emilia (3,6); 19 a Ravenna (4,9); 30 in provincia di Parma (6,5 casi); 17 a Rimini (5,0); 17 a Ferrara (5,0); 17 nella provincia di Forlì-Cesena (4,3) e 16 a Piacenza (5,6). Bologna è la provincia dove il numero delle nuove diagnosi si è dimezzato rispetto all’anno precedente. Nel 2024 i nuovi casi di Aids in Emilia-Romagna sono stati 30. L’incidenza biennale 2023-2024 (più stabile, vista la scarsa numerosità) è pari a 0,7 casi di Aids per 100mila abitanti. Dal 1996, anno di introduzione delle terapie antiretrovirali (Arv), si è osservato un forte calo delle diagnosi e dei decessi, con un incremento progressivo del numero delle persone che vivono con una diagnosi di Aids.
Importante, per la prevenzione e per evitare di trasmettere l’infezione, è l’assunzione dei farmaci antiretrovirali. Nei primi dieci mesi del 2025 in Emilia-Romagna sono state erogate 10.535 confezioni (per una spesa di circa 275mila euro) per la PrEP – Profilassi Pre Esposizione, la terapia farmacologica erogata gratuitamente dal Sistema sanitario nazionale dal 2023 su prescrizione dei medici infettivologi nei Centri PrEP attivi in ogni provincia. Complessivamente si stima (visto che i dati delle persone in PrEP sono anonimi) che le persone in carico siano circa 3.600. Inoltre, la Regione promuove la contraccezione gratuita nei servizi consultoriali, per tutte le donne e gli uomini di età inferiore ai 26 anni, e per le donne di età compresa tra i 26 e i 45 anni con esenzione per disoccupazione o lavoratrici colpite dalla crisi nei 24 mesi successivi a un’interruzione volontaria di gravidanza o nei 12 mesi dopo il parto. Nel 2024 sono state distribuite 35.984 confezioni di preservativi.
Elena Ugolini (Rete Civica) ha chiesto la motivazione per cui “in Emilia-Romagna non sarà più possibile aderire al servizio di profilassi preventiva per chi viene da fuori regione”.
Eleonora Proni (Pd) ha sottolineato come “le cose da fare siano ancora moltissime anche se la situazione è cambiata rispetto a quello che si è vissuto negli anni 90 per quanto riguarda pregiudizi e stigmi” e ha chiesto “come intrecciare il lavoro di prevenzione e cura coi Cau e la medicina territoriale, in particolare nei piccoli centri”.
Nicola Marcello (FdI) ha evidenziato “l’assenza in commissione dell’assessore alla Sanità, vista l’importanza dell’argomento” e ha aggiunto “come regione siamo sul podio delle nuove diagnosi per cui l’impegno deve essere massimo. Bisogna rimediare alla mancanza di test rapidi gratuiti ed evitare di escludere dalla Prep le persone residenti fuori regione”.
Per Paolo Trande (AVS) “è importante cogliere suggerimenti provenienti dall’esposizione di persone competenti e trasformarle in indirizzo politico. Dobbiamo intervenire in particolare sulla prevenzione e fare in modo che i numeri diminuiscano ulteriormente. Un altro spazio sul quale dobbiamo intervenire è quello del rischio oncologico per pazienti con Hiv. Uno dei rischi più grandi è il calo di attenzione sull’Hiv ma il problema ancora esiste e non è solo delle cosiddette categorie a rischio”.
Lorenzo Casadei (M5s) ha commentato: “La prevenzione è ancora oggi sottovalutata perché purtroppo ha parametri diversi da quelli della medicina. Gli anni di studi hanno permesso di arrivare a questo punto: l’Hiv, l’Aids e altre malattie virali possono essere prevenute coi giusti strumenti e la giusta conoscenza, anche responsabilizzando le persone e accompagnandole a superare le barriere culturali”.
Per Giovanni Gordini (Civici con de Pascale) “il tema dello stigma va superato cercando di parlare a tutti per proteggere la popolazione. Bisognerebbe pensare a forme di servizio funzionali a questo scopo”.
(Lucia Paci)



